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Vaccini anti-polio in arrivo a Gaza, ma l’Onu non può distribuirli: “Mancano carburante e sicurezza. Serve una tregua adesso”

Sembra quasi paradossale. I vaccini anti-polio stanno arrivando a Gaza, ma con le operazioni umanitarie dell’Onu temporaneamente sospese la distribuzione non potrà iniziare. “Non possiamo più fare nulla”, aveva dichiarato ieri un alto funzionario delle Nazioni Unite, sottolineando l’impossibilità a procedere nelle attività di assistenza alla popolazione della Striscia a causa delle restrizioni dell’esercito israeliano, dei continui bombardamenti e della difficoltà nei trasporti dopo l’ennesimo ordine d’evacuazione a Deir al Balah che ha coinvolto oltre 250mila persone. Il tempo però stringe. A distanza di 25 anni, il ritorno della poliomielite nella Striscia è un’emergenza impellente per tutti gli abitanti, in particolare per i più piccoli. Negli scorsi giorni, nell’enclave palestinese un bambino di 10 mesi è rimasto parzialmente paralizzato dopo aver contratto la malattia, rilevata già a giugno in alcuni campioni prelevati nelle acque reflue del territorio. L’obiettivo è quello di avviare una campagna che porti a una copertura vaccinale tra il 90 e il 95% attraverso le oltre 1,2 milioni di dosi di antipolio di tipo 2 (nOPV), arrivati tra il 25 e il 26 agosto. Ma la situazione nella Striscia ne impedisce la distribuzione.

Il rischio epidemico non è mai stato così elevato: con oltre 1,9 milioni di persone costrette a vivere in un territorio pari all’11% della totale dimensione della Striscia di Gaza, le condizioni igienico-sanitarie sono ormai a livelli disastrosi. Una condizione perfetta per la proliferazione di malattie infettive di ogni tipo e in particolare della poliomielite, come raccontato a Ilfattoquotidiano.it dalla responsabile della comunicazione di Unrwa Louise Wateridge, attualmente a Khan Younis per coordinare il team medico dell’agenzia per il Soccorso e l’Occupazione dei Profughi Palestinesi: “Stiamo facendo il possibile nell’impossibile. Prevediamo di vaccinare più di 640mila bambini in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità, ma abbiamo bisogno di garanzie di tregua umanitaria”, spiega Wateridge analizzando le condizioni critiche in cui sono obbligati a lavorare gli operatori. “Siamo spettatori di una situazione inimmaginabile. È il 27 di agosto e fanno 40 gradi, l’odore di acque reflue è insopportabile. In un contesto del genere è praticamente impossibile non ammalarsi”. Da varie settimane l’impossibilità di smaltire i rifiuti, la presenza di acqua contaminata tra le tende e la proliferazione di animali vettore di virus (topi, zecche, zanzare e altri insetti) hanno annichilito il sistema sanitario della Striscia, permettendo una rapida proliferazione di epatite C, diarrea, scabbia, ittero e varicella.

La tempestività di intervento per contenere la polio è quindi un fattore determinante: “Serve agire immediatamente per permettere una copertura a tappeto della Striscia, metteremo in campo più di mille persone per renderlo possibile. È stato predisposto un piano per accedere al territorio e distribuirli, il tutto mantenendo le fiale a una temperatura compresa tra zero e sette gradi. Speriamo di poter agire in due fasi, la prima già dal 31 agosto, ma è vitale che sia permesso il trasporto delle fiale in totale sicurezza dalla sede Unicef in cui sono stoccate alle strutture sanitarie ancora attive in varie aree di Gaza”.

L’operazione a oggi sembra ancora molto complessa da attuare, soprattutto a causa delle pessime condizioni del sistema stradale e della mancanza generalizzata di carburante, fondamentale per garantire la refrigerazione: “La protezione della catena del freddo è fondamentale: i vaccini dovranno essere conservati in un intervallo di temperatura limitato, altrimenti si rovineranno. Ciò richiede ghiacciaie, frigoriferi mobili, generatori funzionanti, pannelli solari e carburante. L’attrezzatura necessaria è già stata consegnata a Gaza la scorsa settimana, ci auguriamo solo che non venga colpita dai combattimenti in corso”, conclude Wateridge.

La somministrazione, racconta l’operatrice Unrwa, sarà eseguita in dieci presidi sanitari delle Nazioni Unite, in cento hotspot medici temporanei e, laddove necessario, tenda per tenda nei campi profughi. Nel frattempo, in un post su X, l’ufficio israeliano per il coordinamento nei Territori palestinesi (COGAT) ha garantito che “nei prossimi giorni i team medici internazionali e locali interverranno sui bambini che non sono ancora stati vaccinati contro la poliomielite in varie località di Gaza. La campagna di vaccinazione, guidata dall’Oms e dall’Unicef, sarà condotta in coordinamento con le Idf nell’ambito delle consuete pause umanitarie che consentiranno alla popolazione di raggiungere i centri medici dove verranno somministrate le vaccinazioni”.

Secondo Wateridge, però, le garanzie temporali devono essere più estese: “Senza una tregua immediata su più giorni, la malattia colpirà sicuramente altri bambini. Non bastano brevi pause umanitarie di qualche ora, altrimenti l’epidemia sarà inevitabile e rischierebbe di espandersi anche oltre Gaza. Va avviata una procedura di contenimento su larga scala, da nord a sud, e questo richiede tempo”.