Julio Velasco chiese alle giocatrici di essere “autonome e autorevoli”. E dietro lo storico oro vinto dalla Nazionale femminile di pallavolo alle Olimpiadi di Parigi 2024 c’è anche questo segreto: le azzurre, seguendo il consiglio del ct, organizzarono una terapia di gruppo in cui capitava anche che qualcuna di loro piangesse. “Mai avuto paura di questo: l’essere umano ne ha bisogno“, ha raccontato oggi Velasco in una lunga intervista a La Repubblica. “Quando ho visto che si organizzavano queste riunioni ero super contento, era una parte di quello che volevo ottenere”, ha spiegato il tecnico e leggenda della pallavolo mondiale. Che ha aggiunto: “Si è visto nella finale emblematica con gli Usa: ognuna sapeva cosa fare”.
Ripensando proprio alla finale contro gli Stati Uniti, Velasco ha detto: “Lì per lì ha comandato l’euforia, c’è voluto tempo per rendersi conto di quel che abbiamo fatto. Ma due settimane dopo trovo gente che non ha mai visto la pallavolo e si è entusiasmata, è importante rendere popolare sport che non sono il calcio, e noi l’abbiamo fatto con un’annata straordinaria, in cui abbiamo vinto anche la Nations League perdendo alle Olimpiadi un solo set”. Parlando delle sue atlete, Velasco ha spiegato: “Loro danno un’immagine di se stesse come se fossero ragazze uguali alle altre, ma al tempo stesso non lo sono. Questo crea identificazione, sono come Vasco Rossi, sembra uno che puoi incontrare al bar, non ha la voce di altri cantanti, ma invece è un autore e cantante straordinario. Queste azzurre poi rappresentano la nuova Italia, sono figlie di immigrati africani, tedeschi, c’è una sarda come una lombarda da svariate generazioni. Raffigurano la società che sarà, per questo vengono vissute in questo modo a livello inconscio. L’Olimpiade ti costringe a vedere il mondo com’è“.
Parlando di Paola Egonu, una delle figure più emblematiche della squadra, Velasco ha detto: “È difficile quando il personaggio sostituisce la persona. Capita anche a me, per fortuna un po’ meno che in passato. Le ho detto: ‘Io so che c’è Paola Egonu, ma a me interessa solo Paola. Se posso ti aiuterò, sui temi come il razzismo ti difenderò sempre, ma goditi anche quel che hai, che è tanto’. Non le ho parlato molto dei problemi che ci sono stati, le ho detto ‘anche se non siete amiche la squadra può essere fortissima lo stesso’. Nelle aziende spiego sempre che l’aiuto, non l’amicizia, fa parte dello sport“. Riguardo al presunto malessere tra alcune giocatrici, Velasco ha infatti aggiunto: “Che esagerazione, sono giovani. Come marito e moglie, magari litigano duramente, poi dopo tre giorni fanno l’amore. Sono cose normali che vengono amplificate sui media, e nel calcio questo si moltiplica per mille”.
Velasco ha anche condiviso un aneddoto sul suo approccio ai ritiri: “Bisogna avere con sé cose che ti distraggono: Dostoevskij si legge a gennaio, non durante le Olimpiadi. Quando sono stato preso dal periodo dei libri gialli dormivo quattro ore a notte, volevo sapere chi era l’assassino poi la sveglia suonava alle sei”. Infine, riflettendo sui cambiamenti nei rapporti tra allenatori e atlete, ha detto: “Tutti facciamo un po’ di fatica di fronte a cambiamenti molto rapidi. Il trattamento delle atlete nasce spesso dall’idea che ‘le ragazze non capiscono’, come dicono ancora alcuni allenatori nell’anno 2024, con tono paternalistico o dittatoriale. Il problema di una giocatrice non è che non ha capito, o non vuole: semplicemente non le viene qualcosa. Ed è lì che dobbiamo intervenire, aiutandola a riuscirci”. Per quanto riguarda il futuro, Velasco ha rivelato: “Voglio fare una full immersion di inglese, tre settimane da solo senza parlare spagnolo o italiano, per imparare a decifrare anche i diversi accenti. Poi verrà la stagione del Mondiale, e tutti vorranno batterci. Sarà dura, come sempre bisognerà cambiare, ma chiunque vorrebbe essere al nostro posto“.