Si è proposto sui giornali, ogni giorno, con interviste, appelli, messaggi e ogni altro modo possibile. Parole e progetti ribaditi dal vivo, di fronte al popolo del Partito democratico, sul palco della Festa dell’Unità di Pesaro. E pazienza se fino a ieri ha attaccato e insultato la forza politica con cui adesso vuole allearsi, con l’obiettivo – dice lui – di far cadere il governo di Giorgia Meloni, che è “nervosa” perché “sa che se c’è una forza politica di centro che prende il 5, 6, 7% lei è spacciata. L’unica possibilità di vittoria della Meloni è che il centrosinistra sia diviso”. E pazienza se Italia Viva più e più volte ha votato in parlamento con la maggioranza, diventando quasi una stampella del governo. È il solito Matteo Renzi, insomma, capace di rottamare le sue stesse recenti parole pur di inseguire nuovi, più convenienti progetti politici. Come quello – dice sempre lui – di creare un nuovo centrosinistra per provare a vincere le elezioni e governare il Paese. La sua fama, però, lo precede: il primo è stato Lapo Pistelli, l’ultimo Carlo Calenda, in mezzo tutta una serie di alleati affabulati e poi mollati sul più bello, normale che adesso la stragrande maggioranza della base Pd non si fidi di lui.

Il leader di Italia Viva, però, è abituato alle giravolte e a spiegare i suoi salti di corsia, cosa che ha fatto anche questa volta in terra marchigiana rivolgendosi direttamente agli elettori dem: “Dice ‘Renzi fa cadere i Governi’. Ok, secondo me ho fatto anche altro, ma se potessi far cadere il Governo di Giorgia Meloni farei di tutto per farlo cadere” ha detto durante il confronto con l’europarlamentare Matteo Ricci moderato da Myrta Merlino. Per poi aggiungere: “Sono qui alla festa dell’Unità del Pd perché serve un’alternativa, caro Pd metti Elly Schlein nelle condizioni di costruire un’alleanza guidata dal Pd e noi ci saremo. Non fate il fuoco amico a Elly Schlein – ha aggiunto – non fate quello che avete fatto a Veltroni o a me, fatele costruire questa coalizione”. E pazienza se fino a qualche mese fa era colui che dava dell’assenteista all’attuale segretaria dem o se definiva il Pd “paragrillino” e “partito delle poltrone”: pur di contare di nuovo, val bene l’ennesimo cambio di rotta.

Come quando decise di lasciare il partito per fondare Italia Viva: “Sono venuto via dal Pd con una scelta che mi è costata tantissimo – ha spiegato – L’ho scelto un minuto dopo aver deciso di far nascere il governo Conte II. Avevano appena arrestato i miei genitori. Mi hanno massacrato – ha ricordato – Ma pur di mandare a casa Salvini, che urlava pieni poteri dal Papeete, sapevo che bisognava fare un accordo con i Cinque Stelle“. Da allora cosa è cambiato? Perché provare a ricucire col partito che ha osteggiato più di tutti? È lui stesso a spiegarlo, o almeno a provare a farlo: “Oggi sono qui perché penso che il centrosinistra deve ripartire – è il ragionamento di Renzi -; se potessi far cadere il governo di Giorgia Meloni, farei di tutto per farlo cadere. Perché lo ritengo un problema per il futuro dei miei figli. Serve un’alternativa. Si metta Elly Schlein nelle condizioni di creare una maggioranza. Non siamo dello stesso partito e non abbiamo le stesse idee su tutto, ma noi ci siamo”.

Col Pd, quindi, ma non dentro il Pd, come ribadito in più occasioni: “Non mi sento un figliol prodigo, oggi sono da un’altra parte. Oggi sono qui non da figliol prodigo ma perché penso che il centrosinistra debba ripartire” ha ripetuto l’ex Rottamatore, che poi si è rivolto al leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, altro nemico giurato con cui è pronto a dialogare sull’altare della lotta comune – dice sempre lui – a Giorgia Meloni: “A Conte dico: il passato è passato, non torna. Oggi o si fa l’alleanza di centrosinistra o va avanti la Meloni. Vi va bene questo governo? Il modo per tenere questo governo è dividersi” ha sottolineato il senatore di Iv, che però non ha mancato di criticare l’ex premier M5s quando si parla di appartenenza politica. Con queste parole: “Conte dice Renzi non è di sinistra… io non di sinistra? Se me lo dice qualcuno qui alla festa dell’Unità sono d’accordo – ha spiegato – ma se me lo dice Giuseppe Conte c’è qualcosa che non torna. Io lezioni di sinistra da Giuseppe Conte non ne prendo – è l’attacco – Io firmavo per i diritti civili mentre lui faceva i decreti sicurezza con Salvini, io lavoravo con Obama, lui non sa scegliere tra Trump e Harris, tra Macron e Le Pen…”.

Attacchi frontali che però si possono sempre dimenticare in nome della realpolitik: “Facciamo un accordo, non parliamo più del passato: chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, scurdammoce o passato… portiamo il centrosinistra a vincere, questa è la sfida”. Una sfida in cui comunque esistono dei paletti, anche per lui che è da sempre abituato a saltarli: “In una coalizione guidata dal Pd ci sto, in una coalizione guidata dal M5S non ci sto”. Non poteva mancare, poi, l’attacco al Fatto Quotidiano: “Non ce l’ha chiesto il dottore di fare l’alleanza, l’ha proposto Elly Schlein con un atto di intelligenza politica. Se la linea politica del Pd la dà Elly Schlein io ci sto, se la linea la dà Travaglio fate da soli”. Sprazzi, seppur minimi, di coerenza.

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