Crime

Cristina Golinucci, una telefonata potrebbe far riaprire le indagini. L’avvocato della famiglia: “Un signore, oggi molto anziano, ha visto un frate e una giovane donna inoltrarsi nel bosco”

Le dichiarazioni della madre della ragazza e del suo avvocato in esclusiva a FqMagazine

Era un pomeriggio di settembre, certo più tiepido rispetto ad oggi, quando la vita di una ragazza di 21 anni venne misteriosamente risucchiata dalle colline della sua città, Cesena. Dal quel primo settembre del ‘92 non si hanno più notizie di Cristina Golinucci ma adesso spunta una nuova testimonianza che potrebbe, si spera almeno, portare al rinvio dell’udienza di archiviazione del caso, fissata dal tribunale di Forlì per il 26 settembre. Poco più di un anno fa era stata riaperta l’inchiesta sulla sua scomparsa.

La scomparsa

Quel giorno, Cristina andò via da casa alle 13,55 per salire su al convento dei Cappuccini. Voleva condividere con la sua guida spirituale, Padre Lino l’esperienza appena conclusa da educatrice. Quel pomeriggio aveva anche un colloquio di lavoro, si era appena diplomata come ragioniera. Lavorava già nei campi con la sua famiglia ma non voleva pesare sui suoi genitori. Quando erano ormai le 19, la madre di Cristina, Marisa Degli Angeli, andò a bussare alle porte del convento, preoccupata di non veder rientrare sua figlia che aspettava per i preparativi per la festa del paese. Marisa vise che l’auto di Cristina era ancora nel parcheggio. Un frate le disse che quando era arrivato, alle 15, era già lì. Padre Lino le disse che non l’aveva vista arrivare. Quel giorno la sua famiglia cadde in un incubo ma di una cosa c’è sempre stata certezza: Cristina non aveva turbe e nemmeno un motivo di fuggire dalla sua famiglia, un ambiente tanto semplice quanto gioioso. Lavoravano tanto per costruire una grande casa in cui poter vivere tutti insieme, in campagna.

Le indagini

Della scomparsa di Cristina é stato accusato soltanto il sudafricano Emanuel Boke, giunto in Italia nel ’92, accolto come rifugiato politico e ospitato dal convento da cui scomparve la ragazza. Boke, poco dopo la scomparsa di Cristina, scontò quattro dei sette anni in carcere a cui era stato condannato per un altro crimine commesso a Cesena, lo stupro di una ragazzina. Nel ’95, l’uomo avrebbe confessato di aver ucciso Cristina, a Padre Lino che andò a trovarlo in carcere, questo almeno dichiarò il frate. Un anno dopo la presunta confessione, davanti alle autorità, Boke negò di aver mai detto ciò. Nel 2010 la procura ha provato a rintracciare abile facendo richiesta all’Interpol che però non ha mai risposto. Si dice che l’uomo possa essere in Francia adesso. Gli inquirenti in ogni caso hanno scartato Boke dai sospettati perché all’epoca non aveva un mezzo di trasporto per portare la ragazza in un altro luogo e occultarne il corpo. Secondo la procura, Boke non ha ucciso la ragazza mentre Padre Lino è deceduto da diversi anni e quindi anche un confronto oggi sarebbe impossibile.

La nuova testimonianza

A luglio la Procura di Forlì, per la decima volta, ha chiesto l’archiviazione del fascicolo di indagine, aperto per omicidio a carico di ignoti. Ma la famiglia di Cristina, la madre Marisa Degli Angeli assistita dall’ avvocato Barbara Iannuccelli, non si arrende e dopo essersi opposta alla richiesta ha chiesto di prendere in esame una nuova testimonianza. Nei giorni scorsi l’avvocata Iannuccelli ha infatti ricevuto una telefonata da parte di una donna che gli diceva che il proprio padre, anziano ma ancora in vita, in quel settembre del 1992 era andato a raccogliere asparagi e funghi nella zona di Mercato Saraceno, nel cesenate. L’uomo vide arrivare un’auto guidata da un frate accompagnato da una giovane ragazza. Il frate si sarebbe tolto la tonaca e avviato mano nella mano nel bosco con la ragazza, dice quest’uomo oggi alla figlia. Ma non è tutto: all’uomo un amico disse all’epoca che in quei giorni, in quella stessa zona, aveva trovato due sacchi neri che emanavano un odore sgradevole. L’amico disse all’uomo oggi anziano anche che lo avrebbe segnalato ai carabinieri. Una novità, che secondo Gentile e Iannuccelli, andrebbe approfondita e verificata e non c’è tempo per farlo di qui al 26 settembre, quando è stata fissata l’udienza per l’archiviazione.

La madre di Cristina

Marisa Degli Angeli, la madre di Cristina, ha intanto lanciato una raccolta firme per dire “No all’archiviazione” del caso della 21enne scomparsa nel 1992. Ieri a Ronta di Cesena, nel parco ‘il giardino di Cristina’ l’associazione Penelope Emilia-Romagna, insieme alla famiglia ha radunato persone arrivate anche dalle regioni vicine per portare avanti questa battaglia. Racconta la donna a Fqmagazine: “Cristina non è dimenticata. Abbiamo raggiunto più di 25mila firme. Ogni tanto viene fuori una testimonianza ma prima di prenderle in considerazione aspetto che il mio avvocato le appuri bene, lei non si ferma a ciò che le dicono, scava fino in fondo a ogni cosa. La seguirò sempre anche se non ho più le forze e sono piena di dolori anche fisici, per poter poggiare un osso della mia Cristina vicino a quelle del suo amato papà”.

Le parole dell’avvocato

Questa telefonata che potrebbe far riaprire le indagini risale alla settimana scorsa, spiega l’avvocato Iannuccelli a Fqmagazine. Ci spiega: “Anche la figlia del testimone, questa signora che mi ha telefonato, era molto sorpresa dal racconto del padre anziano che dice di aver visto più volte all’epoca della scomparsa questa scena: un frate e una giovane donna inoltrarsi in un bosco nella località a 20 minuti da Ronta di Cesena, a Mercato Saraceno, dove andava a raccogliere funghi e asparagi”. Ma perché questo racconto è stato reso solo oggi? L’uomo, oggi molto anziano, avrebbe detto alla figlia di essere convinto che la storia si fosse già risolta “perché il suo amico, colui che gli ha raccontato di questi due sacchi neri maleodoranti visti in zona nei giorni della scomparsa di Cristina, gli riferì che sarebbe andato dai carabinieri. Ma di questa segnalazione per ora non c’è traccia, forse non è mai arrivata agli inquirenti”, aggiunge la Iannuccelli che ad ogni modo conclude: “C’è ancora speranza di arrivare alla verità”.