Mafie

Il sindaco di Agrigento vieta i souvenir di mafia. L’ex procuratore: “Un pannicello caldo, denunci vecchi e nuovi ladri di risorse idriche”

“Ben altre dovevano essere le iniziative antimafia, a partire dalla denuncia dei vecchi e nuovi ladri delle risorse idriche, tanto pubblici che privati. Ma appare evidente come gli agrigentini non riescano ad emanciparsi da un sistema fortemente clientelare”. È questo il commento critico del magistrato Luigi Patronaggio dopo che il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché, […]

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“Ben altre dovevano essere le iniziative antimafia, a partire dalla denuncia dei vecchi e nuovi ladri delle risorse idriche, tanto pubblici che privati. Ma appare evidente come gli agrigentini non riescano ad emanciparsi da un sistema fortemente clientelare”. È questo il commento critico del magistrato Luigi Patronaggio dopo che il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché, lo scorso 22 agosto, ha firmato un’ordinanza contro la vendita di souvenir che richiamano alla mafia.

La città siciliana che nel 2025 sarà capitale della cultura è stata finora la città più colpita dalla crisi idrica che quest’anno ha investito tutta l’isola. Da sempre con un’erogazione organizzata per turni anche di settimane, quest’estate la siccità ha reso i disagi degli agrigentini ancora più seri costringendo la Protezione civile ad una riunione straordinaria il 14 agosto scorso con la prefettura e gli amministratori locali. Una riunione in cui il capo della protezione civile regionale, Salvo Cocina, ha strigliato le autorità locali chiedendo un impegno più vigoroso nella ricerca e individuazioni di pozzi privati e non da cui approvvigionarsi, seguendo il modello Trapani che ha risolto temporaneamente la crisi riallacciandosi a dei pozzi dismessi.

In questa situazione di gravi crisi idrica, il sindaco ha firmato un’ordinanza contro quei souvenir con chiari rimandi a una simbologia e cultura mafiosa venduti ai turisti. “Sicily, the godfather legacy”, è la scritta di un magnete che è anche stappa bottiglie, in cui viene raffigurata, manco a dirlo, l’immagine di Marlon Brando nei panni di don Vito Corleone. Solo uno dei tanti souvenir in giro per la Sicilia, venduti ai turisti. Adesso però, grazie all’ordinanza di Micciché, che ha imposto lo stop, i venditori di questi gadget potranno essere multati.

“Ritenuto che la vendita di tali prodotti nel territorio di Agrigento mortifica la comunità agrigentina, da anni impegnata nella diffusione della cultura della legalità, si ordina il divieto di vendita di qualsiasi tipo di oggetto che inneggi, o richiami in qualunque modo e forme, alla mafia e alla criminalità organizzata”, si legge così nell’ordinanza. “Alla luce del contesto di disagi che patiscono gli agrigentini, quest’ordinanza suona come un pannicello caldo, di comodo”, commenta però Patronaggio, che ad Agrigento è stato capo della procura fino al 2022 prima di diventare procuratore generale a Cagliari.

“La riflessione scaturisce dall’amarezza di indagini effettuate in passato che hanno evidenziato perversi e oscuri interessi nel settore delle acque e alla constatazione che ad oggi nulla è cambiato rispetto al passato”, sottolinea a ilfattoquotidiano.it il magistrato, che nel 2021, quando era ancora capo della procura di Agrigento, ha condotto un’indagini monstre su Girgenti Acque, la società che gestiva il servizio idrico. L’operazione denominata Waterloo ha coinvolto i vertici di Girgenti Acque, portando al fermo di 8 persone, tra cui il presidente della società di servizio idrico, Marco Campione.

Mentre in tutto risultavano 84 le persone indagate: “Disvelato una potente azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruttele volto ad eludere i controlli degli enti preposti”, scriveva la procura. Ad essere coinvolti anche Gianfranco Micciché, accusato di avere ricevuto da Girgenti Acque un finanziamento illecito per la campagna elettorale del 2017, stesse accuse per Francesco Scoma, l’ex parlamentare passato da Fi ad Italia Viva fino ad approdare alla Lega. Nell’inchiesta finì anche l’ex prefetto Nicola Diomede per avere evitato – secondo gli inquirenti – all’imprenditore Marco Campione, un’interdittiva antimafia. Tutti prosciolti dalle accuse, ma la procura agrigentina lo scorso maggio ha fatto opposizione e ora sarà la Corte d’Appello il prossimo ottobre a decidere se andranno a giudizio.

“Nel frattempo non è cambiato molto”, commenta con amarezza Patronaggio. Quest’estate, anzi, i disagi per gli abitanti si sono perfino aggravati: indispensabile è diventato il servizio delle autobotti i cui prezzi sono raddoppiati da un anno all’altro, come hanno denunciato agricoltori e imprenditori turistici. In questo contesto matura la riflessione dell’ex capo della procura di fronte “al pannicello caldo” dell’ordinanza del sindaco contro i souvenir di richiamo mafioso. “C’è una totale mancanza di programmazione e attenzione del territorio, appare chiaro che gli agrigentini non siano in grado di uscire da questo guado di clientelismo. Ma mi rendo conto che una iniziativa di tal fatta ha costi economici, soprattutto umani e culturali, ancora purtroppo, insostenibili in questa isola”, conclude il magistrato.