Mesi di ultimatum lanciati al governo di cui è ministro per indurre Benjamin Netanyahu a usare un pugno ancora più duro contro Hamas, inframmezzati da provocazioni sullo status quo del Monte del Tempio. Ogni volta che parla o si muove, Itamar Ben Gvir avvicina sempre più l’accendino a una miccia che rischia di far saltare l’intera regione. Oggi il ministro israeliano della Sicurezza nazionale ha detto in un’intervista alla radio militare che sul luogo che a Gerusalemme i fedeli musulmani chiamano “Spianata delle Moschee” lui “costruirebbe una sinagoga” perché “non esiste parità di diritto tra ebrei e musulmani”. Solo parole, si direbbe, se non fosse per l’estrema delicatezza del contesto in cui arrivano, nel pieno dei faticosi negoziati per il cessate il fuoco a Gaza.

Il sito, situato nel cuore della Città Vecchia, è diventato nelle ultime settimane il suo palco preferito. Il 13 agosto il leader ultra-nazionalista di Otzma Yehudit è salito sul Monte in occasione del digiuno di Tisha B’Av (ricordo della distruzione del Tempio di Gerusalemme), con centinaia di seguaci che si sono prostrati a terra per pregare, violando le intese internazionali che regolano l’accesso al luogo, considerato sacro dalle tre grandi religioni monoteistiche. In base agli accordi firmati dopo la Guerra dei 6 giorni (1967) il sito si trova nell’area controllata da Israele, ma la sua amministrazione è affidata al Fondo religioso islamico (Waqf) con la Giordania che svolge il ruolo di garante. Lo status quo prevede che i musulmani possano pregarvi, mentre ai fedeli delle altre confessioni è consentito l’ingresso ma non la preghiera o la celebrazione di cerimonie religiose. Un accordo stipulato sotto l’egida degli Stati Uniti, che Ben Gvir usa come miccia da quando è al governo.

La sua prima “visita” risale al 3 gennaio 2023, quando vestiva i panni di ministro da appena un paio di settimane. Il 22 maggio ci era tornato, ed era la prima volta dall’inizio della guerra a Gaza. La sua terza “prima volta” era arrivata il 18 luglio quando aveva ripetuto la provocazione dopo l’avvio dei negoziati per il cessate il fuoco promossi da Stati Uniti, Egitto e Qatar. “Ero sul Monte del Tempio e lì ho pregato – aveva confermato il 24 luglio -. Mi dicono che la leadership politica è contraria. Io sono la leadership politica e la leadership politica permette la preghiera ebraica” sul posto.

Per i funzionari della sicurezza le violazioni dello status quo possono innescare disordini di massa, in quanto il Monte del Tempio è stato teatro di frequenti scontri tra palestinesi e forze israeliane e le tensioni nel complesso hanno alimentato le passate ondate di violenza. Ben Gvir lo sa benissimo e le sue provocazioni assumono un significato politico ben preciso nel concetto di “passeggiata” che risale ai tempi di Ariel Sharon: il 28 settembre 2000 il capo del Likud allora all’opposizione era entrato accompagnato da un migliaio di uomini armati e aveva “passeggiato” sulla Spianata, innescando la seconda Intifada. Neanche quattro mesi dopo l’eroe della guerra del Kippur era diventato primo ministro.

Oggi le nuove parole incendiarie, arrivate dopo che ieri alcuni fedeli ebrei erano saliti di nuovo a pregare sul Monte. “Le politiche sul Monte del Tempio consentono la preghiera, punto”, ha detto alla radio dell’esercito Ben Gvir, implicitamente negando la validità degli accordi internazionali. “Perché un ebreo dovrebbe aver paura di pregare? Perché Hamas si arrabbierà?”, ha domandato, poi, in maniera retorica. Netanyahu “sa che quando sono entrato a far parte del governo – ha proseguito – ho detto che non ci sarebbe stata alcuna discriminazione al Monte del Tempio, proprio come i musulmani possono pregare al Muro Occidentale”. E a chi gli domandava se costruirebbe una sinagoga sulla Spianata, Ben Gvir ha risposto: “Sì, sì, sì, sì“.

L’Autorità Nazionale Palestinese ha risposto dicendo che l’affermazione equivale a un appello affinché la moschea di Al-Aqsa, che sorge sulla Spianata, venga rasa al suolo. Per Hamas Ben Gvir ha esortato i palestinesi a riunirsi in massa sul sito “per contrastare i piani dell’occupazione”. E il gran muftì di Gerusalemme ha parlato di una mossa che “spinge la regione verso un’esplosione che avrà ripercussioni sul mondo intero”. Al momento, però, la prima cosa in pericolo sono i delicatissimi negoziati per il cessate il fuoco nella Striscia in corso in Egitto. Ai quali Ben Gvir si è sempre detto contrario: “Stiamo annientando Hamas. Ora dovremmo andare a una conferenza e arrenderci?”, aveva domandato in un’intervista detto l’11 agosto. Due giorni dopo aveva portato centinaia di nazionalisti ultra-ortodossi a pregare sul Monte del Tempio.

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