L’ennesima rivolta in carcere, questa volta al penitenziario minorile Beccaria di Milano. I disordini sono scoppiati ieri sera – 31 agosto – poco dopo le 22. I detenuti – spiega Gennarino De Fazio, coordinatore nazionale Uilpa della polizia penitenziaria – hanno forzato i presidi di sicurezza e sono arrivati fino alla portineria. Di questi, tre non sono stati ritrovati per diverse ore, tanto da far pensare ad una possibile evasione. I detenuti, poi, sono stati fermati all’interno delle mura del penitenziario. La rivolta è stata presto sedata dagli agenti della penitenziaria.

La rivolta – I disordini sarebbero partiti con degli incendi nelle celle. Per motivi di sicurezza, i detenuti sono stati trasferiti in uno spazio comune e, anche grazie ad una porta rimasta aperta, hanno sfruttato l’occasione per cercare di scappare. A fermarli, una polizia penitenziaria “a ranghi ridottissimi”, spiega De Fazio. “Sono otto le persone ferite, tutti detenuti – ha aggiunto – Di questi uno è stato portato in ospedale”. “Nel corso dei disordini, cui avrebbero preso parte tutti i 58 reclusi presenti, diversi hanno tentato di evadere”.

“Grazie alla straordinaria opera delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria presenti e intervenuti liberi dal servizio – continua la nota – non ci sono state conseguenze irreparabili, ma si registrano alcuni contusi non gravi, sia fra i detenuti sia fra gli agenti”. De Fazio ha definito la notte appena trascorsa “una notte di ordinaria follia”, facendo riferimento alle difficoltà estreme nelle quali vertono i carceri e alle altre rivolte che hanno interessato diversi penitenziari quest’estate. Su quanto è successo, come sugli incidenti precedenti al Beccaria, ha detto: “è la prova provata del fallimento organizzativo e gestionale del sistema penale inframurario minorile, che fa il paio con quello per gli adulti. Urge un cambio di passo che deve essere dettato dalla politica, prim’ancora che dalle amministrazioni, con l’assunzione del personale mancante (18 mila unità) e la riorganizzazione dell’intero apparato”. E ha poi concluso: “Auspichiamo che dal Ministero della Giustizia e dal Governo già in mattinata facciano sentire la loro voce con argomenti concreti e, soprattutto, che si varino misure tangibili e immediate. Temiamo, tuttavia di dover nuovamente ascoltare i soliti ritornelli stonati con roboanti annunci vuoti di contenuto”.

“Nessuna evasione” – Il Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità ha smentito le indiscrezioni su un possibile tentativo di evasione trapelate questa mattina su alcuni organi di informazione: “La rivolta avvenuta ieri sera all’interno dell’Ipm Beccaria di Milano è stata prontamente sedata e non vi è stato alcun tentativo di evasione da parte dei detenuti“. Nella nota ufficiale diramata dal Dipartimento si legge che i tre detenuti che mancavano all’appello a rivolta finita, sono stati poi trovati nel perimetro del penitenziario e riportati alle celle.

“Situazione gravissima che il Governo non sa gestire ” – Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato di polizia penitenziaria (Spp), spiega in un comunicato che la gravissima rivolta della scorsa notte è “l’ennesima testimonianza di quanto denunciamo da tempo: siamo in presenza di un istituto molto difficile in particolare per età e provenienza dei giovani detenuti”. “Il Beccaria – prosegue la nota – è diventato da qualche mese il ‘caso’ di cosa accade negli istituti penali per minorenni dove sono 380 i ragazzi detenuti a marzo 2023 (tra cui 12 ragazze), pari al 2,7% del totale dei ragazzi in carico ai servizi della giustizia minorile”.

“Dopo quanto è di nuovo accaduto sono convinto che nessuno, come accade già nelle carceri con detenuti di età adulta, possa più scaricare una situazione di gravissima emergenza sulla polizia penitenziaria che, invece, con i 13 arresti al Beccaria ha pagato sulla propria pelle le conseguenze maggiori, come le sta pagando nei 190 istituti penitenziari del Paese“. E aggiunge: “Si ripropone ancora una volta la necessità, non più rinviabile, quanto meno di rivedere se non abolire del tutto il reato di tortura che grava come una spada di Damocle sugli agenti numerosi ancora in stato di detenzione e in numero maggiore sospesi dal servizio”.

“Invece, sui detenuti giovani bisogna investire per evitare che non diventino carcerati abituali. L’attuale sistema carcerario per minori – continua Di Giacomo – si rivela una sorta di scuola per delinquere con il 90% di chi entra che si avvia verso una ‘carriera criminale’ passando come stadio successivo immediato al carcere normale. Il 70% dei ragazzi entra per custodia cautelare, con una permanenza media di poco superiore ai 100 giorni. Nel corso del 2023, il 79,3% degli ingressi in carcere si è avuto per custodia cautelare. Ben oltre la metà degli ingressi rimanenti (140 su 237) è avvenuta per esecuzione pena dalla libertà”.

E conclude: “Le misure da mettere in campo sono decisamente più complesse. Purtroppo il governo e il Dap non sono in grado di gestire la situazione. Dopo il decreto Caivano i detenuti sono aumentati in modo esponenziale. Serve una differenziazione dei reclusi per età e serve un programma personalizzato per ogni singolo detenuto giovane, con differenti linee di condotta nei suoi confronti”.

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