Calcio

Sven Goran Eriksson – Lo scudetto con la Lazio, gli scandali sui tabloid e un tour d’addio festoso e geniale

Se n’è andato dopo aver fatto il tour dei saluti negli stadi delle squadre guidate in Italia, Inghilterra, Portogallo e nella sua Svezia, pochi giorni dopo l’uscita del docufilm dedicato al suo lungo addio, con sette parole come congedo: “Vorrei essere ricordato come una persona perbene”. Sven Goran Eriksson è morto all’età di 76 anni […]

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Se n’è andato dopo aver fatto il tour dei saluti negli stadi delle squadre guidate in Italia, Inghilterra, Portogallo e nella sua Svezia, pochi giorni dopo l’uscita del docufilm dedicato al suo lungo addio, con sette parole come congedo: “Vorrei essere ricordato come una persona perbene”. Sven Goran Eriksson è morto all’età di 76 anni nella sua casa, circondato dai suoi affetti. Era una notizia che lui stesso aveva anticipato a gennaio: “Ho un cancro allo stato terminale, i medici hanno detto che mi restano pochi mesi di vita”. La news, benché attesa, è stata un tuffo al cuore per milioni di tifosi sparsi nel mondo che hanno tifato per i suoi club. In Italia è stato il tecnico di Roma, Fiorentina, Sampdoria e, soprattutto, Lazio, dove conquistò uno scudetto memorabile nel 2000.

Figlio di un camionista di Sunne, Eriksson giocò a calcio a livello amatoriale, prima di essere convinto da Tord Grip a fare l’allenatore. All’età di 27 anni, Eriksson divenne vice di Grip nel Degerfors, terza divisione svedese. Nel 1982 conquistò alla guida del Goteborg la Coppa Uefa: “Fu il biglietto per lasciare la Svezia e dedicarmi al calcio professionistico. A Goteborg, non eravamo ancora professionisti. Tutti i giocatori lavoravano e si dedicavano a calcio nel tempo libero”. Il Benfica di Lisbona, dal 1982 al 1984, fu la prima tappa di una grande carriera: vinse due campionati. Nel 1984, approdò alla Roma: aveva folgorato il presidente Viola dopo lo scontro con il Benfica, nei quarti di finale della Coppa Uefa 1982-83. La sua Roma sfiorò lo scudetto nella seconda stagione, dopo la splendida rimonta che permise di affiancare la Juventus a due giornate dalla fine e il crollo clamoroso in casa contro il Lecce, già retrocesso, nel penultimo turno.

Esonerato dalla Roma nella primavera 1987, si trasferì a Firenze e poi tornò a Lisbona: perse con le Aquile la finale di Coppa dei Campioni 1989-1990. Rientrò in Italia nella Sampdoria del dopo-Boskov e poi di nuovo a Roma, sponda Lazio, dove ottenne i successi più importanti: Coppa Italia, Supercoppa di Lega, Coppa delle Coppe e, soprattutto, lo scudetto nel 2000. Nel 2001, divenne il primo allenatore non britannico a guidare l’Inghilterra. Lasciò nel 2006, dopo il ko ai quarti del mondiale tedesco contro il Portogallo, travolto dallo scandalismo dei tabloid per le sue scorribande private. Dal 2006, il lungo tramonto: Manchester City, le nazionali di Messico e Costa d’Avorio, la direzione sportiva del Notts County, il Leicester, Guangzhou, Shanghai e Shenzen in Cina, infine le Filippine, ultima tappa di 42 anni di calcio.

Eriksoon ha vissuto la vita fino in fondo. Il tour della morte è stato un saluto festoso e geniale. Il Liverpool, di cui era tifoso da bambino, realizzò un suo sogno: guidare i Reds almeno una volta. Sven si accomodò in panchina con i Liverpool Legends lo scorso marzo, in un’amichevole contro l’Ajax. Nel giro italiano, struggente l’addio delle tifoserie di Lazio e Sampdoria. Poi il Benfica in Portogallo, infine il ritorno in Svezia. Il viso gonfio per l’uso dei medicinali, il corpo appesantito, ma gli occhi felici di fronte all’affetto di migliaia di persone: un saluto epico.

L’allenatore è stato un innovatore nei primi anni, con la zona e il pressing a tutto campo: le sue squadre davano spettacolo. Lentamente convertito alla praticità, dopo qualche batosta di troppo, il suo calcio evolse verso un maggiore equilibrio. Illuminante fu per lui il triennio alla Roma, in cui ebbe qualche problema con la vecchia guardia, ma lanciò diversi giovani. Misurato nelle parole e nei rapporti con i media, ha avuto una sfera privata segnata da mogli, passioni e scandali: il matrimonio con Ann-Christine Pettersson nel luglio 1977, il divorzio nel 1994, la lunga relazione con l’avvocato Nancy Dell’Olio, quelle con la presentatrice televisiva britannico-svedese Ulrika Jonsson e la segretaria anglo-pakistana Faria Alam.

I tabloid inglesi misero a soqquadro in modo pesante la sua vita, vedi l’incontro con il falso sceicco nel gennaio 2006, pubblicata da News of the World. “Quell’uomo – raccontò Sven anni dopo a Sky Sport News – è stato un disastro per la mia carriera. L’Inghilterra era il lavoro più importante della mia vita e lui me l’ha portato via. Probabilmente sarei stato licenziato se l’Inghilterra non avesse vinto la Coppa del Mondo nel 2006, ma in realtà sono stato licenziato a causa del falso sceicco. Il giornale si scusò sei mesi dopo, ma ormai era troppo tardi: avevo perso il lavoro più importante della mia vita e la mia reputazione era a pezzi”. Sempre il News of the World e il Mail on Sunday pagarono 200mila sterline a testa per avere da Faria Alam due interviste in esclusiva, in cui la donna rivelò nei dettagli la storia clandestina con Eriksson: un assedio mediatico in piena regola.

Il lungo addio itinerante gli ha permesso di rivedere, parlare e abbracciare centinaia di persone che gli hanno voluto bene. “Godetevi la vita fino in fondo, con il sorriso, perché la vita è una cosa meravigliosa”. In queste ore, stanno arrivando gli omaggi del premier britannico Starmer, del principe William, di Giorgia Meloni, dei club nei quali ha lavorato, di Dino Zoff, Beppe Signori, Simone Inzaghi, Alessandro Nesta, di Sergio Cragnotti e di Claudio Lotito, di Milan e Inter. I social sono sommersi di affetto e ricordi. Addio Sven, hai girato il mondo, ti sei goduto la vita fino in fondo e questa è una grande lezione.