Gli Stati Uniti continuano a spingere per un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi del 7 ottobre. Secondo il Wall Street Journal, Washington dovrebbe presentare una bozza di proposta rinnovata e più dettagliata, che includerà dettagli sull’attuazione di un accordo di cessate il fuoco a Gaza e di scambio degli ostaggi. La nuova bozza dovrebbe descrivere nel dettaglio come avverrà lo scambio di ostaggi e specificare le condizioni in base alle quali le parti potranno tornare a combattere. La proposta specificherà anche per quanto tempo potrà durare la presenza israeliana nel corridoio Filadelfia, la lingua di terra tra Gaza e l’Egitto.
La bozza di accordo su cui finora hanno trattato i negoziatori soddisfa “la maggior parte” delle richieste di Hamas dal momento che Israele ha fatto “molte concessioni“. Secondo funzionari dell’Amministrazione Biden sentiti dal quotidiano finanziario, la maggior parte dei termini dell’accordo sono stati concordati dalle parti, ma Hamas è la meno disposta ad accettarlo. Le stesse fonti smentiscono la notizia arrivata ieri dalla Turchia sul possibile ritiro di Washington dai negoziati se entro due settimane non sarà arrivata una svolta.
I funzionari statunitensi avrebbero inoltre sostenuto che i prossimi passi delle trattative prevedono un approfondimento della cosiddetta “proposta-ponte” presentata il mese scorso. Nello specifico ci si aspetta che emergano maggiori dettagli su come si svolgeranno gli scambi tra ostaggi e prigionieri palestinesi e per quanto tempo le forze israeliane potranno rimanere lungo il Corridoio Filadelfia, al confine tra Gaza e l’Egitto, per impedire a Hamas di contrabbandare armi nell’enclave.
La realtà, secondo Haaretz, sarebbe più complessa. Secondo il quotidiano liberal, l’amministrazione Biden continua a insistere pubblicamente di essere impegnata nei negoziati “ma alti funzionari del governo stanno esprimendo disperazione e frustrazione per lo stato dei colloqui, soprattutto dopo che il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato la scorsa settimana una risoluzione che si oppone al ritiro dal Corridoio Filadelfia nel contesto di un accordo”. L’obiettivo dei messaggi pubblici dell’amministrazione, secondo uno dei funzionari, era di consentire ai colloqui di continuare, nella speranza che si potesse comunque verificare una svolta. Ora, secondo Haaretz, i funzionari di Washington ammettono che gli sforzi dell’amministrazione per mantenere in vita i colloqui di cessate il fuoco non hanno “alcun reale collegamento con la realtà“.
Secondo la tv pubblica Kan i negoziatori israeliani hanno dichiarato ai mediatori di sostenere ancora un ritiro completo delle Israel defense Forces dal Corridoio Filadelfia, tra l’Egitto e Gaza, nella seconda fase dell’accordo, nonostante le parole di lunedì del primo ministro Benyamin Netanyahu secondo cui Gerusalemme deve mantenere una presenza militare nell’Asse a tempo indeterminato. Poche ore prima della conferenza stampa del premier, il capo del Mossad David Barnea è volato d’urgenza a Doha per informare il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani della posizione di Gerusalemme.
L’ufficio di Netanyahu non ha smentito queste notizie, sostenendo invece che il gabinetto di sicurezza non ha ancora discusso la seconda fase dell’accordo. Gli Stati Uniti hanno dichiarato che Israele ha accettato l’ultima proposta, che richiede all’Idf di ritirarsi dalle aree densamente popolate lungo il corridoio Filadelfia durante la prima fase di sei settimane dell’accordo. Le dichiarazioni dei portavoce dell’amministrazione Biden hanno lasciato aperta la possibilità che le truppe israeliane rimangano in altre parti del corridoio che non sono adiacenti alle aree densamente popolate del tratto di confine tra Egitto e Gaza.
Intanto proprio oggi gli Stati Uniti hanno formalmente accusato il leader di Hamas, Yahya Sinwar, e altri esponenti dell’organizzazione al potere nella Striscia di complotto per fornire supporto materiale a un’organizzazione terroristica per uccidere cittadini americani e per l’uso di armi di distruzione di massa. Oltre a Sinwar, le accuse riguardano tre esponenti di Hamas: Ismail Haniyeh, l’ormai ex leader politico del gruppo assassinato alla fine dello scorso luglio a Teheran, Mohammed Deif, comandante militare che Israele afferma di aver ucciso in un’operazione nella Striscia di Gaza a metà luglio, e Marwan Issa, vice comandante del braccio armato di Hamas ucciso a marzo in un’operazione israeliana a Gaza.
Dei sei esponenti di Hamas sotto accusa negli Stati Uniti, altri due – oltre a Sinwar – sarebbero ancora in vita. Khaled Meshal viene descritto dai funzionari americani come capo dell’ufficio della diaspora di Hamas, alla guida delle attività del gruppo fuori dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania. L’altro, Ali Baraka, è a capo delle relazioni di Hamas all’estero.
Pressioni per un accordo arrivano anche dall’esercito. Le forze di difesa israeliane hanno avvertito il governo che qualsiasi espansione delle operazioni militari a Gaza mette a rischio la vita degli ostaggi. Lo riferisce Channel 13 citando un alto ufficiale militare il quale sostiene che un accordo sulla liberazione degli ostaggi consentirebbe all’Idf di operare più liberamente nella Striscia, anche in luoghi dove non ci sono mai state incursioni.