Se Israele continuerà ad attaccare la Striscia di Gaza, gli ostaggi torneranno a casa “dentro le bare“. La minaccia arriva da Hamas, mentre nello Stato ebraico migliaia di persone invadono le strade contro il governo di Benjamin Netanyahu, considerato responsabile – a causa del suo rifiuto di ogni proposta di tregua – dell’uccisione dei sei prigionieri del movimento islamico trovati senza vita nei giorni scorsi a Rafah. Dopo un’imponente manifestazione andata in scena domenica sera nella capitale Tel Aviv, il Paese è tornato a protestare già in mattinata, con il sindacato dei lavoratori pubblici Histadrut che ha indetto uno sciopero generale. Iniziativa contestata dal governo, che ha presentato un’istanza giudiziaria contro l’iniziativa. E ha ottenuto il risultato sperato: il presidente del tribunale del lavoro ha ordinato la fine dello sciopero alle 14:30 ora locale.

Sul fronte delle trattative, intanto, è probabile che in settimana Joe Biden proponga un accordo “prendere o lasciare” a entrambe le parti, Israele o Hamas, nella speranza di raggiungere finalmente un’intesa sul cessate il fuoco. Secondo il network Nbc, l’ipotesi è stata avanzata da Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale alla Casa Bianca, nel corso di un incontro virtuale con le famiglie degli ostaggi. Lunedì il presidente Usa ha lanciato un’aperta frecciata a Netanyahu: un accordo finale, ha detto, è molto vicino, ma Bibi non sta facendo abbastanza per raggiungerlo. Pronta la replica dell’ufficio del premier: “È sconcertante che Biden stia facendo pressioni su Netanyahu, che ha accettato la proposta Usa già il 31 maggio e la proposta ponte il 16 agosto, e non sul leader di Hamas Sinwar che continua a rifiutare con veemenza qualsiasi intesa. La dichiarazione di Biden “è particolarmente pericolosa tanto più che giunge solo pochi giorni dopo che Hamas ha giustiziato sei ostaggi israeliani, tra cui un cittadino americano”. E in conferenza stampa è stato lo stesso premier a commentare la parole del presidente Usa rispondendo alle domande dei giornalisti: “Che è successo in questi 5 giorni? Ci hanno ucciso a sangue freddo. Ci hanno ucciso sei ostaggi. Non credo che qualcuno ora ci possa chiedere altre concessioni. Non credo che Biden possa aver detto che non siamo seri“, ha dichiarato Netanyahu.

Lunedì mattina, nell’ambito dello sciopero proclamato dal sindacato, centinaia di manifestanti bloccato la via Ibn Gvirol a Tel Aviv – la città in cui le proteste sono più forti a causa della presenza dei palazzi governativi – chiedendo al governo di raggiungere un accordo per liberare gli ostaggi tenuti da Hamas a Gaza. I manifestanti si sono radunati anche allo svincolo di Shilat, vicino a Modi’in, e hanno bloccato una strada nella città settentrionale di Rosh Pina. Dall’altra parte si sono registrrate contromanifestazioni a favore dell’esecutivo, con circa cento persone a marciare dalla Corte Suprema verso la sede della Knesset (il parlamento israeliano= gridando slogan come “non ci fermeremo finché non avremo la vittoria”. In testa al gruppo Yehoshua Shani, ipadre del defunto capitano Uri Shani, ucciso in battaglia a Kissufim il 7 ottobre. I dimostranti si sono fermati di fronte all’ufficio del primo ministro per mostrare il loro sostegno alla operazione contro Hamas a Gaza.

In serata Netanyahu ha tenuto una conferenza stampa a Gerusalemme. Ha chiesto scusa alle famiglie degli ostaggi “per il fatto che non siamo riusciti a riportarli a casa vivi”. “Hamas pagherà per questo un duro prezzo”, ha attaccato il premier israeliano confermando la linea dura: “Il conseguimento degli obiettivi della guerra passano per il Corridoio Filadelfia. Venti anni fa mi sono dimesso dal governo Sharon proprio su questo punto: dobbiamo controllare l’asse al confine tra Gaza e l’Egitto, è una questione politica fondamentale”, ha detto Netanyahu annunciando che non ci sarà nessun ritiro dell’esercito israeliano da quel corridoio. Lasciarlo “non salverà gli ostaggi, anzi il contrario. Anche se sono impegnato ad arrivare ad un accordo, noi non ci ritiriamo. Dobbiamo distruggere Hamas e far sì che non sia più una minaccia per noi”, ha aggiunto il premier. “Tutti vogliono che mettiamo fine alla guerra, questo è quello che conta per loro. Tutti premono per farci uscire da Gaza. Ma la conquista di Rafah e del Corridoio Filadelfia ha cambiato il corso del conflitto e se ci ritiriamo non potremo tornare”, ha concluso.

