Una nuova indagine di Amnesty International ha rivelato che le forze israeliane, nel corso di due attacchi portati a termine a maggio nel sud della Striscia di Gaza occupata contro comandanti e combattenti di Hamas e della Jihad islamica, non hanno preso tutte le misure possibili per evitare o ridurre al minimo i danni ai civili che si trovavano nei campi per sfollati interni.
Il 26 maggio due attacchi israeliani contro il Kuwaiti Peace Camp, una tendopoli per sfollati interni a Tal al-Sultan, nella zona occidentale di Rafah, hanno ucciso almeno 36 persone tra cui sei bambini e ne hanno ferite oltre 100. Gli attacchi, che avevano come obiettivo due comandanti di Hamas che si trovavano tra i civili sfollati, sono stati condotti con due bombe di precisione Gbu-39 prodotte negli Usa. L’utilizzo di queste munizioni, che disperdono frammenti mortali lungo ampie superfici, in un campo sovraffollato che costituiva un rifugio provvisorio per gli sfollati, ha probabilmente costituito un attacco sproporzionato e indiscriminato, che dovrebbe essere indagato come crimine di guerra.
Le mappe pubblicate il 6 maggio dall’esercito israeliano avevano modificato i confini della “zona umanitaria”, escludendo Tal al-Sultan che per mesi era stata considerata inclusa. Tuttavia, questa esclusione non era stata adeguatamente comunicata ai civili, che continuavano a rifugiarsi lì. Le mappe diffuse dall’esercito israeliano sulle “zone umanitarie” sono spesso confuse e contraddittorie e pertanto non costituiscono preavvisi efficaci.
Il 28 maggio le forze israeliane hanno colpito con almeno tre colpi di artiglieria la zona di al-Mawasi, sempre a Rafah, che l’esercito israeliano aveva indicato come “zona umanitaria”. L’attacco ha ucciso 23 civili – 12 bambini, sette donne e quattro uomini – e ferito un numero maggiore di persone. A quanto pare, gli obiettivi erano un combattente di Hamas e uno della Jihad islamica. L’attacco, che non ha distinto tra obiettivi civili e militari essendo stato portato a termine con munizioni prive di guida in un’area piena di sfollati, è stato probabilmente indiscriminato e dovrebbe essere a sua volta indagato come crimine di guerra.
Gli esperti di armi di Amnesty International hanno analizzato foto dei frammenti delle munizioni usate, identificandole come pezzi da 1km20 millimetri. Dalle immagini satellitari è emerso che postazioni militari israeliane con cannoni da 120 millimetri erano lì la mattina dell’attacco.
Dopo l’attacco, alcuni residenti del campo hanno discusso coi due combattenti chiedendo loro di lasciare la zona. Questo episodio dimostra la crescente rabbia per il comportamento dei gruppi armati palestinesi che mettono in pericolo i civili. Tuttavia, anche in seguito uomini armati hanno continuato a rimanere lì, costringendo pochi giorni dopo l’intera popolazione dell’area – abitanti e sfollati – ad andarsene. La presenza di un gran numero di civili in piccole aree di Gaza è frutto di successive ondate di sfollamenti di massa e del blocco illegale, ancora in corso, di Israele che limita i movimenti delle persone in cerca di salvezza fuori dalla Striscia di Gaza. Queste condizioni rendono ancora più importante che le parti in conflitto aderiscano rigorosamente alle norme del diritto internazionale umanitario sulla protezione dei civili dalle conseguenze delle operazioni militari.
I combattenti di Hamas e della Jihad islamica presenti erano consapevoli che avrebbero messo in pericolo la vita dei civili. La loro scelta di stare nei due campi colpiti dagli attacchi ha probabilmente violato l’obbligo di evitare, per quanto possibile, di collocare combattenti in zone densamente popolate. Utilizzare intenzionalmente la presenza di civili o di altre persone protette per rendere determinate zone immuni da attacchi militari è vietato dal diritto internazionale umanitario.
Ma in ogni caso, anche se una parte usa “scudi umani” o sta in altro modo mettendo illegalmente in pericolo i civili, ciò non esonera la parte avversaria dagli obblighi di distinguere tra obiettivi militari da un lato e obiettivi civili e popolazione civile dall’altro, di astenersi dal portare a termine attacchi indiscriminati o sproporzionati e di prendere tutte le precauzioni possibili per risparmiare civili e obiettivi civili.
Il 24 giugno Amnesty International ha inviato domande relative ai due attacchi alle autorità israeliane. Lo stesso ha fatto, il 5 luglio, nei confronti del capo della procura e di funzionari del ministero della Giustizia dell’amministrazione de facto di Hamas, circa la presenza di comandanti e combattenti in quelle zone civili. Al 27 agosto, non aveva ricevuto alcuna risposta.