Ci sarà da aspettare ancora e monitorare, ma si è aperta una prospettiva sul potenziale trattamento di una malattia devastante. Una bambina con neuroblastoma metastatico ad alto rischio e mutazioni nel gene Bard1, trattata con un nuovo farmaco molecolare chiamato talazoparib, progettato per colpire queste mutazioni, dopo 32 mesi dalla fine della terapia non ha presentato segni clinici di malattia. “Un risultato incoraggiante e straordinario”, commenta il ricercatore Mario Capasso, professore di Genetica medica all’Università Federico II di Napoli e coordinatore scientifico Ceinge di Napoli, centro di ricerca da anni impegnato a studiare le basi genetiche della malattia anche per via di progetti come quelli sostenuti dalla Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma.

Commentando i risultati dello studio del St. Jude Children’s Hospital, negli Stati Uniti, pubblicati sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine lo scorso 15 agosto, Capasso ha poi specificato: “La bambina ha mostrato una risposta completa alla terapia, con la totale eliminazione delle cellule tumorali dal midollo osseo. Ancora più incoraggiante: la paziente è rimasta libera da malattia per 32 mesi dopo la fine del trattamento. Certo, è importante monitorare l’evoluzione del suo stato di salute nei prossimi mesi. Ma 32 mesi liberi da malattia sono un risultato straordinario per una paziente resistente alle terapie standard. Tipicamente, infatti, per questa categoria di pazienti l’aspettativa di vita è di soli pochi mesi”.

Anche il Ceinge, con uno specifico gruppo di lavoro, ha portato avanti nuove ricerche. “Uno dei risultati più significativi del team di Napoli – continua – è stata la scoperta di mutazioni in un gene chiamato Bard1. Queste varianti, come dimostrato dagli studi del nostro gruppo, possono alterare il normale funzionamento delle cellule e sono potenziali bersagli per nuovi trattamenti terapeutici. Da tutto ciò – continua Capasso – si comprende come i fondi destinati alla ricerca genetica possano avere un impatto diretto sulla pratica clinica“.

Lo studio delle mutazioni nei geni per l’individuazione di “bersagli” da colpire per finalità terapeutiche rientra nelle aree di ricerca sostenute dalla Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, ramo scientifico dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, organizzazione non-profit. “Continueremo a supportare rami di indagine come questo”, conclude Sara Costa, segretaria generale della Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e presidente dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma.

FOTO DI ARCHIVIO

L’abstract su Nejm

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Cellulari e cancro al cervello, la revisione completa dei dati commissionata dall’Organizzazione mondiale della sanità

next