Economia

Utili bassi e mercato dell’auto in panne: perché Volkswagen vuole chiudere le fabbriche in Germania. “Un attacco, non lo permetteremo”

La situazione del gruppo Volkswagen è diventata così grave da ritenere necessarie drastiche misure di risparmio e la casa di Wolfsburg ha annunciato la cancellazione dell’accordo sui posti di lavoro da tutelare che, per gli assunti in Germania, avrebbe dovuto valere fino al 2029. Fino alle indiscrezioni di lunedì sulla chiusura di due stabilimenti tedeschi […]

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La situazione del gruppo Volkswagen è diventata così grave da ritenere necessarie drastiche misure di risparmio e la casa di Wolfsburg ha annunciato la cancellazione dell’accordo sui posti di lavoro da tutelare che, per gli assunti in Germania, avrebbe dovuto valere fino al 2029. Fino alle indiscrezioni di lunedì sulla chiusura di due stabilimenti tedeschi per la prima volta nella storia della casa automobilistica, i tagli avevano colpito solo gli interinali cui il contratto non veniva rinnovato, come a esempio a Zwickau dove si producono veicoli elettrici. L’anno scorso era tuttavia già stato presentato un primo piano di risparmio di 10 miliardi entro il 2026 con anche il taglio dei premi ai dirigenti, pur senza averne mai voluto rivelare l’entità complessiva, salvo affermare che le rinunce avrebbero colpito anche l’amministratore delegato Oliver Blume.

All’annuncio di possibili licenziamenti e chiusure di fabbriche anche in Germania – mentre finora era in forse solo lo stabilimento Audi di Bruxelles che potrebbe essere chiuso entro l’anno prossimo – la capa del comitato aziendale VW Daniela Cavallo ha sostenuto che i piani “sono un attacco al nostro impiego, sedi e accordi tariffari” con cui “sono messi in forse la stessa VW e il cuore del gruppo”, annunciando che “ci opporremo strenuamente”. Cavallo ha inoltre chiesto a Blume un piano aziendale che arrivi fino al 2035.

I rappresentanti dei lavoratori godono – insieme al Land Bassa Sassonia – della una maggioranza nel Collegio sindacale e il governatore Stephan Weil (SPD) ha dichiarato di aspettarsi che “una chiusura di fabbriche semplicemente non si ponga” trovando alternative valide. In autunno ci saranno peraltro le nuove trattative per il contratto e i piani di risparmio confliggono con le richieste del sindacato di un aumento del 7% dei salari per i dipendenti. A novembre è poi prevista la nuova pianificazione degli investimenti per tutto il gruppo e allora potrebbe emergere per quali stabilimenti la sorte è più critica.

Volkswagen deve risparmiare dieci miliardi già entro il 2026. Blume ha giustificato il nuovo corso con l’aggravarsi delle prospettive: “L’industria automobilistica europea si muove in condizioni molto serie”. A questo si aggiunge che “soprattutto la Germania sta diventando meno competitiva nella produzione industriale”. Anche il Cfo Thomas Schäfer ha dichiarato che “il programma di performance del marchio è ben posizionato e mostra efficacia” ma “la concorrenza è diventata decisamente più forte” e “si deve perciò agire adesso per assicurare il successo nel tempo”.

Il programma è di portare gli utili del gruppo al 6,5%, ma l’azienda finora ha raggiunto solo il 2,3%. I costi elevati comportano per Volkswagen utili minori rispetto ad altre marche del gruppo come Skoda o Audi e anche altre aziende automobilistiche europee come Stellantis e Peugeot – almeno da questo punto di vista – si trovano in condizioni migliori. Tuttavia, l’anno scorso, VW con 16,6 miliardi è stata l’azienda tedesca a raggiungere i maggiori utili in termini assoluti. Nonostante la concorrenza cinese, i produttori tedeschi risultano d’altronde vendere sempre bene le loro vetture nonostante le sanzioni anche in Russia, esportandole attraverso le consociate cinesi.

Adesso per il gruppo tedesco si tratta di risparmiare altri 4 miliardi nel prossimo biennio e secondo Schäfer i programmi di prepensionamento e generosi scivoli non basteranno. A margine si aggiunga che da oggi l’ex amministratore delegato del gruppo Martin Winterkorn deve rispondere in Tribunale per lo scandalo delle emissioni dei motori diesel che dal suo scoppio, nove anni fa, è costato a Volkswagen già più di 32 miliardi di euro.

Tra le reazioni si registra anche quella del leader di opposizione Friedrich Merz (CDU) che in una manifestazione del proprio partito a Osnabrück ha indicato l’annuncio da Wolfsburg come una sveglia per tutto il Paese in crisi di competitività anche in altri rami industriali, come il chimico ed il metalmeccanico: Basf, Covestro ed Evonik hanno tutte già ventilato di spostare la produzione all’estero.