È guerra aperta nell’Alto Vicentino per l’inceneritore che smaltisce anche i fanghi contaminati da Pfas. Il consiglio di amministrazione dell’Ava (Alto Vicentino Ambiente), la società partecipata da 31 comuni dell’area e dalla Spettabile Reggenza dei sette Comuni, che gestisce la struttura di Ca’ Capretta, nella zona industriale di Schio, è intenzionato ad approvare il 30 agosto un piano da 80 milioni di euro per avviare una quarta linea di trattamento dei rifiuti solidi urbani, aumentando del 39% le capacità produttive.
Ma il comune di Schio, il primo interessato alle esalazioni e agli scarichi, vuole opporsi a quella che definisce un’ “azione di forza senza precedenti”, considerando che 24 comuni su 31 sono andati alle elezioni a giugno e in 11 casi si è avuto un cambio di sindaco ed amministrazioni. “Non arretreremo di un millimetro, e non solo per una questione ambientale, ma perché l’utilizzo dell’inceneritore va dimensionato sugli effettivi bisogni del territorio” fa sapere l’assessore comunale all’ambiente Alessandro Maculan.
L’inceneritore ha una capacità di smaltimento annuo di 84.680 tonnellate, suddivisa in tre linee: la prima con 26.280 tonnellate/anno, la seconda con 21.900 tonnellate e la terza con 36.500 tonnellate. La seconda linea, con maggior grado di obsolescenza, chiederebbe di essere rinnovata o dismessa. Nel primo caso, però, non mancherebbero problemi nel reperire pezzi di ricambio. È così che Ava ha affidato uno studio a Leap, un centro di ricerca nel settore energetico-ambientale partecipato anche dal Politecnico di Milano. Il responso ha suggerito un ampliamento con una quarta linea, per ragioni strettamente economiche. Lo studio risale a un anno fa, ma finora è rimasto riservato alle sole amministrazioni comunali interessate.
Nel frattempo a Schio si è consolidata una presa di posizione del consiglio comunale, che ha raccolto i frutti di una protesta di cittadini che, spontaneamente, comperarono spazi pubblicitari per sostenere che l’aumento di smaltimento dei rifiuti nell’inceneritore significherebbe maggiori emissioni e quindi un pericolo per la salute pubblica. Lo scorso anno la biologa e insegnante Laura Rossi, attiva sul fronte del contrasto ai Pfas, aveva presentato al consiglio comunale di Schio una proposta di iniziativa popolare contenente linee di indirizzo sul trattamento dei fanghi da depurazione, favorevoli alla dismissione della linea 2 dell’impianto, così da ridurre a 62.780 le capacità di smaltimento, “adeguando la capacità di incenerimento alle reali esigenze di smaltimento del Bacino Rifiuti di Vicenza”.
Il documento conteneva una lunga premessa riferita alle sostanze perfluoalchiliche (Pfas) che a partire dallo stabilimento Miteni di Trissino hanno inquinato le falde e gli acquedotti delle province di Vicenza, Verona e Padova. Era sorta la preoccupazione per eventuali trattamenti dei Pfas, anche a seguito di un accordo tra Ava e Viacqua per l’essiccamento dei fanghi prodotti negli impianti di depurazione di acque reflue urbane. Nel marzo 2024 il consiglio comunale aveva votato a sostegno della proposta popolare. A quell’epoca il sindaco (al secondo mandato) era Valter Orsi, espressione di liste civiche. Al termine della discussione i partiti storici, Lega, Partito Democratico e Fratelli d’Italia, con un’ inedita convergenza si erano però astenuti.
Adesso il sindaco è Cristina Marigo, espressione di liste civiche e l’assessore all’ambiente è rimasto Alessandro Maculan. Sul tema dell’inceneritore la linea del comune non è cambiata ed è contraria ad espansioni industriali. In Veneto, infatti, l’andamento virtuoso della raccolta differenziata sta riducendo sensibilmente il rifiuto secco da smaltire. “Ava vorrebbe poter trattare fino a 119mila tonnellate, ma se verranno raggiunti gli obiettivi indicati dalla regione per il 2030, i rifiuti da smaltire saranno sempre meno” spiega l’assessore. Il paradosso sarebbe quello di creare a Schio una struttura sovradimensionata (non attiva prima del 2032-33) quando gli altri impianti di Padova e Fusina sarebbero sufficienti per il fabbisogno regionale.
“ll 78% di quanto oggi viene incenerito nell’impianto di Schio proviene da comuni al di fuori dell’Alto Vicentino, spiega Laura Rossi. “L’inceneritore ampliato avrebbe una potenzialità pari a più del doppio dei rifiuti che nel 2030 dovrebbero essere prodotti dall’intero bacino di Vicenza. Che tipo di rifiuti andremo a bruciare e da dove li prenderemo?”, si chiede.
Il clima si sta surriscaldando anche perché il consiglio di amministrazione di Ava, presieduto da Giovanni Cattelan (e completato da Alessia Lazzaretto e Lorenzo Righele) è in scadenza. Eppure dopo una prima assemblea a luglio, rinviata per il completamento delle giunte in numerose amministrazioni comunali appena elette, ha fissato una nuova assemblea al 30 agosto, con all’ordine del giorno la votazione per ampliare l’inceneritore della discordia.