Un tris di interviste allo stesso giornale in appena 40 giorni. È lì che ha annunciato la svolta, sempre lì ha chiesto il confronto e ancora su quelle pagine mette se stesso al centro del villaggio: “I nostri voti sono decisivi per vincere”. Tra il 19 luglio e oggi, 27 agosto, Matteo Renzi ha avuto ampio spazio sul Corriere della Sera. Da quando il flop alle Europee ha seppellito Italia Viva escludendola dall’Europarlamento, il suo leader si dimena per uscire dalla marginalità politica.

L’operazione “Ritorno a casa” sta trovando sponde mediatiche e anche politiche, nonostante la base del Partito Democratico appaia decisamente contraria alla fusione a freddo. Per non parlare della chiusura degli ex Articolo 1 già rientrati tra i dem, di quanto sostengono i sondaggisti e dell’avversione netta del Movimento Cinque Stelle, interlocutore privilegiato negli ultimi anni dal partito leader del centrosinistra. Quando il 9 luglio Elly Schlein ha tolto le mandate alla porta dichiarando “non pongo veti, ma non intendo subirne”, a Renzi non dev’essere sembrato vero e l’abbraccio alla Partita del cuore è stato il grimaldello con il quale a iniziare a scardinarla.

Prendendo le mosse da quello scatto sul campo da calcio (“avevamo fatto una grande azione”), Renzi sibilla di “un nuovo rapporto” con il tanto vituperato ex partito e apre persino ai nemici storici dei 5 stelle, demonizzati per anni come il male assoluto. Dove? Sul Corriere. È il 19 luglio. Il sasso è lanciato. Il 7 agosto si ripete, ancora sulle pagine del quotidiano di via Solferino: “Ora costruire l’alternativa. Conte non ci vuole? Confrontiamoci”. E rilancia il pallone nell’altro campo, come a dire “non li ho cercati io”. Infatti ricorda e sottolinea: “L’iniziativa politica l’ha presa Elly Schlein. E ha detto: se vogliamo vincere, non servono i veti ma servono i voti”.

Alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia mugugnano quando l’ex segretario Pierluigi Bersani lo nomina dal palco? Quarantottore dopo – e alla vigilia della sua presenza alla festa dem di Pesaro – rieccolo sempre sulle stesse pagine: “Conte ha avuto un’estate difficile”, dice a proposito del niet all’alleanza da parte del presidente dei Cinque Stelle. “Con me ha un conto aperto perché mi ritiene ‘colpevole’ della sua sostituzione con Draghi: responsabilità che mi prendo volentieri, con grande orgoglio”, rivendica. Quindi un gioco di parole dei suoi, nuovo e innovativo: “Ma ora il tema è il futuro. E per il futuro servono voti, non veti”.

Quando gli si fa notare che la presenza di Italia Viva nel campo largo potrebbe provocare una fuga di elettori (tra i suoi, dentro il Pd come dimostrano le dichiarazioni al Fatto Quotidiano dei volontari e ovviamente anche nel M5s), lui difende l’accrocco: “È vero il contrario. I nostri voti non sono tanti, ma sono decisivi nei collegi marginali, dove il risultato si gioca sull’1-2%. Per questo ha ragione Elly Schlein a tenere tutti insieme e ha torto chi mette veti: dovrebbe bastare il fallimento di Enrico Letta nel 2022 per capire che vince chi si allea, non chi fa le pulci ai propri compagni di strada”. Quindi, per essere conviviale nella fase embrionale del campo larghissimo e dimostrare che si può stare insieme sui grandi temi di governo, ecco la definizione delle posizioni di Conte in politica estera: “Imbarazzante”.

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