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Vendere i propri organi per sopravvivere alla fame: l’inchiesta della Cnn che svela il traffico illegale sui gruppi Facebook in Myanmar

Vendere i propri organi per sopravvivere. Sono incredibili le rivelazioni della Cnn in un’inchiesta in Myanmar che ha richiesto un anno di indagini: dallo scoppio della guerra civile e per via delle condizioni di vita drammatiche, nel Paese si è sviluppato un vero e proprio commercio illegale di organi. I venditori sono persone che vivono sotto la soglia di povertà, in condizioni disperate. Gli acquirenti, invece, i cittadini più facoltosi. Il Myanmar vive una crisi politica e sociale devastante da quando, tre anni fa, i militari hanno preso il potere con un colpo di Stato.

Condizioni disperate – La Cnn ha scoperto dei post online che offrivano organi su almeno tre gruppi Facebook dove, in teoria, le regole non consentono di commerciare parti del corpo umano. I post erano scritti in lingua birmana, i giornalisti hanno rintracciato e parlato con decine di persone coinvolte nel commercio illegale per riscostruire i meccanismi di quella che sembra una vera industria illecita alimentata dalla guerra civile. Dal colpo di Stato, quasi la metà dei 54 milioni di persone che abitano il Myanmar vive sotto la soglia di povertà, una cifra che – a detta dei ricercatori del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) – è raddoppiata dal 2017.

“Vendere una parte del proprio corpo è una decisione difficile per tutti. Nessuno vuole farlo“, dice April, 26 anni, che ha chiesto di usare uno pseudonimo poco dopo aver pubblicizzato il suo rene su Facebook a febbraio. “L’unica ragione per cui lo faccio è perché non ho scelta“, aggiunge. La ragazza ha raccontato di aver abbandonato il suo sogno di diventare infermiera e di essersi trasferita a Yangon quando aveva 18 anni per lavorare in una fabbrica di abbigliamento e aiutare la sua famiglia. Ma il suo stipendio mensile di 100 dollari non è sufficiente, anche perché sua zia ha il cancro. “Sto facendo del mio meglio per sopravvivere in una situazione difficile. Ci sono stati giorni in cui ho pianto. Ci sono stati giorni in cui non avevo niente da mangiare e i miei amici non potevano aiutarmi”, racconta alla Cnn. “Una notte, non riuscendo a dormire, su Facebook ha visto un gruppo in cui le persone si offrivano di vendere i propri reni”. La giovane ha scritto subito un post: “Voglio donare il mio rene. Il mio gruppo sanguigno è 0. Ho bisogno di soldi per mia zia che ha il cancro e deve essere operata. Ho 26 anni e non bevo. Mandami un messaggio privato”.

I trapianti in India – Mentre diversi gruppi armati lottano per il controllo della giunta, la violenza dilaga in tutto il Paese, gli investimenti stranieri sono diminuiti drasticamente e la disoccupazione è alle stelle. Come se non bastasse, il prezzo dei beni di prima necessità aumenta a un ritmo che gli abitanti non riescono più a sostenere. In questo quadro di disperazione rientrano anche gli acquirenti del mercato illegale di organi, che sono relativamente abbienti, ma che comunque si affacciano a questo tipo di commercio perché anch’essi in condizioni di grandissima difficoltà.

Venditori e compratori si affidano spesso ad agenti che organizzano i trapianti, mettono in contatto le due parti e, soprattutto, falsificano i documenti necessari alle operazioni. Gli interventi hanno luogo in India, dove il commercio di organi (come del resto in Myanmar) è illegale. Anche le donazioni, in India, sono severamente regolamentate e consentite solo in alcuni casi, tra parenti e consanguinei, motivo per cui gli agenti si occupano anche di falsificare registri di famiglia, alberi genealogici e altri documenti con l’aiuto di avvocati e notai.

La Cnn ha contattato l’ambasciata del Myanmar a New Delhi e il ministero indiano della Salute e del Benessere familiare per un commento, ma non ha ottenuto risposta. L’emittente ha chiesto anche un commento a Meta, proprietario di Facebook, che ha detto di aver rimosso dalla piattaforma social un gruppo online. La società, tuttavia, si è rifiutata di offrire ulteriori dettagli o commenti, nonostante le regole di Facebook vietino categoricamente questo tipo di attività.