Domenica scorsa (25 agosto) ho partecipato in Venezuela come osservatore internazionale alla seconda tornata elettorale della consultazione popolare che ha visto la partecipazione di circa quattro milioni di persone in tutto il Paese, un numero sensibilmente superiore a quello che si era registrato lo scorso aprile (le consultazioni avvengono ogni tre mesi e quindi la prossima è in programma a fine novembre). All’ordine del giorno la decisione sui progetti da finanziare nell’ambito delle Comuni formate da vari Consigli comunali. Non dunque l’elezione di rappresentanti, come avviene normalmente nell’ambito dei sistemi di democrazia cosiddetta rappresentativa, ma direttamente la scelta dei singoli progetti da attuare in un determinato ambito territoriale. Progetti che riguardano infrastrutture tutte ugualmente importanti per la vita delle comunità: dalle strade alle fognature, dagli ambulatori ai campi sportivi, dalle strade alle scuole.

Si tratta quindi di instaurare progressivamente la democrazia diretta e la partecipazione per attribuire direttamente al popolo il potere decisionale in ordine alla gestione del territorio.

È evidente la diversità di impostazione e di metodo rispetto a situazioni come la nostra dove i progetti, come ad esempio quelli del Pnrr, su cui pure si è registrata una significativa raccolta di risorse, vengono decisi ed attuati senza tenere minimamente in considerazione i sentimenti e le volontà espresse dalle comunità locali e rispondono viceversa ai desideri di lobby e gruppi di potere politico od economico.

Un caso purtroppo funestamente emblematico è costituito dal progetto fallimentare del Ponte sullo Stretto di Messina, caratterizzato da un enorme spreco di risorse finanziarie e da altrettanto enormi potenzialità distruttive in campo ambientale senza nessun ritorno significativo in termini di incremento dell’effettivo benessere delle popolazioni interessate. Ma identico discorso potrebbe essere applicato a molte delle cosiddette grandi opere. Infatti da noi il criterio decisivo sono i benefici suscettibili di derivare ai gruppi di potere e per nulla la volontà e i diritti sociali della cittadinanza, oggetto esclusivamente di campagne pubblicitarie e promozionali volte a legittimare decisioni già adottate in modo antidemocratico.

Il sistema venezolano è profondamente differente perché si basa sull’unicità del governo che si articola su vari livelli (nazionale, statale, municipale) e vede, colla progressiva costruzione della democrazia di scelta e del potere di scelta della base popolare in ordine ai progetti da realizzare, la concretizzazione del principio, formulato oltre vent’anni fa dal comandante Chavez, secondo il quale è il popolo che comanda, mentre il governo, ai vari livelli che abbiamo appena enunciato, deve farsi interprete della volontà popolare.

L’obiettivo è quello di dar vita a strutture di autogoverno territoriale che siano tendenzialmente autosufficienti anche dal punto di vista economico, ma in una logica che è diametralmente opposta a quella della cosiddetta autonomia differenziata, proprio perché prevale la volontà popolare di dare vita a strutture in grado di soddisfare integralmente i diritti di tutto il popolo. Quest’ultimo d’altronde non deve limitarsi a delegare una volta ogni quattro o cinque anni le scelte a un gruppo di rappresentanti fatalmente passibili di cedere alle pressioni delle lobby e dei gruppi di potere, dando vita agli episodi di corruzione cui assistiamo frequentemente è costantemente, ma assume il controllo diretto sui progetti da attuare e sulle modalità della loro attuazione, secondo un criterio di assoluta trasparenza.

Dando vita a questa ulteriore fase dello sviluppo della democrazia basata sulla Costituzione bolivariana del 1999, il popolo venezolano risponde alla vergognosa campagna di disinformazione portata avanti dai media internazionali con alla testa il magnate della finanza e della comunicazione Elon Musk. Obiettivo delle élites antidemocratiche che governano tuttora troppa parte del mondo è distruggere ogni reale democrazia per assicurarsi il pieno controllo delle risorse per finalizzarle all’accumulazione senza fine e senza costrutto del capitale. Per questo oggi il Venezuela è nel mirino, trattandosi del Paese che detiene i più consistenti giacimenti petroliferi e quantità molto notevoli di altri minerali.

Per questo la stampa internazionale, ripetendo a macchinetta le balle diffuse dalla destra venezolana, una lettera della cui leader Maria Corinna Machado è stata ospitata nei giorni dal quotidiano La Repubblica, vorrebbe mettere in discussione la legittimità della vittoria del presidente Maduro, recentemente confermata anche dal Tribunale supremo. Per questo la destra venezolana e internazionale continua a invocare l’intervento armato degli Stati Uniti e la guerra civile, senza riscuotere fortunatamente alcun successo, anche perché l’alleanza fra popolo, Forze armate e Forze dell’Ordine vigila, bloccando colla fermezza necessaria, anche mediante gli inevitabili arresti di ispiratori, promotori ed autori di atti di violenza, i gruppi che si proponevano di riproporre le famigerate guarimbas che già hanno prodotti troppi danni e troppi lutti. Fra questi, da ultimo, lo stesso candidato dell’opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia, nei cui confronti è stato emesso un mandato di cattura con varie imputazioni, il quale peraltro dietro la sua apparenza di innocuo vecchietto nasconde un passato di torturatore attivo in Salvador negli anni Ottanta contro la guerriglia di sinistra.

La situazione del Paese è tranquilla e la stragrande maggioranza del popolo venezolano ambisce, come ciascuno di noi, alla pace, alla tranquillità e allo sviluppo sociale basato sulla piena realizzazione dei diritti degli individui e delle collettività, beni fondamentali oggi in pericolo non solo in Venezuela ma in tutto il pianeta.

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