L’Onu è costretta a sospendere le operazioni umanitarie a Gaza. Le restrizioni israeliane, i combattimenti in corso e le strade pesantemente danneggiate stanno ostacolando da mesi il lavoro delle agenzie delle Nazioni Unite. Ora, non è più possibile andare avanti. Un nuovo ordine di evacuazione israeliano su Deir al-Balah, nel centro del territorio palestinese, ha costretto l’Onu a bloccare le operazioni. Dall’inizio della guerra tra Israele e Palestina in ottobre, ha spiegato un alto funzionario dell’organizzazione, l’Onu ha dovuto talvolta “ritardare o mettere in pausa” le sue attività, “ma mai fino al punto di dire concretamente che non possiamo più fare nulla” come invece avviene ora. Tuttavia, ha assicurato che l’organizzazione internazionale è intenzionata a riprendere l’attività il prima possibile.

Già a giugno le principali autorità internazionali sulle crisi alimentari avevano lanciato l’allarme per un “alto rischio” di carestia a Gaza. Negli ultimi due mesi di fame continua e catastrofica, la situazione è precipitata: le agenzie Onu riferiscono che sono state in grado di consegnare solo la metà del cibo richiesto dalle 2,3 milioni di persone che vivono nella Striscia. In una dichiarazione di oggi, 26 agosto, il Programma alimentare mondiale (Wfp) ha affermato che nei mesi di luglio e agosto è stato in grado di consegnare solo circa la metà delle 24mila tonnellate di aiuti alimentari. Le operazioni sono state “gravemente ostacolate dall’intensificarsi del conflitto, dal numero limitato di valichi di frontiera e dalle strade danneggiate”, ha fatto sapere il Wfp, avvertendo che le strade, disseminate di crateri e detriti, sono già difficili da percorrere e saranno inutilizzabili tra qualche mese, quando arriveranno le piogge invernali. Anche l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), il principale fornitore di aiuti umanitari a Gaza, ha lanciato un allarme sulla crisi alimentare affermando che, a causa dei ripetuti ordini di evacuazione, della mancanza di ordine pubblico e delle strade danneggiate, più di un milione di persone probabilmente non riceverà le razioni di cibo per agosto.

L’offensiva israeliana in corso nella Striscia, così come i vasti ordini di evacuazione di Tel Aviv che, secondo le Nazioni Unite, coprono ora circa l’84% del territorio di Gaza, hanno costretto centinaia di migliaia di persone in squallide tendopoli lungo la costa. Israele controlla tutti i valichi di frontiera di Gaza da maggio, quando ha conquistato il valico di Rafah con l’Egitto. L’Egitto si è rifiutato di aprire il suo lato fino a quando il lato di Gaza non sarà restituito al controllo palestinese. Israele, che ha subito forti pressioni internazionali per agevolare l’assistenza umanitaria a Gaza, afferma di permettere l’ingresso di quantità illimitate di aiuti e accusa le agenzie delle Nazioni Unite di non riuscire a consegnarli. Si stima inoltre che la popolazione di Gaza riceva solo 1-3 litri di acqua potabile al giorno. Secondo l’Oms, le persone hanno bisogno di 15 litri d’acqua al giorno per soddisfare le esigenze di base. A dieci mesi dall’inizio dell’attacco, gli abitanti di Gaza sono ammassati in uno spazio sempre più ristretto, senza servizi igienici o assistenza sanitaria adeguati, e vengono ripetutamente sradicati da ordini di evacuazione che compromettono anche i centri di assistenza destinati a supportarli, tra cui le distribuzioni di cibo e le cucine comunitarie sostenute da Wfp.

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