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Iran, commenta con un punto un tweet di Khamenei: blogger condannato a 12 anni di carcere

Nel mese di maggio aveva risposto con un punto a un tweet di Ali Khamenei. Poche settimane dopo, però, è stato arrestato e la settimana scorsa per il blogger e attivista iraniano Hossein Shanbehzadeh è arrivata una condanna a dodici anni di carcere.

Quel suo commento aveva ricevuto su X più like del post della Guida suprema iraniana, attirando l’attenzione degli utenti (e non solo). La notizia è stata riportata da Iran International, un canale televisivo di notizie in lingua persiana con sede a Londra, e denunciata da IranHumanRights.org. Come ha spiegato il legale del blogger, Amir Raisian, il Tribunale di Teheran la ha condannato a cinque anni per “attività di propaganda pro-Israele“, a quattro anniper insulto al sacro“, due anni per “diffusione di falsità” sui social media e un anno per “attività di propaganda anti-regime“. Sebbene condannato a una pena complessiva di dodici anni, il legale ha spiegato che dovrà scontare la pena più lunga, cioè cinque anni.

L’avvocato ha reso noto anche che la magistratura non ha fornito alcuna prova per dimostrare che Hossein Shanbehzadeh abbia commesso “attività di propaganda pro-Israele”, ma l’accusa sarebbe stata mossa contro di lui in base alle sue “chat private“. Per sostenere le altre accuse, invece, la Corte avrebbe citato come prova il suo sostegno ad altri prigionieri politici, la descrizione negativa della situazione del Paese, l’uso dell’hashtag “No all’esecuzione”, il sostegno alla rimozione dell’hijab obbligatorio, la creazione di un’atmosfera mediatica negativa contro le elezioni in Iran e l’espressione di gioia per la morte dell’ex presidente iraniano, Ebrahim Raisi.

Hossein Shanbehzadeh, noto attivista che da anni critica la situazione in Iran, era stato già arrestato in relazione alle proteste del 2019 con l’accusa di “aver insultato i luoghi sacri e il leader della Repubblica islamica”. La condanna ha provocato l’indignazione anche tra gli utenti social che puntano il dito contro la tradizione del regime iraniano di accusare costruire accuse contro i dissidenti.