“Sono stato a colloquio con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per ribadire la verità delle mie affermazioni contenute nella lettera inviata questa mattina al quotidiano La Stampa: mai un euro del ministero, neanche per un caffè, è stato impiegato per viaggi e soggiorni della dottoressa Maria Rosaria Boccia che, rispetto all’organizzazione del G7 Cultura, non ha mai avuto accesso a documenti di natura riservata”. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano resiste al pressing per farlo dimettere dopo lo scandalo nato intorno alla 41enne, sua sedicente “consigliera per i grandi eventi”, sospettata di aver ricevuto rimborsi pubblici e di aver avuto accesso a documenti riservati del prossimo G7 della Cultura, in programma a settembre a Pompei, senza averne titolo.

Martedì pomeriggio il ministro è stato ricevuto a Palazzo Chigi dalla premier in un colloquio privato, durato oltre un’ora e mezza. Un faccia a faccia reso necessario dopo quanto accaduto la sera prima: citando rassicurazioni ricevute da Sangiuliano, Meloni aveva garantito in tv sul fatto che Boccia non avesse mai ricevuto denaro pubblico né visto i documenti sensibili sul vertice. Una ricostruzione, però, contestata “in diretta” dalla donna con un post su Instagram, in cui ha taggato il profilo della presidente del Consiglio pubblicando due pagine di un presunto documento ufficiale del summit, di cui però è visibile solo l’intestazione: “Riunione dei ministri della Cultura del G7 – Napoli, 19-21 settembre 2024“, mentre tutto il resto è oscurato. Stessa dinamica la mattina successiva: il ministro scrive alla Stampa giurando, di nuovo, che Boccia non ha avuto un euro e “non ha mai preso parte a procedimenti amministrativi” nè a riunioni “di carattere istituzionale”. E lei contesta punto per punto la sua versione con una storia su Instagram: “Io non ho mai pagato nulla, mi è sempre stato detto che il ministero rimborsava le spese dei consiglieri tanto che tutti i viaggi sono sempre stati organizzati dal Capo segreteria del ministro“, scrive. Sfidando l’ex direttore del Tg2 con una serie di domande: “Non abbiamo mai fatto riunioni operative? Sopralluoghi? Non ci siamo mai scambiati informazioni?”.

Una situazione imbarazzante che le opposizioni cavalcano, parlando di “teatrino squalificante” e chiedendo all’unisono le dimissioni di Sangiuliano. “La convocazione del ministro a palazzo Chigi è la prova che la ricostruzione che è stata fatta ieri da Meloni in diretta televisiva non è veritiera e piena di imprecisioni. Sangiuliano ha mentito e lo ha fatto anche alla più alta carica del governo, le cui dichiarazioni sono state sbugiardate dalla pubblicazione di importanti documenti sui social network da parte di una persona estranea all’amministrazione che, secondo il ministro e la presidente del Consiglio, non avrebbe dovuto aver accesso a quelle informazioni”, affonda dal Pd la capogruppo in Commissione Cultura alla Camera, Irene Manzi. “Il Parlamento”, prosegue, “dev’essere informato con urgenza, siamo davanti a una vicenda grave che sta disonorando le istituzioni e i cui contorni torbidi lasciano pensare che il ministro Sangiuliano non si trovi più nelle condizioni di agire autonomamente. Le continue pressioni sui social che lo stanno portando a modificare giorno dopo giorno la riscostruzione dei fatti lasciano intendere di un probabile ricatto. E questo non è possibile”.

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Caro ministro Sangiuliano, le ricordo che siamo un Paese al contrario: non si dimetta!

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