Uno degli ex ostaggi zittito, risposte piccate alle richieste di aiuto da parte dei familiari delle persone rapite e continui paralleli tra le sue esperienze di vita e quelle di coloro ancora nelle mani di Hamas. Gli audio degli incontri tra il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e alcuni parenti delle persone sequestrate dal partito armato palestinese nella Striscia raccontano di un premier totalmente distaccato, interessato solo a giustificare le scelte successive all’attacco del 7 ottobre e a non riconoscere questo episodio come una sconfitta per Israele.
Parole che hanno un obiettivo: respingere le accuse nei suoi confronti e nei confronti del suo agire politico. Ma dagli audio diffusi in tre puntate da Channel 12, si capisce quanto lui e sua moglie, anche lei presente agli incontri, abbiano dimostrato totale mancanza di sensibilità nei confronti di chi sta ancora oggi, a distanza di quasi un anno, vivendo il trauma del rapimento di un proprio caro. A uno degli ostaggi liberati, genitore di un ragazzo ancora nelle mani del gruppo armato, Netanyahu ha risposto ad esempio che Israele non ha “perso” il 7 ottobre quando non è riuscito a fermare il massacro di Hamas, perché “durante l’Olocausto, hanno commesso ‘7 ottobre’ 4.500 volte ogni singolo giorno. Qui, dopo un giorno di lavoro, siamo andati lì e abbiamo sconfitto quegli assassini”. L’ostaggio ha ribattuto gridando che il figlio è ancora prigioniero e che quindi lui è “attualmente in un Olocausto”: “Mio figlio è lì, io sono nell’Olocausto. Preferisco morire piuttosto che vivere qui!”.
Netanyahu e sua moglie arrivano addirittura a paragonare passaggi della loro vita a quelli che vivono gli ostaggi di Hamas. Rispondendo a chi sollevava il tema dei possibili abusi subiti dalle persone in mano ai miliziani, è stato capace di rispondere che nel periodo di addestramento nelle forze speciali “mi hanno picchiato, è stato molto doloroso, ne sono uscito“. Non è da meno la moglie Sara che, facendo un parallelo con le persone sequestrate, si è lamentata di aver vissuto una vita normale fino a quando non ha sposato il premier più longevo nella storia del Paese. Una prigioniera rilasciata a novembre le ha risposto: “Anch’io conducevo una vita normale fino a quando non sono stata rapita”.
L’intento di Netanyahu che emerge dagli audio diffusi è unicamente quello di giustificare la sua strategia a Gaza e nella lotta a Hamas, mentre i familiari degli ostaggi chiedono che la priorità sia quella di riportare i cittadini israeliani a casa. “Voglio dirvi di cosa mi occupo – ha detto il premier – Mi sto occupando di [impedire] la distruzione di questo Paese. La cosa più importante che è diventata chiara a noi e a voi, sappiamo che intorno a noi c’è un piano per annientarci tutti. Che l’Iran sta arrivando per annientarci tutti. Sta arrivando per annientare, per far piovere fuoco infernale su di noi e annientarci. Non è un’idea, è un piano. Vogliono effettuare incursioni simultanee dalle aree che già detengono, aree da cui ci siamo ritirati e che abbiamo dato loro”. E a chi gli ha ribadito che così “la guerra è più importante degli ostaggi“, il premier ha risposto che forse “non lo stava ascoltando” con sufficiente attenzione.
Spinto nuovamente dai partecipanti a tornare sulla questione dell’accordo sugli ostaggi, Netanyahu sembra infine perdere la pazienza: “Stiamo solo parlando dell’accordo“, lo si può sentire dire prima di sembrare imitare coloro che sono a favore di un accordo. “Se facciamo un accordo, tutto sarà risolto, l’Iran si fermerà, ecc. ecc. È folle. Semplicemente delirante. Non c’è altra parola per definirlo”. Uno degli ex ostaggi risponde chiedendo se “ciò significa che non vedrò mio figlio” e un altro interviene dicendo che sì, è “esattamente ciò che vuole”. Netanyahu risponde che è “esattamente l’opposto” di ciò che stava dicendo.