Sono diventati 196 gli avamposti illegali israeliani nei Territori Occupati. E ben 29 sono stati istituiti solo nell’ultimo anno, 89 dal 2019. I numeri della colonizzazione israeliana della Palestina sono stati pubblicati da un’inchiesta di BBC Eye che ha scavato per conoscere la portata di una delle più importanti ed evidenti violazioni dei Trattati internazionali da parte dello ‘Stato ebraico’ in Palestina.

Prima di considerare l’espansione coloniale e la reazione internazionale, è importante fare una distinzione tra avamposti e insediamenti. Lo scopo principale degli avamposti, che mancano di qualsiasi approvazione ufficiale, è quello di sfruttare la concessione statale di coltivare le terre assegnate per espandere i territori controllanti a scapito dei palestinesi, qualora questi non fossero in grado di difendersi in maniera autonoma dai coloni. Gli insediamenti invece, che in alcuni casi nascono sulla base degli avamposti, sono enclave più grandi, tipicamente urbane, costruite in tutta la Cisgiordania e legali secondo la legge israeliana.

Sia gli avamposti che gli insediamenti sono invece considerati illegali dal diritto internazionale perché presuppongono lo spostamento forzato di una popolazione civile, quella palestinese, in un territorio occupato. In merito, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (CIG) lo scorso luglio ha espresso un’opinione storica, affermando che “lo Stato ebraico dovrebbe predisporre misure adeguate per impedire nuove attività di insediamento e dovrebbe evacuare i civili israeliani che vivono nelle colonie in Cisgiordania”. Il Presidente della CIG Nawaf Salam, leggendo le conclusioni della Corte secondo cui Israele dovrebbe risarcire i palestinesi per i danni causati dall’occupazione ha riferito che “gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme Est sono mantenuti in violazione del diritto internazionale” e ha proseguito dicendo che anche l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno l’obbligo di riconoscerne l’illegalità. Al momento, soprattutto per quanto riguarda gli insediamenti, non ci sono prove che il governo israeliano abbia cercato di impedire la loro espansione. Al contrario la BBC ha scoperto l’esistenza di alcune organizzazioni che intrattengono stretti legami con lo stato israeliano e che forniscono fondi e terreni che vengono utilizzati dai coloni. Tra queste l’Organizzazione Sionista Mondiale (WZO) e Amana.

La WZO è nata nei primi anni del novecento e presenta al suo interno una divisione di insediamento che gestisce vaste zone delle terre occupate da Israele dal 1967 ma, nonostante l’organizzazione proibisca la costruzione di qualsiasi struttura negli avamposti, perché l’uso del terreno è predisposto al pascolo e all’agricoltura, immagini satellitari rivelano la presenza di costruzioni. Amana invece è stata fondata nel 1978 e lavora a stretto contatto con lo Stato di Israele. Secondo quanto riportato da BBC, in una registrazione di un incontro di dirigenti del 2021 trapelata da un’attivista, l’amministratore delegato dell’organizzazione Ze’ev Hever ha ammesso che “oggi l’area sotto il controllo dell’organizzazione è quasi il doppio degli insediamenti al momento costruiti”.

In tutta la Cisgiordania l’OCHA – l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari – ha evidenziato che la violenza dei coloni ha raggiunto un livello senza precedenti. Negli ultimi 10 mesi ha registrato più di 1.100 attacchi di coloni contro i palestinesi. La creazione di insediamenti illegali ha una lunga storia e affonda le sue radici nella formazione stessa dello Stato di Israele. Negli ultimi anni, però, stiamo assistendo a una rapida espansione di insediamenti anche a causa della spinta impressa dalle anime più radicali del governo Netanyahu, in particolare i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich.

Nel 2024 il Canada, così come il Regno Unito, ha imposto dure sanzioni nei confronti di organizzazioni e individui che siano accusati di “essere responsabili di azioni violente e destabilizzanti contro i civili palestinesi e le loro proprietà in tutta la Cisgiordania”. Tra questi Moshe Sharvit che ha affermato di controllare ad oggi un’area più grande di molti grandi insediamenti urbani. “In Cisgiordania Sharvit è noto per la sua aggressività”, dice a BBC Ariel Moran, attivista che sostiene la comunità palestinese. “Dal 7 ottobre Sharvit ha iniziato ad avvicinarsi non solo agli abitanti ma anche agli attivisti con un fucile d’assalto ed è diventato più violento”.

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