Matteo Renzi torna come ospite a una festa del Pd, quella delle Marche: a Pesaro viene intervistato da Matteo Ricci, oggi europarlamentare dem. Il tema portante è ovviamente il suo ipotetico ruolo nel “campo largo”, cioè tra i partiti alleati dei dem in una coalizione di centrosinistra. Al di là delle perplessità della base Pd su un ritorno dell’ex premier, emerse chiaramente negli ultimi giorni e anche al netto del reale valore elettorale di Italia Viva, il punto sono le dichiarazioni al veleno che lo stesso Renzi non ha risparmiato, anche in tempi recentissimi, a quello che fu il suo partito. Negli ultimi due anni non sono mancati gli attacchi alla nuova segretaria del Pd, Elly Schlein, e al gruppo dirigente dem. Qui alcuni esempi. L’attuale leader di Italia viva solo un anno fa affermava che “il più grandi alleati di Meloni si chiamano Conte e Schlein, ‘Campo Largo’, che poi vedendo i risultati è ‘vicolo corto’ più che campo largo”. Se il Partito democratico ad aprile di quest’anno era diventato “paragrillino”, a maggio Renzi, sull’iniziativa referendaria contro il Jobs act a cui i dem hanno aderito attraverso la raccolta di firme, constatava che “il Pd non esiste più”. E sul gruppo dirigente dem Renzi, lo scorso marzo, dedicò parole al miele: “Sembra uscito da un’assemblea d’istituto”.

Per contestare la proposta di salario minimo, che univa tutte le forze di opposizione ad eccezione di Italia viva, definita “una presa in giro”, Renzi diede dell’assenteista a Schlein. “Ha il 20% di presenze e io il 70% e mi sento fare la morale da loro”. E menomale che il numero uno di Iv, per la segretaria dem, disse di provare “una simpatia naturale”. A marzo di quest’anno, al centro dell’invettiva dell’ex rottamatore c’era finito il gruppo dirigente dem. E in fondo Schlein stessa, perché “esattamente come la sinistra inglese che quando aveva Blair ha vinto, quando ha preso Ed Miliband e Jeremy Corbyn ha perso anche le elezioni condominiali”. Anche nel corso dei suoi interventi dai banchi del Senato non sono mancate le frecciate contro i colleghi dem. A Francesco Boccia “non gli dirò stai sereno perché non porta benissimo a quelli come lui”, “state dalla parte di Scarpinato, tornate in voi”. Anche sui democratici a Firenze, nel corso dell’ultima Leopolda l’attacco fu duro. Con eco nazionale, visto che l’intervento di Renzi si tenne mentre in Abruzzo si stava votando per le Regionali: “Mettete i soldi sul sociale, oppure cambiate il vostro nome e chiamatevi partito delle poltrone e non Partito democratico”. Al gruppo dei senatori, nel corso delle dichiarazioni di voto sulla prima fiducia al governo Meloni: “Vi vedo reagire soltanto a me e non a lei (Meloni, ndr) esattamente come in campagna elettorale, vi faccio i complimenti, i risultati sono stati straordinari” con grasse risate dai banchi del governo di centrodestra.

A Schlein non ha mancato di dire “quando avrai preso il 41% io sono disponibile a venire in televisione a dire che hai ragione, che non ho capito niente e a scegliere il tuo armocromista”. A dicembre di due anni fa ricordò che il Pd “diceva o Conte o morte. Se non fossimo stati ancora nel Pd, oggi dicembre 2022, saremmo al quinto anno del governo guidato da Giuseppe condono Conte”. Sulla giustizia “siamo su posizioni più vicini” ammise Renzi. Ma lo fece ad Atreju. La vicinanza era con il centrodestra. Vicinanza anche sul tema riforme. “Certo che voto l’elezione diretta del premier” disse a settembre di due anni fa. eEnon è mai mancata la sottolineatura per aver portato Mario Draghi a Palazzo Chigi. Si potrà forse dire “solo gli stolti non cambiano idea” e solo il tempo dirà se la strada per il ‘campo largo’ o ‘vicolo corto’ sarà con o senza Matteo Renzi e Italia viva.

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Gomez: “Renzi può portare il 2% al campo largo? No, fa perdere voti. Sono sbigottito dalla posizione di Schlein”

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