Diritti

Suicidio assistito, la Asl respinge di nuovo la richiesta di Martina Oppelli. Che dice: “Basita, non voglio subire una tortura di Stato”

Niente da fare. L’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi) ha “nuovamente respinto” la richiesta di assistenza per il suicidio assistito avanzata da Martina Oppelli, l’architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla progressiva. A darne notizia è stata l’associazione Luca Coscioni, secondo cui “nonostante un peggioramento delle sue condizioni e un’ordinanza del Tribunale di Trieste che imponeva una nuova valutazione medica, Asugi ha negato l’accesso alla morte volontaria, ignorando la sentenza 135 del 2024 della Corte costituzionale“, che “ha chiarito la nozione di trattamenti di sostegno vitale” e “condannando Martina a proseguire in una sofferenza senza fine”.

Inizialmente, ha ricostruito l’associazione, Asugi aveva negato alla donna l’accesso alla morte assistita in quanto, secondo una prima relazione, “la terapia antalgica, anticoagulante, antitrombotica, l’assistenza continuativa di terze persone per svolgere qualsiasi tipo di attività inclusa alimentazione e idratazione e il ricorso a farmaci broncodilatatori non costituivano trattamenti di sostegno vitale“. Visto il “peggioramento delle condizioni di Martina, il Tribunale di Trieste aveva ordinato ad Asugi di rivalutare entro 30 giorni le condizioni di Oppelli, che nel frattempo era diventata dipendente dalla cosiddetta macchina della tosse”. Ma Asugi ha “confermato il suo rifiuto, basandosi su una relazione che sminuisce il ruolo dei trattamenti da cui Martina dipende quotidianamente”. “Addirittura, nella relazione si solleva il dubbio che la macchina della tosse, più che una necessità terapeutica, abbia uno scopo ‘preventivo’, quasi come se la prevenzione del soffocamento fosse un vezzo”, ha detto l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale di Martina Oppelli. “L’azienda sanitaria – ha aggiunto – fonda tutta la sua relazione sul parere del Comitato nazionale per la bioetica, che non ha alcuna portata normativa, essendo questo un organo consultivo del Governo. È invece sminuita e disattesa in toto la sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024, che è intervenuta per chiarire la portata estensiva del requisito di trattamento di sostegno vitale”.

L’architetta triestina di 49 anni ha accolto con grande amarezza il diniego dell’azienda sanitaria: “L’Asugi, nella relazione medica contenente il diniego in merito alla mia richiesta di aiuto alla morte volontaria, tra l’altro pervenuta il 13 agosto, quando io cerco di sopperire al caldo asfissiante, nega l’evidenza – ha detto Martina Oppelli – Che io sia in una situazione di totale dipendenza vitale da persone, farmaci e macchinari”. E ancora: “Rimango perplessa per come viene descritta la mia condizione fisica e clinica nota da anni agli stessi medici. Basita – ha aggiunto – poiché la sclerosi multipla mi ha privata di qualsiasi movimento lasciando intatta solo la capacità di pensare, parlare e di autodeterminarmi. Secondo i medici dovrei assumere ulteriori farmaci che potrebbero, o forse no, attenuare il dolore ma privandomi della lucidità e, dunque, della capacità di decidere. E di lavorare anche, per conservare una parvenza di esistenza ‘normale’. Dovrei sottopormi – ha detto ancora – ad ulteriori esami diagnostici ed, eventualmente, permettere che il mio corpo sia violato da tubi, sonde o quant’altro. Non posso, non voglio, subire una tortura di Stato. Ho sempre pensato – ha concluso – che tutte le battaglie fossero inutili: infatti, non siamo in guerra. Questo è un doveroso percorso giudiziario nel pieno della legalità per far valere il diritto di accesso al suicidio medicalmente assistito”.

(foto tratta dal sito dell’Associazione Luca Coscioni)