Il centro per i rimpatri di Gjader, nel nord dell’Albania sta assumendo la sua forma definitiva, simile a un lager: i migranti salvati nel Mediterraneo dovranno passare almeno un mese dentro inospitali alveari impilati uno sull’altro e appoggiati sulla terra di un’ex base militare dei tempi di Enver Hoxha; tutt’attorno un muro di cinta alto sei metri in corso di ultimazione. I lavori fervono e dovrebbero essere prossimi alla conclusione, ma di sicuro almeno due, se non tre, scadenze fissate dal governo Meloni non sono state rispettate. Quella del 23 maggio scorso, ovviamente, la data originale, ma al tempo ilFatto aveva evidenziato come i lavori del sito non fossero neppure partiti; il 6 giugno, durante una trionfale conferenza stampa congiunta con il presidente albanese Edi Rama all’interno dell’hotspot di Shengijn (quello sì pronto da mesi), la presidente Giorgia Meloni aveva ribadito seccamente: “Il 1° agosto si parte”. Anche qui ilFatto, durante un reportage sul posto a pochi giorni dalla scadenza, aveva mostrato come quella data non sarebbe mai stata rispettata e alla fine il taglio del nastro sarebbe slittato quanto meno a settembre se non addirittura a ottobre. Di mezzo, oltre al ritardo dei lavori, c’erano anche questioni di opportunità legate alla stagione balneare a Shengijn e cospicui interessi economici. Le immagini riprese nei nostri video, girati pochissimi giorni fa, mostrano come la struttura sia sicuramente in stato avanzato rispetto a fine luglio. Fonti albanesi, tuttavia, confermano che pure la terza data buona per l’inaugurazione del progetto di spostamento della frontiera italiana per i migranti, il 1° settembre, non verrà rispettata. Nel territorio municipale di Lezhe, di cui fanno parte sia Shengijn che Gjader, sono a decine se non centinaia i funzionari italiani, a partire dalle nostre forze dell’ordine, presenti sul territorio da alcuni giorni a questa parte, segno che a breve si partirà.
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