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L’autonomia differenziata? “Un vero attentato alla solidarietà e all’unità” dice il presidente di Pax Christi Italia

Due giorni fa la stoccata dei vescovi italiani contro l’autonomia differenziata “pericolo mortale”, oggi è l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, a bocciare senza appello la legge Calderoli contro cui già diverse Regioni hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale. “Un vero attentato alla solidarietà e all’unità del Paese. Si creeranno Regioni, e quindi cittadini, di serie A e di serie B – commenta in un colloquio con l’Ansa -, anzi se proprio vogliamo usare la metafora calcistica, anche di categorie inferiori”. Ricchiuti, già arcivescovo, dice quindi di confidare nel referendum (che ha ampiamente superato le 500mila firme): “Le firme ci sono, soprattutto al Sud ne sono state raccolte ben oltre il necessario. Se da parte del governo ci sarà un ripensamento ben venga, ma l’aria non mi sembra proprio quella”.

La condivisione della posizione della Cei – Il presule, che conosce bene la realtà del Mezzogiorno essendo stato per sette anni arcivescovo in Basilicata, ad Acerenza, e per altri dieci in Puglia, fa risalire “da lontano” la strada che ha portato all’Autonomia differenziata, e in particolare dalla riforma del Titolo V della Costituzione. E il suo vero faro è la frase, per lui “profetica”, ricorsa negli anni in vari documenti della Cei: “Il Paese non crescerà se non insieme“. E con questo risponde anche ai politici – come il vice premier Matteo Salvini o il governatore del Veneto Luca Zaia – che hanno ribattuto alle prese di posizione die vescovi.

“Noi stiamo solo chiedendo che il Paese cresca insieme – afferma -. Oltretutto, come vescovi, siamo cittadini italiani e possiamo esprimere le nostre posizioni come tutti. nessuno ci può dire che non possiamo farlo. E le nostre posizioni si fondano sulla Dottrina sociale della Chiesa, che non è altro che Vangelo tradotto nella realtà. Non abbiamo la pretesa di invadere campi che non ci competono”. La rimostranza di Ricchiuti, che ha apprezzato molto e condiviso quanto detto sull’argomento dal cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi e dal vice presidente mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio, è anche un’altra. “Io credo che la gente desidero che la Chiesa dica la sua: c’è bisogno di un Paese solidale, che sappia crescere insieme – premette -. Tutte le Conferenze episcopali delle Regioni meridionali sono intervenute sull’Autonomia differenziata, ciascuna con un suo documento. Perché i vescovi del Nord, perché le comunità ecclesiali del Nord non intervengono col governo e dicono: ‘non è questa la riforma che farà crescere il Paese’?”.

Il fiume di denaro verso il Nord – Tra l’altro, secondo Ricchiuti, essa “non permetterà che i giovani restino al Sud”, e su questo aspetto parla del “fiume di denaro che ogni anno parte dalle famiglie del Sud per far studiare i figli nelle università settentrionali in rette, libri, e che arricchisce i possessori di case del Nord. Perché lo Stato non fa sì che anche al Sud ci siano università di eccellenza, perché ci dev’esser questo flusso a senso unico, che fa anche sì che i giovani, una volta laureati non tornino più”. “I vescovi e le comunità ecclesiali del Sud – insiste – fanno bene a protestare e a chiedere all’esecutivo: si fermi la riforma dell’Autonomia differenziata”. I rischi, a suo avviso, sono enormi per settori come la sanità (“non può essere regionale, prima di tutto ci dev’essere lo Stato, una parola che abbiamo dimenticato in favore dei privati”), la scuola (“come si può pensare a stipendi differenziati?”), le infrastrutture, che vedranno ancora più penalizzato il Meridione. Con monsignor Francesco Savino (vescovo di Cassano allo Ionio, vice di Zuppi nella Cei, ndr), Ricchiuti condivide anche l’idea che si possa determinare un “Far West” tra le Regioni povere. “Quando non si salvaguardano le comunità nelle loro diversità, in una convivialità delle differenze – lamenta -, è allora che scatta la guerra tra poveri. Che dietro di sé lascia solo il deserto”.

La presa di posizione della Cei già a maggio e giugno – La posizione della Cei avversa alla riforma, prima delle dichiarazioni di Savino, era già emersa qualche mese fa, all’indomani dell’approvazione del testo. Lo stesso cardinale Matteo Zuppi aveva ribadito le critiche dei porporati già avanzate a maggio: “L’autonomia differenziata rischia di minare il principio di solidarietà Abbiamo fatto un documento ufficiale, quello che dovevamo dire lo abbiamo detto, si vede che non ci hanno preso sul serio, che dobbiamo fare?”. Una posizione netta, dura, una bocciatura totale della riforma voluta dal governo e non ben vista dai vescovi, come quella sul premierato: “Ho risposto io con una raccomandazione per tutti e la ribadirei – ha detto Zuppi – Se vogliamo che durino (le riforme ndr) devono avere un coinvolgimento di tutti, cerchiamo di fare tutti quanti il possibile perché sia così”.

“Il Paese non crescerà se non insieme” – Il 24 maggio la Conferenza episcopale italiana aveva diffuso una nota approvata dal Consiglio Episcopale Permanente il 22 maggio nel corso dei lavori della 79ª Assemblea Generale: in pratica la Cei aveva raccolto e fatto proprie le preoccupazioni emerse dall’Episcopato italiano. Da qui la critica al progetto che nel frattempo era diventato legge: “Il Paese non crescerà se non insieme” era l’incipit del testo, che poi continuava con dure critiche all’esecutivo. “Il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica” si leggeva nella nota, in cui i vescovi esprimevano preoccupazione per “qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie”.

La Cei aveva sottolineato anche il rischio di vedere un aumento delle disuguaglianze nel settore della sanità: “Tale rischio – era scritto nel comunicato – non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi”. Per la Conferenza episcopale italiana “gli sviluppi del sistema delle autonomie – la cui costruzione con Luigi Sturzo, nel secolo scorso, è stata uno dei principali contributi dei cattolici alla vita del Paese – non possono non tener conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”.