C’è già chi parla di Vanolismo, ma lui sorride e rispedisce tutto al mittente. Non ha mai la voce alta, anzi ce l’ha un po’ roca, perché la usa tutta quando allena o quando c’è la partita. Sarà un po’, anche questa, l’eredità raccolta dal suo maestro, Conte, con cui ha vissuto mezza carriera in panchina, prima di mettersi in proprio. “La mia gavetta, l’ho fatta tutta”, aveva detto Paolo Vanoli. Sguardo concentrato, ma mai troppo spavaldo. Serio, ma pulito. Con quell’immagine sportiva senza giacca e cravatta che al tifoso del Toro piace da matti. E lui lo sa. Consapevole che la chance che si gioca a Torino sia quella che non capita proprio tutti i giorni. Ma è la sua occasione. E se la sta prendendo, finora, tutta.

Nel mondo di Vanoli: chi è l’allenatore del Torino
Ha desiderato la Serie A in ogni modo. Ci ha lavorato per ottenerla. Per conoscere la sua storia a livello di squadre, basta vedere Wikipedia. Qui, basti sapere che ha lavorato come collaboratore di Conte in Nazionale, al Chelsea e all’Inter. Poi si è misurato in una realtà difficile, da solo, come allenatore dello Spartak Mosca, e quindi è tornato in Italia, dove è riuscito a riportare il Venezia in Serie A. Ecco, già questa storia è da incorniciare, soprattutto per quello che è successo dopo la promozione. Il Torino, per averlo, ha dovuto avviare una vera e propria trattativa con il Venezia (cosa non propriamente comune, per un allenatore), per provare a risparmiare qualcosa sulla clausola da un milione di euro che era presente sul suo vecchio contratto. Ma era un matrimonio che entrambi volevano e su cui entrambi hanno scommesso molto: il Toro, su un emergente che, seppur con tanti princìpi diversi, avesse di base una scelta tattica simile a Juric; Vanoli, su una squadra da rifondare nello spirito oltre che nel gruppo. Con l’incognita della Serie A.

“Schietto ma paziente”
E si può dire che non sia stato un approccio facilissimo, al netto dei risultati molto positivi. Perché se la cessione di Buongiorno era praticamente una cosa certa, meno lo era l’addio di Bellanova. Arrivato di colpo e soprattutto tardissimo, quando l’esterno sembrava non solo confermato, ma un titolare fisso. “Io sono sempre molto onesto, ma ho la forza di pazientare. Solo, una cosa: non mi piegherò mai alla mediocrità”. Uno sfogo mica da ridere nei confronti della dirigenza, accusata di non averlo nemmeno interpellato quando la trattativa stava prendendo una piega definitiva. Una frase fortissima, quella, che in qualche modo era rimasta come slogan per la contestazione che qualche giorno dopo avrebbe avuto luogo a Torino.

Prima volta? No, perché una cosa simile era capitata lo scorso gennaio, quando il Venezia cedette Johnsen alla Cremonese. “Diamo uno dei nostri giocatori più importanti a una squadra nostra rivale per la promozione. Questo è un autogol”. Schietto, sì. Ma anche molto paziente. Richieste? Poche, se non di principio tattico. “Chiedo un certo tipo di giocatori, e alleno quelli che mi vengono dati”. In questo, rispetto a Conte, è molto diverso e lo si è visto anche questa estate. Ma forse perché i tempi non sono ancora maturi. Eppure stanno maturando in fretta, visti i risultati. Certo, l’inizio di campionato è come sempre fuorviante, soprattutto perché al Torino mancano quei cambi (e già lo si è visto) che al momento possano fare davvero la differenza. Ma il gioco c’è, e ha un marchio preciso. Così come i gol: per tre partite consecutive, il Torino ha segnato. Ed è già una novità. Cinque reti in tre gare mancavano da tempo, così come i ritmi alti.

Quando è arrivato, Vanoli è rimasto subito impressionato dalla cultura del lavoro e dalla disponibilità del gruppo ereditato da Juric. Così come, in generale, la fase difensiva. Ed è stato un buon punto di partenza. Su cosa ha insistito? L’attacco e l’intensità, con risultati evidenti. E poi ha già saputo recuperare un giocatore come Ilic e valorizzare due volti nuovi in Serie A: Saul Coco, che già adesso è un titolare fisso in difesa; Che Adams, in gol contro l’Atalanta ma soprattutto già bene integrato con Zapata. “Non parlate di Vanolismo, però”, ha detto l’allenatore dopo la vittoria proprio in casa del Venezia. Fortunata, sporca. Ma che mostra una solidità data a un Torino un po’ più proletario rispetto agli scorsi anni e con un profilo molto basso. Ma deciso. Forse il vero Vanolismo sta qui. E i tifosi lo stanno già apprezzando.

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