Lanciare il cuore oltre l’ostacolo. È questo quello che si sono detti l’altista azzurro Gianmarco Tamberi e sua moglie Chiara Bontempi mentre sedevano sull’ambulanza che li avrebbe portati in ospedale. A pochissime ore dalla finale di salto in alto delle Olimpiadi 2024. Colpa di quelle maledettissime coliche renali che lo hanno frenato il giorno della partenza verso Parigi e che si ripetono il giorno della finale.
A ricordare quei tragici e confusi momenti è proprio la moglie del campione olimpico, Chiara, che a La Stampa, ripercorre quei giorni frenetici: “A Formia lo vedo tirato, pronto, lo bacio e lo saluto, lui vibra di convinzione. Il tempo di rientrare a casa e la sera stessa mi dice: ‘Sto male’. Succede tutto in pochi minuti, il fastidio diventa fitta lacerante. Siamo destabilizzati. Io torno lì, non lo mollo, lui si trascina ma partiamo lo stesso per i Giochi. In aeroporto, non mi pare in grado di camminare”.
Ma Tamberi arriva in pedana per la semifinale, salta, trova le forze e si carica, salta di nuovo. Per un soffio (e qualche errore degli altri) è dentro, è in finale, si sarebbe gareggiato quattro giorni dopo: “Dopo un giorno lì è ritemprato. Pazzesco, per un attimo è come se non fosse mai capitato nulla. Arriva il mattino della gara e alle nove mi chiama e confessa che dalle cinque è di nuovo in preda alle coliche. Quando lo vedo, è sfinito”, racconta Chiara.
Ed è lì che l’imprenditrice prende posizione per farlo andare in ospedale anche contro il suo volere, con la promessa di poter raggiungere lo Stade de France per gareggiare. Con o senza il permesso dei medici. “Appena riceve il via libera si leva la flebo da solo e si mette a saltellare. A me si riempiono gli occhi di lacrime: di magie ne ha fatte tante, ma come può gareggiare?“. E, alla fine, gareggia, salta, non si arrende, sorprendendo anche sua moglie: “Nelle sue condizioni non sarei uscita dal letto, lui ha fatto tremare lo Stade de France”.
Ma le Olimpiadi, per lui, finiscono con un boccone amaro, come giustificano le lacrime del momento. “Ancora non ci abbiamo fatto pace. Noi siamo e restiamo due ragazzi fortunati, però a mio marito sono state tolte due Olimpiadi in cui era il favorito, poteva vincerne tre. Il destino è stato capriccioso”, ammette Chiara.
L’aspetto più complesso, forse, è stato venire a patti con quell’enorme eco mediatico dei social in cui i Giochi Olimpici ti catapultano. Figurarsi se poi, al centro della vicenda, c’è uno degli atleti italiani più seguiti. “Dall’episodio della fede è impazzito tutto. Lui usa quel mezzo per costruire una comunità. È amatissimo, solo che i social sono costruiti al contrario: l’algoritmo fa svettare i pochi insulti di anonimi astiosi, invece di privilegiare la massa di persone che si prende il disturbo di trovare parole di supporto. Ho visto un oceano di affetto arginato da un mare di scemenze“.
E le ipotesi su quali fossero le cause del suo male si sono moltiplicate nei giorni sui social, da parte di chi citava esperti e chi, invece, si improvvisava medico. Ma “Sono solo falsità – confessa Chiara -. Certo che Gianmarco porta il fisico al limite, lo sport di alto livello non è salutare, ma si parla di professionisti sotto costante controllo. Hanno influito le temperature altissime negli ultimi giorni di preparazione“.
Ma sull’ipotesi di una quarta Olimpiade, la stessa frena e rivela che è ancora presto per parlarne. Anche perché, per un atleta professionista è difficile coniugare vita matrimoniale e sportiva. E, questo, spiega Chiara, Tamberi lo sa. “Lui non era felice di vedere che mi sobbarcavo ogni problema pratico mentre si dedicava solo all’atletica. Vedremo. Il 2024 è stato tosto, solo in funzione dei Giochi e pensare a Los Angeles è difficile, così come immaginarmi che smetta. Oggi è un’altalena di sentimenti, pensieri contrastanti”.
Anche perché l’agonismo è fatto di rinunce, tante: “Forse è arrivato il momento di trovare degli accorgimenti. Noi non ci siamo concessi un weekend, abbiamo contato le sere fuori a cena. Vorrei che non si privasse di tutto, questa età non torna e immagino anche una famiglia, allargarci è nei programmi”, conclude Bontempi.