Uno dei bomber più forti d’Europa che a 25 anni si ritrova prima reietto, poi al Galatasaray: scenario suggestivo, meraviglioso per chi guarda il calcio in maniera romantica, ma non certo la prima scelta per uno che ambisce ad essere protagonista nel salotto buonissimo del calcio. Dall’altro lato una società, il Napoli, che fa della valorizzazione e vendita dei calciatori una voce importantissima di bilancio che si ritrova con i mancati introiti del suo pezzo più pregiato, risparmiando almeno (e in extremis) lo stipendio monstre che gli ha concesso. E’ un pasticcio grosso quello di Osimhen, finito a mercato chiuso alla squadra turca in prestito pur di giocare, un pasticcio dove nessuno è esente da colpe. Non lo è Osimhen, tra bizze e capricci, non lo è il suo agente, con un assistito fuori rosa e che ora dovrà accontentarsi della Super Lig turca e dell’Europa League pur di evitare l’inattività, non lo è Aurelio De Laurentiis, al netto di chi lo vorrebbe vincitore per non aver ceduto al calciatore e alle speculazioni di chi voleva prenderlo al ribasso.

No, partendo dall’ultima voce, è tutt’altro che perfetta la gestione della vicenda da parte della società, a partire dalla scorsa stagione, quando fresco di scudetto e di una stagione da 31 gol tra Serie A e Champions il nigeriano sarebbe stato ceduto, tranquillamente, a una cifra superiore ai cento milioni (almeno). Si è preferito però dire no alle offerte altrui “aspettando il duecentino”, da intendere secondo il patron come duecento milioni di euro, rinnovando Osimhen non in estate, ma a dicembre, e alla cifra enorme di 10 milioni di euro l’anno e clausola rescissoria a 130 milioni. Un gentlemen’s agreement col calciatore che diversamente sarebbe andato in scadenza nel 2025 e libero di andar via a zero: un altro anno con lo scudetto da difendere e garanzia di cessione a un costo accettabile. Accettabile nel 2023, però, perché nell’operazione superflua di ricordare com’è andata la difesa dello scudetto, si è compreso dai primi giorni di calciomercato che quella cifra, abbordabile lo scorso anno per un attaccante top di 24 anni (se ne tiravano fuori 100 per Kane 30enne, 90 per Kolo Muani, 83 per Hojlund che avevano dimostrato molto meno di Osimhen) sarebbe diventata una chimera nel 2024.

Si è vociferato di un accordo con il Psg, orfano di Mbappé e mai restio nelle scorse stagioni a spendere e spandere per gli attaccanti (e non solo), ma non si è entrati mai nel vivo della trattativa e pure Luis Enrique ha più volte ribadito che per lui il nigeriano non era una priorità. Quella del Psg, magari con un’offerta al ribasso negli ultimi giorni di mercato però è parso essere l’orizzonte (o più che altro la speranza) di Osimhen, storcendo quasi il naso di fronte all’interesse della Premier League. Interesse timido pure dell’Arsenal cui serviva un attaccante e del Chelsea interlocutore naturale visto l’affare Lukaku. Quel Chelsea che da qualche stagione sta buttando via vagonate di soldi, con una sessantina di calciatori (strapagati) in rosa e che però non si è spinto più di tanto in avanti per il nigeriano, non solo per la questione cartellino ma pure per l’ingaggio: offerta da 4 milioni netti più 4 legati alle prestazioni, addirittura meno di quel che guadagna a Napoli (molto meno in caso di stagione negativa).

Insomma la Premier non è più l’America e il Psg non è più la Mecca: forse per una questione economica, magari anche per le bizze che hanno visto protagonista il calciatore nigeriano, tra ritardi per i rientri dal suo Paese e attacchi via Instagram al ct delle Super Eagles. Tutto ciò mentre l’agente Calenda ribadiva che il suo assistito non fosse un pacco postale e la volontà di essere protagonista in Europa. Scenari da protagonista in Europa di cui era certo lo stesso Osimhen che nei video coi fan si mostrava sicuro dicendo “so già dove giocherò l’anno prossimo”, e che però hanno iniziato a sgretolarsi quando il tempo stringeva, col 30 agosto che si avvicinava, tanto da rendere appetibile non più l’Europa ma l’Arabia Saudita. Appetibile non dal punto di vista sportivo – visto il naufragio della Saudi Pro League – ma sicuramente quello economico, visto che l’offerta dell’Al Ahli avrebbe portato nelle tasche del nigeriano 160 milioni in quattro anni, meno per Adl che dal duecentino si sarebbe accontentato di 70-80 milioni. Non di meno: e pare infatti che la trattativa sia saltata all’ultimo per 5 milioni, con gli arabi stizziti che poi hanno preso il modesto Toney.

Risultato? Mercato chiuso con Osimhen fuori rosa, senza Psg, senza Premier e senza petroldollari, che ha dovuto vedere le feste dei napoletani per Lukaku e McTominay a Capodichino, lui che prima ne era l’eroe e condottiero, ignorato, neppure avversato come fu per Higuain. La toppa Galatasaray? Non granché, ovviamente: il campionato turco è periferia del calcio europeo, la squadra è stata eliminata dallo Young Boys agli spareggi Champions e giocherà l’Europa League. Osimhen per andare lì si è seduto a rinnovare col Napoli, un anno in più e una clausola più bassa in caso di chiamata di un club europeo: 75-80 milioni, meno della metà del duecentino sognato da Adl. Un capolavoro? Affatto: una toppa, appunto. Una toppa in una commedia degli errori dove ci perdono tutti: ci perde soldi De Laurentiis, seppur con la soddisfazione di aver fatto saltare il banco con chi voleva prenderlo per la gola, ci perde Osimhen, con un anno lontano dai riflettori e il rischio che non sia solo uno, ci perde chi lo rappresenta, con uno dei centravanti più forti al mondo passato dal non giocare affatto al giocare in Turchia.

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