Pavel Durov è stretto tra due fuochi. Da una parte, le inchieste francesi che lo accusano di essere complice dei reati commessi su Telegram, l’app di messaggistica criptata di cui è il fondatore, e di aver avuto comportamenti violenti nei confronti di uno dei suoi figli. Dall’altra, l’indagine della Commissione europea sulla presunta violazione, da parte della piattaforma, delle regole digitali europee, stabilite dal Digital Services Act (Dsa). A riportare la notizia è la prima pagina del Financial Times: i funzionari sospettano che i 41 milioni di utenti dichiarati da Telegram in Europa siano stati volontariamente sottostimati per evitare di superare la soglia per una supervisione più severa fissata dall’Ue a 45 milioni di utenti.

“Abbiamo un modo, attraverso i nostri sistemi, per determinare quanto siano accurati i dati degli utenti”, ha spiegato Thomas Regnier, portavoce della Commissione per le questioni digitali. “E se pensiamo che qualcuno non abbia fornito dati accurati sugli utenti, possiamo assegnarli noi unilateralmente sulla base della nostra stessa indagine”. L’indagine Ue si aggiunge a quella francese che ha portato all’arresto di Durov a Parigi, la sera del 24 agosto, non appena sceso dal suo aereo privato sulla pista dell’aeroporto parigino di Le Bourget. Dopo quattro giorni di fermo e dopo le contestazioni del capo di imputazione, Durov è in libertà condizionata: gli è stato ordinato di pagare una cauzione di cinque milioni di euro e di presentarsi in una stazione di polizia due volte alla settimana. L’indagato non può lasciare la Francia in attesa del processo.

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