Silvio Berlusconi aveva una caratteristica: voleva piacere a tutti. Antonio Tajani, che ha raccolto la leadership di Forza Italia dopo la morte del fondatore, sembra puntare all’obiettivo opposto: non piacere a nessuno. E, soprattutto, passare in poche settimane dal leader moderato fondamentale per la maggioranza del governo Meloni a colui che, invece, si sta trasformando nel Giamburrasca della coalizione di destra. Dopo il buon risultato alle elezioni europee e la sbornia del sorpasso sulla Lega di Matteo Salvini, l’estate del segretario di Forza Italia si è caratterizzata per un elemento nuovo: la capacità di far infuriare tutti, alleati, dirigenti del suo partito, giornali amici e perfino la famiglia Berlusconi. Ma difficilmente questo atteggiamento muscolare potrà portare a qualche risultato. Così la smania di mostrarsi ha portato all’effetto opposto: l’impressione è che Tajani sia ormai finito commissariato dai figli del fondatore con una leadership in discussione.
La fronda dei presidenti del Sud sull’autonomia. Tutto è iniziato pochi giorni dopo il voto durante la segreteria di Forza Italia convocata a un anno dalla morte di Berlusconi, il 12 giugno. Doveva essere una riunione per auto-elogiarsi dopo il risultato elettorale, ma si è trasformata in un primo sfogatoio nei confronti del segretario. A esporre i dissensi è stato il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto e vicesegretario di Forza Italia sull’autonomia differenziata: “Bisogna rinviare la riforma”, ha chiesto. Risposta di Tajani: “Ma poi Salvini fa il matto…”. Un mese dopo, durante il consiglio nazionale di Forza Italia, il governatore calabrese ha aggiunto: “Se andiamo al referendum perdiamo 90 a 10%”.
Il leader di Forza Italia ha annunciato un comitato per vigilare sull’applicazione della riforma ma i governatori del Sud forzisti – oltre a Occhiuto anche il lucano Vito Bardi – non si fidano: “Serve una moratoria sulle intese” ha aggiunto il Presidente calabrese. In questi giorni Tajani sta provando a stoppare quei governatori del Nord che chiedono di applicare l’autonomia anche senza i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e minacciando di bloccare le intese in Parlamento. Ma i Presidenti forzisti non si fidano.
La svolta chiesta dalla famiglia Berlusconi. L’estate appena conclusa è stata quella anche della “discesa in campo” dei figli di Berlusconi a un anno dalla morte del padre. Ad aprire la polemica è stata la figlia Marina con un’intervista al Corriere della Sera in cui chiedeva una svolta sui diritti imponendo a Tajani un cambio di linea rispetto alla destra di Meloni e Salvini. Nelle settimane successive la famiglia Berlusconi ha manifestato a Tajani la sua richiesta di cambiare marcia, mandare volti nuovi in televisione al posto dei suoi fedelissimi con una sorta di “fiducia a tempo” nei confronti del segretario.
Un segnale chiaro è arrivato a luglio alla presentazione dei palinsesti di Mediaset quando Pier Silvio Berlusconi ha fatto trapelare la sua volontà di candidarsi di fatto sconfessando la linea del segretario: “C’è una nuova opportunità per il centro, va occupata”. Poi ha spiegato: “Io in politica? Ne sento il fascino e ce l’ho nel dna”, ha aggiunto il secondogenito del fondatore. Non è un caso che nelle ultime settimane, proprio per mostrare di muoversi con la famiglia Berlusconi, Tajani ha abbracciato la causa dello Ius scholae nonostante il fondatore si fosse espresso in maniera contraria in passato e anche lui stesso, solo due anni fa, attaccava il Pd parlando di “proposta ideologica”.
Dopo giorni di annunci e di dichiarazioni sui giornali, Tajani adesso ha fatto sapere che lo Ius scholae non è la priorità: Forza Italia non voterà un emendamento di Azione in Parlamento e presenterà, con molta calma, una proposta di legge. In questo modo, dopo aver fatto irritare gli alleati, rischia di fare una figuraccia anche con la famiglia Berlusconi che potrà accusarlo di aver fatto una finta battaglia.
Il Giornale di cui fu cronista: “Servo della Germania”. A fine giugno un attacco durissimo era arrivato, in maniera sorprendente, anche sulle pagine del Giornale che fino a un anno fa apparteneva alla famiglia Berlusconi. Vittorio Feltri, ex direttore e giornalista molto ascoltato a destra, in un editoriale aveva criticato Tajani per la scelta di appoggiare incondizionatamente Ursula von der Leyen e di fare il “cavalier servente” della Germania facendo “rivoltare nella tomba Silvio Berlusconi”.
Una critica che non era piaciuta a Tajani, già capocronista prima di fare il portavoce di Berlusconi. Su suo mandato, i vertici di Forza Italia avevano attaccato duramente Feltri: Gasparri gli aveva dato dell’ubriacone (“un articolo scritto durante l’euforia serale”), il capogruppo alla Camera Paolo Barelli e il portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi lo avevano trattato come un vecchio rimbambito da rinchiudere in un ospizio (“una senile confusione lontana dalla realtà”, “si metta a riposo, ne ha bisogno”), mentre la vicesegretaria Deborah Bergamini aveva fatto strani riferimenti a “molteplici attività” in cui Feltri “è giustamente coinvolto”, evidentemente diverse dal giornalismo.
L’irritazione di Meloni e Salvini. Le ultime mosse politiche di Tajani hanno fatto innervosire anche la coppia Meloni-Salvini che, probabilmente per riflesso, si è rafforzata dopo mesi di tensioni. Non è un caso che i due abbiano escluso il ministro degli Esteri in un vertice che si è svolto dopo Ferragosto nella masseria di Ceglie Messapica dove la premier stava passando le sue vacanze.
Alla presidente del Consiglio non piace l’attivismo del suo vicepremier soprattutto su un tema come lo Ius scholae che non considera una priorità e non è nel programma di governo ma anche sulle carceri, temendo possibili norme sullo “Svuota-carceri” che potrebbero influire negativamente sui consensi nel governo. La premier inoltre non sopporta che a dettare la linea politica di un partito della sua maggioranza siano i Berlusconi che non fanno politica e, a dire di Palazzo Chigi, si muovono unicamente in base ai loro interessi, spiega una fonte vicina alla premier.
L’estate si è caratterizzata anche per uno scontro continuo tra Tajani e il collega vicepremier leghista Salvini. Soprattutto sul tema della cittadinanza, tanto cara al Carroccio. Il leader della Lega ha fatto sapere di non essere d’accordo e i dirigenti del suo partito che non voteranno mai una proposta che introduca lo Ius scholae o lo Ius soli. Il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo ha addirittura accusato Tajani di “minare la stabilità del governo”.