Medaglia d’oro e record mondiale nel lancio del disco F52. Rigivan Ganeshamoorthy è il nuovo idolo di Casa Italia in queste Paralimpiadi. A Parigi, il 25enne ha ottenuto un risultato storico: “Non appena ho preso il cellulare non riuscivo a toccarlo perché scottava: quattrocento messaggi su Whatsapp, oltre mille richieste di amicizia su Instagram. Ho sentito tutti, anche amici stretti. Persone che non conoscevo mi hanno fatto i complimenti”. Nato a Roma da genitori dello Sri Lanka, Ganeshamoorthy – affetto dalla sindrome di Guillan-Barré – si è avvicinato a questa disciplina da poco tempo: tanto gli è bastato per riscrivere la storia. Le sue parole al termine della gara a Rai Sport sono diventate virali: “Che devo di’? Dedico la vittoria a mia madre, a Roma, ar decimo municipio. Se vedemo. Questo è per tutta la nazione italiana e per i disabili a casa“. Non sono mancati i commenti razzisti sotto i suoi post: “Scrivevano cose indelicate sul colore della pelle. Ancora nel 2024 sentire questa cosa è un po’ triste. Vabbè gli ignoranti sono loro, a me scivola addosso”, ha dichiarato a La Stampa.

“Certe cose le ho vissute sulla mia pelle”
“Lo sport per me è stata una rinascita, mi ha dato la possibilità di non pensare a cose negative. E adesso mi ritrovo travolto da questa onda, con tutte queste interviste. Ma alla fine, anche su consiglio di altri atleti, mi sono buttato, seppur con un po’ di disagio”. Tra incredulità e commozione, Rigivan Ganeshamoorthy è entrato in pochissimo tempo nel cuore degli italiani: “Io ho fatto solo l’atleta, ma dietro di me ci sono state molte persone che mi hanno assistito, mi hanno aiutato e hanno creduto in me. E questa vittoria è per loro”. E sulla sua disabilità: “Io certe cose le ho vissute sulla mia pelle. Quando sei ricoverato conosci ragazzi e ragazze con problemi, ma anche le loro famiglie. Sono persone che purtroppo non hanno amicizie. Adesso utilizzo una brutta espressione, lo so, ma veniamo schifati perché c’è chi è su una carrozzella o chi magari ha il catetere con la sacca delle urine. Siamo come tutti gli altri, però veniamo discriminati per una disabilità che non abbiamo voluto. Ce la siamo ritrovata e ce la teniamo”. In conclusione, il 25enne lancia un messaggio di parità e inclusività: “Noi disabili possiamo essere alla pari con i normodotati e non dobbiamo venire discriminati perché possiamo fare le loro stesse cose. Ovviamente con un po’ di difficoltà. Però siamo sullo stesso livello”.

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