“Non voglio subire una tortura di Stato”. Martina Oppelli, l’architetta triestina di 49 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva, ha presentato un esposto alla Procura di Trieste per rifiuto di atti d’ufficio e tortura nei confronti dei medici dell’azienda sanitaria, portando dunque la vicenda anche nelle sedi penali. L’annuncio è stato dato oggi durante un incontro convocato con l’associazione Luca Coscioni. Oppelli, dipendente da macchinari, farmaci e assistenza continua per le sue funzioni vitali, nei giorni scorsi aveva visto nuovamente respinta la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito da parte di Asugi.

Lo scorso 24 maggio in conferenza stampa la professionista aveva spiegato: “Non avrei mai voluto prendere questa decisione, determinata da anni di sofferenza e da una patologia che non può essere curata e che per me è come una spada di Damocle. Convivo con questi sintomi da un quarto di secolo e l’ho sempre fatto con dignità, con speranza, perché amo la vita, che è stupenda e va rispettata. Ma sono arrivata a un punto in cui il dolore è devastante: io ormai muovo solo la testa, riesco ancora a lavorare tramite i comandi vocali, ma la fatica è tanta e non ce la faccio più. La mia non è una scelta di disperazione, ma una scelta d’amore verso la vita che ho avuto”.

Ed è quindi la disperazione che ha spinto Oppelli a proseguire la battaglia per un diritto riconosciuto già due volte dalla Corte costituzionale. “Il nuovo esposto arriva a seguito di ingiustificati rifiuti dell’azienda sanitaria, prima di procedere alle dovute verifiche e poi di riconoscere la sussistenza dei trattamenti di sostegno vitale che tengono Martina Oppelli in vita. Tali condotte ledono la dignità di Martina Oppelli costretta a un trattamento inumano e degradante, condannata a una vera e propria tortura di Stato”, afferma l’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa di Oppelli.

“I medici di Asugi – aggiunge Gallo – arrivano a mettere in dubbio che Martina Oppelli necessiti realmente della macchina della tosse che essi stessi, tramite il Ssn le avevano prescritto; in questo modo danno una falsa rappresentazione della sua condizione di malattia e soprattutto dei supporti medici e farmacologici che la tengono in vita. Il rifiuto fondato su tali argomentazioni risulta arbitrario e quindi censurabile ai sensi del reato di rifiuto di atti d’ufficio. Inoltre, la violenza e la crudeltà che caratterizzano il trattamento degradante subito da Martina, che si trova in una condizione di evidente minorata difesa ad avviso del collegio legale che segue Martina integrano gli estremi del reato di tortura. Abbiamo chiesto alla Procura di Trieste di verificare tali condotte e impugneremo il diniego di Asugi in ogni suo punto e in ogni sede”.

Inizialmente Asugi aveva negato alla donna l’accesso alla morte assistita in quanto, secondo una prima relazione, “la terapia antalgica, anticoagulante, antitrombotica, l’assistenza continuativa di terze persone per svolgere qualsiasi tipo di attività inclusa alimentazione e idratazione e il ricorso a farmaci broncodilatatori non costituivano trattamenti di sostegno vitale“ aveva spiegato solo ieri Gallo. Visto il “peggioramento delle condizioni di Martina, il Tribunale di Trieste aveva ordinato ad Asugi di rivalutare entro 30 giorni le condizioni di Oppelli, che nel frattempo era diventata dipendente dalla cosiddetta macchina della tosse”. Ma Asugi ha “confermato il suo rifiuto, basandosi su una relazione che sminuisce il ruolo dei trattamenti da cui Martina dipende quotidianamente”.

“Addirittura, nella relazione si solleva il dubbio che la macchina della tosse, più che una necessità terapeutica, abbia uno scopo ‘preventivo’, quasi come se la prevenzione del soffocamento fosse un vezzo” aveva ribadito l’avvocata Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale di Martina Oppelli. “L’azienda sanitaria fonda tutta la sua relazione sul parere del Comitato nazionale per la bioetica, che non ha alcuna portata normativa, essendo questo un organo consultivo del Governo. È invece sminuita e disattesa in toto la sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024, che è intervenuta per chiarire la portata estensiva del requisito di trattamento di sostegno vitale”.

Articolo Precedente

Nicoleta Rotaru registra il suo femminicidio. Sette verbali per violenze e nessuno ha agito?

next
Articolo Successivo

Sull’assegno unico non si scherza: l’incertezza non permette alle famiglie di pianificare il futuro

next