L’esecutivo teme le ripercussioni politiche di una manifestazione massiccia come è stata quella di domenica sera. Così ha presentato un’ingiunzione, poi accolta, nei confronti del sindacato sostenendo che lo sciopero ”annunciato dal presidente dell’Histadrut, riguardante tutti i dipendenti dello Stato, non è uno sciopero per una controversia collettiva di lavoro ed è, pertanto, uno sciopero politico”. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, si è spinto oltre affermando che i lavoratori che hanno aderito allo sciopero in Israele non saranno pagati, precisando di aver già dato disposizioni al Tesoro. “Mi dispiace che il presidente dell’Histadrut, invece di scegliere di sostenere lo Stato di Israele in questi tempi difficili contribuendo a rafforzare l’economia israeliana, sostenere le imprese e sostenere i riservisti, stia effettivamente realizzando il sogno di Sinwar – ha aggiunto Smotrich – Invece di rappresentare i lavoratori israeliani, sceglie di rappresentare gli interessi di Hamas”. Netanyahu ha detto che “lo sciopero è una vergogna. State dicendo a Sinwar ‘avete ucciso sei persone, qui noi vi sosteniamo’”. Le famiglie degli ostaggi, però, chiedono alle persone di non demordere e continuare a manifestare: “Chiediamo al pubblico di continuare a partecipare alle manifestazioni per il rilascio degli ostaggi. Questo non è uno sciopero, è il salvataggio dei 101 ostaggi che sono stati abbandonati da Netanyahu”.

L’uccisione dei sei ostaggi e il conseguente annuncio del premier israeliano di rimanere fermo sulle sue posizioni e non voler quindi concessioni sulla presenza delle Idf nel corridoio Filadelfia rischiano di provocare una rapida esplosione della violenza in Cisgiordania, con i blitz d’Israele già in corso da settimane. Il vicepresidente dell’ufficio politico del partito armato palestinese, Khalil al-Hayya, ha dichiarato che i sei ostaggi israeliani ritrovati morti nel sud della Striscia sarebbero ancora vivi se Israele avesse accettato un accordo di cessate il fuoco, cercando così di aizzare le proteste interne allo Stato ebraico. In un’intervista ad Al Jazeera, il leader islamista ha sostenuto che Hamas ha mostrato flessibilità nei negoziati – anche riducendo il numero di prigionieri palestinesi di cui chiedeva il rilascio e accettando la proposta presentata dal presidente americano Joe Biden e sostenuta dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu -, ma il premier Netanyahu ha risposto a questa diponibilità con evasione e nuove condizioni, tra cui l’insistenza sul mantenimento dei soldati nei corridoi di Netzarim e Filadelfia. Al-Hayya ha sottolineato quindi che non ci sarà alcun accordo senza che le forze israeliane si ritirino da queste zone.

Netanyahu, come detto, tira dritto e promette una dura vendetta nei confronti dei responsabili delle esecuzioni dei sei ostaggi. Ha chiesto di rispondere in modo “rapido, netto e pesante. Dobbiamo dire chiaramente che risponderemo con estrema forza. La prima cosa che deve essere fatta è portare entro 24-48 ore delle raccomandazioni per esigere un prezzo pesante, netto e molto rapido da Hamas. Se non lo facciamo, vedremo altri omicidi di questo tipo”. Dall’Iran, invece, torna l’invito ai sostenitori della causa palestinese a mobilitarsi contro Israele: “È tempo che coloro che affermano di essere sostenitori dei diritti umani e ritengono importanti le vite degli esseri umani agiscano per fermare Israele prima che sia troppo tardi. Circa otto decenni dopo il tribunale di Norimberga, il mondo assiste ancora una volta all’emergere di un altro Hitler (riferendosi a Netanyahu), un criminale che continua il brutale genocidio e l’uccisione di donne e bambini palestinesi innocenti tra l’indifferenza della comunità internazionale”.

I Paesi mediatori, intanto, cercano di accelerare nel tentativo di arrivare a una tregua a Gaza che permetta alle agenzie umanitarie di portare soccorso alla popolazione, nel tentativo di tenere le parti allo stesso tavolo. Gli Usa stanno così continuando a discutere con Egitto e Qatar dei contorni di un accordo finale su Gaza da “prendere o lasciare” che presenteranno alle parti nelle prossime settimane: un eventuale rifiuto potrebbe segnare la fine dei negoziati guidati dagli americani, secondo un alto dirigente dell’amministrazione Biden, citato dal Washington Post. “Non si può continuare a negoziare. Questo processo deve essere interrotto a un certo punto”, ha affermato la fonte, secondo cui il ritrovamento dei corpi di sei ostaggi uccisi non fa deragliare l’accordo ma casomai “dovrebbe aggiungere ulteriore urgenza in questa fase di chiusura, in cui eravamo già”.

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