“Appare difficile da comprendere perché l’attuale esecutivo abbia previsto una norma notoriamente illegittima. Con la stesura di questa bozza di legge, il governo Meloni ha definitivamente tradito le promesse fatte in campagna elettorale”. Naufraga miseramente il tentativo del governo di risolvere la grana delle concessioni balneari – con il deferimento alla Corte di giustizia europea che incombe – senza scontentare di nuovo la categoria che a inizio agosto ha scioperato simbolicamente per protesta contro la melina sulla messa a gara. Giovedì la testata di riferimento del settore, Mondobalneare, ha pubblicato i contenuti della bozza di ddl al centro in questi giorni del negoziato tra Commissione Ue e il ministro agli Affari europei Raffaele Fitto (peraltro commissario europeo in pectore). E li ha bocciati senza appello.

Il testo mira a garantire ai concessionari uscenti i sempre invocati indennizzi, che sarebbero a carico dei subentranti. L’affidamento attraverso procedure competitive per una durata compresa tra i 5 e i 20 anni scatterebbe poi solo dopo una ulteriore proroga delle concessioni in essere. Che verrebbero prolungate da uno a cinque anni, a seconda della percentuale di occupazione delle coste in quella Regione. Peccato che le proroghe, come sottolinea l’articolo, siano state già dichiarate inapplicabili dalla Corte Ue e in più occasioni dal Consiglio di Stato. E che sia quindi “improbabile che la misura possa restare in piedi”. Se fosse approvata così com’è, il rischio è quello di un ulteriore annullamento “che farebbe precipitare il settore di nuovo nel caos“.

Non basta: Mondobalneare è critico pure sugli indennizzi, che stando al ddl verrebbero calcolati “sulla base del valore patrimoniale, reddituale e di avviamento, e all’equa remunerazione degli investimenti effettuati” e messi nero su bianco in una perizia rilasciata in forma asseverata. Quella parte “va incontro alle richieste delle associazioni balneari”, ma arriva troppo tardi visto che diversi Comuni hanno già pubblicato i bandi di gara. Non solo: in base alla direttiva Bolkestein, il gestore uscente non ha diritto a nulla. Quindi è tutt’altro che sicuro che il riconoscimento economico esca indenne dalla trattativa con la Ue. E l’obbligo degli indennizzi, mancando un tetto alle concessioni acquistabili da un unico soggetto, apre la strada a un altro problema: “Nelle zone a maggiore valenza turistica consisterebbero in cifre piuttosto elevate” per cui “c’è la possibilità che a concorrere per le nuove concessioni – oltre ovviamente agli attuali gestori – possano essere solo i grandi capitali. Ciò appare in contraddizione con la necessità di privilegiare le piccole imprese e le imprese giovanili, proclamata dal ddl stesso”.

Per quanto riguarda le spiagge libere, il governo prevede che la messa a gara riguardi “una percentuale non inferiore al 15% della risorsa regionale complessiva” entro il 2029, ultimo anno del “Piano nazionale 2024-2029 per lo sviluppo delle attività insistenti sulle concessioni demaniali ad uso turistico ricreativo e sportivo” che dovrebbe essere messo a punto dall’esecutivo con l’ok della Conferenza delle Regioni e il parere preventivo del Consiglio di Stato. Nel piano verrebbe recepita la discussa mappatura delle coste stando alla quale il 67% delle aree disponibili sarebbero libere. In linea con la strategia adottata per cercare di evitare l’applicazione della Bolkestein, si dispone poi che “la risorsa naturale è da considerarsi scarsa sull’intero territorio nazionale, quando l’area disponibile è pari o inferiore al 49% a livello nazionale o quando l’area disponibile di una singola regione è pari o inferiore al 39%”. In caso contrario niente gare.

Non basta per far sorridere i concessionari. Il cui organo ufficioso sancisce: “Quelle del partito oggi al governo erano promesse che non sono state mantenute”.

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