Politica

Anche la Germania verso l’estrema destra. Ma appellarsi alle forze democratiche è contraddittorio

Ebbene anche la Germania, dopo Italia e Francia, ci fa vedere uno spostamento verso l’estrema destra del consenso popolare. Macron ha rinviato (per quanto?) il momento in cui essa arriverà al governo, sostanzialmente richiamando all’unità tutte le forze “democratiche” in nome dei valori antifascisti, e così sembra voler fare anche il cancelliere tedesco Scholz.

L’appello accorato alle forze “democratiche” avrebbe un senso, certo, se non altro quello di ritardare l’inevitabile, se non fosse che presta il fianco a due contraddizioni piuttosto gravi.

La prima riguarda l’aggettivo stesso di “democratico”. Sì, perché le destre che oggigiorno vincono le elezioni, anche quelle più estreme, lo fanno all’interno di un contesto per definizione democratico. In tal senso, richiamarsi alle “forze democratiche” – come fanno Macron e Scholz – si rivela come un’operazione arrogante di attribuzione della patente di democratico a seconda delle convinzioni di chi è al governo attualmente.

La seconda contraddizione è ancora più grave, perché non ragiona sul fatto che il risultato delle elezioni manifesta una chiara volontà popolare, di cui forse andrebbero comprese meglio natura e condizioni, a cominciare dalla sfiducia verso le forze storiche dell’Europa (popolari, socialisti e liberali) e l’adesione a partiti anche di destra estrema.

Non tentare neppure di comprendere i perché della volontà popolare conduce verso l’applicazione di una “democrazia col pallottoliere”, che nell’immediato può riuscire nell’impresa di unificare tutte le forze “democratiche” e ritardare la salita al potere della Destra, ma nel medio periodo è destinata a consegnargli il governo senza neppure provare a contrastarla.

Il filosofo Hegel aveva già scritto, ben più di due secoli addietro, che la Storia insegna soltanto che l’umanità non è una sua buona allieva, ignorandone volentieri le lezioni. Sì, perché la lezione ce l’avremmo davanti agli occhi, è avvenuta esattamente cento anni fa e appartiene al periodo più sanguinoso della storia europea.

Quando salirono al potere i regimi nazifascisti, infatti, l’Europa presentava un quadro politico molto simile a quello odierno. Un capitalismo sfrenato e iperliberista produceva disuguaglianze fortissime, ingiustizie sociali, disoccupazione e fobia per il futuro immediato. Questo con l’appoggio dei partiti liberali, il benestare interessato (e anti-comunista) di quelli cattolici, e la quasi totale irrilevanza di una Sinistra che al tempo non sapeva fare molto altro se non dividersi fra massimalisti (teorici di un’improbabile rivoluzione sul modello sovietico) e minimalisti (di fatto fiancheggiatori del capitalismo e delle sue politiche imperialistiche).Tralasciamo su cosa si divide oggi la Sinistra, per amor di patria, ma comunque il leitmotiv è che continua a dividersi per la gioia degli avversari.

Insomma, se i partiti tradizionali europei, invece di gridare allo scandalo della Destra estrema che sale nei consensi e chiamare all’improbabile ammucchiata tutte le forze “democratiche”, decidessero di contrastare, limitare e guidare il capitalismo finanziario che ormai imperversa sovrano con tutte le sue ricchezze spropositate e politiche lavorative ai limiti dello sfruttamento; se decidessero di riprendere a difendere i lavoratori e le classi sociali più svantaggiate, vittime di una macelleria sociale che contrasta vergognosamente con i privilegi concessi alle multinazionali (a cominciare dall’evasione delle tasse); se le medesime forse politiche tradizionali si occupassero di regolazione dell’immigrazione e sicurezza delle città europee, della difesa della cultura e delle eccellenze nazionali (lasciarle a una Destra incolta è delitto imperdonabile), se facessero queste cose basilari e molte altre che verrebbero a cascata, forse non avremmo intere popolazioni a cui non rimane altra via se non quella di rimettersi alle soluzioni di fascisti e destroidi della peggior risma.

Se non fosse chiaro alle anime belle, in Italia c’è già un personaggio pronto a raccogliere il fallimento dei partiti tradizionali, e a differenza di quanto si vorrebbe far credere è di livello culturale e dialettico assai superiore alla maggior parte dei politici e politicanti che popolano l’interno arco costituzionale. Si chiama Roberto Vannacci e se i paladini della democrazia si ostineranno a non far nulla per combattere il vero nemico della democrazia stessa (vedi alla voce capitalismo iperliberista), al popolo non rimarrà altro da fare che votarsi alla causa del generale. Ed è bene sapere che le ammucchiate democratiche contro il pericolo fascista, che ho battezzato democrazia del pallottoliere, fra un po’ non basteranno più a ritardare l’inevitabile.