Mondo

Brasile contro X, per me non durerà: Musk ha il coltello dalla parte del manico

A fine agosto, i giornali brasiliani escono in prima pagina con la notizia-bomba che il ministro del Supremo Tribunale Federale (Stf) Alexandre de Moraes ha ordinato la sospensione degli account di X, il social network ex Twitter, acquisito dal multimiliardario Elon Musk in ottobre 2022, che in Brasile conta circa 24 milioni di utenti. Per non farsi mancare niente, il giudice aveva già bloccato gli account di Starlink, il provider internet che SpaceX (entrambi di Musk) aveva lanciato nel 2019.

De Moraes rincara la dose, minacciando multe da 50.000 reais (oltre 8.000 dollari al cambio attuale) per coloro che scaricano la Vpn, un tunnel che collega i dispositivi a internet con icone di paesi differenti da quello reale, dove ci si collega ai fini di eludere intercettazioni e censure.

Se si considera che in Brasile il salario minimo mensile è R$ 1320, cioè 220 dollari, e che Starlink collega via satellite il 47% degli utenti registrati nel paese, si può facilmente dedurne che allo stato attuale la connessione internet è dimezzata. De Moraes ha giustificato i provvedimenti per la mancata ottemperanza da parte di Musk di fornire un rappresentante legale che risponda delle accuse rivolte a X per la diffusione di fake news ai fini di sobillare azioni destabilizzanti.

Il giudice si rifà in particolare al periodo pre-elettorale di ottobre 2022, quando fioccarono i post che incitavano al colpo di Stato se Bolsonaro non fosse stato confermato per il secondo mandato. All’inizio di gennaio 2023, subito dopo l’insediamento di Lula, migliaia di fan dell’ex presidente invasero la Praça Dos Três Poderes a Brasilia, dove si concentrano il palazzo dei Congressi, sede di Camera e Senato, la Suprema Corte Federale e il Planalto, sede della presidenza. I tre poteri: legislativo, giudiziario ed esecutivo. Gli uffici vennero devastati, rivendicando presunti brogli elettorali nel ballottaggio del 30 ottobre 2022 che decretò la vittoria di Lula.

In seguito a ciò de Moraes, in piena sintonia con Lula, iniziò una campagna di repressione a tamburo battente, con centinaia di arresti, migliaia di post rimossi sotto accusa di sedizione, rimozione totale dei vertici di polizia che avrebbero favorito i presunti golpisti e censure su articoli di media dell’opposizione. Fece scalpore allora quella attuata su un membro Stf, il giudice Aurélio Mello, il quale obiettò che Lula non fosse stato assolto dalle accuse che avevano portato alla sentenza di Curitiba, bensì che la stessa sia solo sospesa in attesa di un nuovo processo. Che ovviamente non si farà mai, essendo ora Lula protetto dal Foro Privilegiado, il tribunale speciale patrocinato da Stf.

Resta anche in dubbio il ruolo che possa avere avuto Musk in queste cospirazioni online, dal momento che egli finalizzò l’acquisto di Twitter il 27 ottobre 2022, mentre il ballottaggio avvenne solo tre giorni dopo e le accuse risalgono a quando Twitter era ancora sotto il controllo di Jack Dorsey.

Sta di fatto che in questo scontro tra titani (Stf in Brasile conta anche più dei presidenti in carica, mentre Elon Musk è uno dei potenti della Terra che qui controlla metà del traffico online con nomi celebri che scrivono su X), chi paga le peggiori conseguenze sono gli utenti. Come ha denunciato Glenn Greewald proprio su X, il blocco di Starlink danneggia le operazioni della polizia, degli ospedali, dei pompieri, e delle comunità indigene remote per le quali internet è essenziale. De Moraes viola anche l’articolo 220 della Costituzione Federale che vieta la censura “di natura politica, ideologica e artistica” sebbene, quando un post sconfina nell’odio, delle limitazioni siano dovute. Starlink Brasil ha richiesto al giudice Zanin di Stf lo sblocco degli account, ottenendo un secco rifiuto. Per ripicca Musk si è rifiutato di bloccare X presso Anatel (Agência Nacional de Telecomunicações), aggiungendo che continuerà a fornire il servizio Starlink gratuitamente.

Conclusioni

Il braccio di ferro tra Musk e il giudice a mio parere non durerà. Per come siamo messi oggi, con la comunicazione online che ha soppiantato quasi totalmente la stampa cartacea, relegando la stessa tv in secondo piano, il primo provider del Brasile ha il coltello dalla parte del manico. De Moraes è un arrogante, ma il tycoon Usa non è da meno, e i suoi soldi fanno la differenza.

Non è un problema solo per X: con la connessione Internet dimezzata, anche Facebook, Instagram e Whatsapp soffrono e l’influenza di Zuckerberg sui media e sui partiti a livello globale è anche più forte di Musk. Se il fondatore di Telegram Pavel Durov è stato arrestato in Francia, questo non succederà a loro due. Telegram sta anche pagando il fatto che il suo servizio di messaggeria è più criptato rispetto a WhatsApp, poiché Zuckerberg è parecchio sensibile alle pressioni dei potenti – soprattutto a quelle di Nsa e Cia – rispetto a Durov che anni fa aveva preferito chiudere il suo social russo piuttosto che consegnare i tabulati dei post degli oppositori di Putin. E poi volendo c’è Signal, che tutela la segretezza delle chat anche dal passaggio sul suo server.

Oggi la dipendenza da smartphone e social supera anche quella da cocaina ed eroina. E il volume di foto, video, informazioni che attraverso questi noi regaliamo quotidianamente ai giganti tech – Apple, Google o Meta che siano – è un patrimonio talmente appetibile per la loro clientela di agenzie pubblicitarie, banche e finanziarie, che ha reso ricchissimi i vari Elon Musk, Bill Gates, Mark Zuckerberg – al cui confronto i cinque miliardi di Durov sono spicci.

Per cui non c’è tempo per i litigi sulla libertà d’espressione di cui non frega nulla a politici e affaristi. Business must go on.

Foto © F. Bacchetta