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Il trend di TikTok “very demure, very mindful” rischia di finire in tribunale, lo sfogo dell’ideatrice del tormentone: “Mi sento come se avessi perso un’occasione”

Tutto è cominciato con un semplice video in cui Jools Lebron spiegava come essere "demure" ("raffinato", "rispettoso") e "mindful" (consapevole) in diverse situazioni della vita quotidiana

di F. Q.
Il trend di TikTok “very demure, very mindful” rischia di finire in tribunale, lo sfogo dell’ideatrice del tormentone: “Mi sento come se avessi perso un’occasione”

Non c’è nulla di “demure” né tantomento di “mindful” nella piega che sta prendendo la vicenda dello slogan diventato virale su TikTok grazie all’influencer di Chicago Jools Lebron. La frase “very demure, very mindful” rischia infatti di finire in tribunale, dopo che un uomo di nome Jefferson Bates e l’azienda “Do or Drink” hanno presentato una domanda all’ufficio brevetti degli Stati Uniti per registrarla. Non solo: anche altri, come l’influencer Raluca Pop, hanno cercato di registrare varianti del motto, alimentando la competizione per il controllo del marchio.

Tutto è cominciato con un semplice video in cui Lebron spiegava come essere “demure” (“raffinato”, “rispettoso”) e “mindful” (consapevole) in diverse situazioni della vita quotidiana. Il contenuto è esploso, spingendo migliaia di utenti a utilizzarlo e facendolo diventare un vero e proprio tormentone su TikTok, con oltre 580.000 post associati all’hashtag “demure”, usato principalmente per descrivere una donna matura e composta. Utenti comuni e vip hanno adattato i loro video all’audio originale, mentre Lebron continua a spiegare come essere “demure” sul lavoro, “mindful” sull’aereo, “cutesy” durante una vacanza. La parola compariva anche in una scena della serie “Una mamma per amica”, con la nonna benestante Emily Gilmore che la usa per descrivere l’atteggiamento della nipote, e in molti hanno rilanciato sui social anche questa clip, alimentando il tormentone. Il successo dello slogan è stato tale che persino celebrità e programmi televisivi come il “Jimmy Kimmel Show” hanno invitato Lebron a parlare del suo fenomeno. E, neanche a dirlo, subito diversi marchi come Kombucha, Verizon, Lyft e Netflix l’hanno chiamata come testimonial. I guadagni le hanno permesso di coprire le spese della sua transizione di genere e di aiutare una cara amica in difficoltà.

Ora però qualcun altro potrebbe monetizzare il suo motto. Ecco perché Lebron ha ammesso in un video di essersi sentita frustrata per non essere riuscita a registrare il marchio in tempo: “Mi sento come se avessi perso un’occasione” e ha aggiunto poi di “avere tutta la situazione sotto controllo” e che ora toccherà al suo team legale occuparsi della faccenda. Secondo Nbc News, sia la domanda depositata da Pop in California, sia quella di Bates a Washington, sarebbero in attesa di approvazione. La vicenda apre a un ulteriore ragionamento che molti creator stanno – o dovrebbero – iniziare a fare: come guadagnare, e come muoversi, quando ciò che realizzano diventa virale? Kyona McGhee, avvocato specializzato in marchi, ha spiegato al Guardian che, in questi casi, la velocità è essenziale: “Ai miei clienti dico sempre: non appena vedete che il vostro lavoro diventa virale, presentate immediatamente una domanda di registrazione del marchio“. McGhee ha anche suggerito che Lebron dovrebbe inviare una lettera di diffida per proteggere i propri diritti. Tuttavia, l’avvocato Alli Elmunzer ha rassicurato Lebron, affermando che non dovrebbe preoccuparsi: “È chiaro che sia stata lei la prima a usarlo. Anzi, dovrebbe iniziare a monetizzarlo ulteriormente per rafforzare la sua posizione”.

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