A proposito del caso Sangiuliano/Boccia, in questi giorni vengono spesi fiumi di parole, sui mass media come sui social. Spesso emerge il lato surreale della vicenda, che certamente fa sorridere: sembra il copione di un film old style con Lino Banfi ed Edwige Fenech, coppia di culto delle commedie sexy anni 70 e 80. D’altra parte il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (legato a FdI e Giorgia Meloni) da quando è in carica non è mai stato avaro di sparate, per lo più strafalcioni “culturali”, assai divertenti e particolarmente suggestive, considerando i compiti del suo dicastero.

Siccome, vista l’ultima impresa ministeriale, viene da ridere per non piangere, forse è il caso di guardare allo pseudo-Decameron messo in scena tra Roma e Pompei pure attraverso le lenti della storia, utile per contestualizzare la questione. Al di là degli aspetti da sexy-commedia banfiana, nelle alte sfere la pratica di affidare incarichi politici o istituzionali a parenti e amici (più o meno intimi) ha radici profonde; quindi non è stata inventata dal partito che, nell’attuale compagine governativa, ha più parenti in confidenza con le stanze dei bottoni (non a caso si chiama Fratelli d’Italia).

Questa pratica ha anche un nome: nepotismo, che deriva da nepote (nipote). Il Dizionario di storia di Treccani dà questo significato al termine: “Tendenza a favorire i propri familiari nell’assegnazione di uffici e incarichi. Il fenomeno, caratteristico del clero nell’Età medievale e moderna, conobbe particolare intensità nei secoli 15° e 17°. […] Tale ruolo si impose soprattutto in virtù della natura elettiva del papato: i pontefici avevano necessità di poter contare su collaboratori del tutto fedeli, a loro strettamente legati ed estranei ai giochi di carriera che caratterizzavano la Corte romana; distaccati in primo luogo dagli scenari legati all’elezione del nuovo papa che avrebbe inevitabilmente creato una nuova squadra di governo all’insegna della discontinuità col predecessore. […] Il nepotismo sopravvisse […] all’abolizione operata da Innocenzo XII: papa Pio VI (1775-99) fu per esempio scopertamente nepotista. La figura del segretario di Stato, quella che avrebbe poi sostituito il ministro consanguineo del papa, si sarebbe definitivamente consolidata solo all’inizio del sec. 19° col cardinale Ercole Consalvi”.

Ebbene, sembra (salvo smentite) che da un paio di secoli in Vaticano tiri un’aria diversa. Nel mondo della politica italiana – cominciando da Palazzo Chigi e dintorni – invece c’è pieno di spifferi, cioè di parenti e ora anche di amanti, con sceneggiate annesse e connesse.

Purtroppo non si tratta soltanto di folklore; tanto meno di nostalgia nei confronti del vecchio caro nepotismo di una volta. Il fatto è che, in una democrazia parlamentare, l’integrità e l’imparzialità delle istituzioni sono fondamentali per garantire non solo la funzionalità dello Stato ma anche per consolidare la fiducia dei cittadini. Quando una persona con incarichi politici/pubblici abusa del proprio potere per favorire parenti e amici, questo principio viene gravemente compromesso. Il pessimo fenomeno mina le fondamenta stesse della democrazia, creando un terreno fertile per la corruzione e l’ingiustizia.

Il nepotismo ha infatti una serie di conseguenze negative per la società:
Inefficienza e incompetenza: quando le posizioni di potere vengono assegnate in base a legami personali, anziché al merito, l’efficienza e la competenza ne soffrono. Ciò può portare a decisioni sbagliate, a sprechi di risorse pubbliche e a un generale deterioramento dei servizi.
Disuguaglianza e ingiustizia: si crea un sistema in cui le opportunità sono distribuite in modo iniquo, favorendo una ristretta cerchia di individui legati ai detentori del potere. Questo sistema dilaga dall’alto verso il basso, alimentando la disuguaglianza sociale e negando a molti cittadini meritevoli la possibilità di realizzare il proprio potenziale.
Corruzione e abuso di potere: si determina un ambiente in cui la corruzione può prosperare. Quando i funzionari pubblici si sentono autorizzati a favorire i propri interessi personali favorendo parenti e amici, è più probabile che si impegnino in pratiche corrotte, come tangenti e appropriazione indebita di fondi pubblici (una volta c’era anche l’abuso d’ufficio, ma il governo Meloni l’ha appena cestinato).
Erosione della fiducia: viene mortificata la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche. Qualora le persone percepiscano che il sistema è truccato a favore di pochi privilegiati, dubitano della capacità del governo di agire nell’interesse generale e sono incoraggiati ad alimentare clientelismo e familismo amorale.

Per prevenire il nepotismo, è essenziale adottare una serie di misure:
Trasparenza e responsabilità: le decisioni da parte di funzionari pubblici ed eletti devono essere prese in modo trasparente. I funzionari pubblici e gli eletti devono essere ritenuti responsabili delle loro azioni. Questo include la divulgazione pubblica dei legami familiari, di amicizia o di altro tipo che potrebbero influenzare le decisioni.
Regole e procedure chiare: devono essere stabilite e rispettate regole e procedure chiare per l’assunzione e la promozione di personale nel settore pubblico, basate esclusivamente sul merito e la competenza.
Organi di controllo indipendenti: si deve poter contare su organi di controllo indipendenti: dalla magistratura (che questo governo depotenzia e delegittima spesso e volentieri) fino alle commissioni anticorruzione e ai difensori civici. Vanno messi in grado di monitorare e indagare sul serio.
Educazione e sensibilizzazione: è importante educare i cittadini, fin da bambini, sull’importanza dell’integrità e dell’imparzialità nella vita pubblica e sensibilizzarli sui pericoli cui espone la pratica del nepotismo, del clientelismo e del familismo.

In conclusione, il nepotismo è una delle gravi minacce per la democrazia e lo sviluppo di una società giusta ed equa. Contrastare questo fenomeno richiede un impegno costante da parte di tutti i cittadini, delle istituzioni e della società civile. Solo attraverso la trasparenza, la responsabilità e l’imparzialità è possibile garantire che il potere politico sia esercitato nell’interesse di tutti e non solo di pochi privilegiati.

Al governo Meloni interessa muoversi alla luce del sole in questo campo? Per ora la premier ha rifiutato le dimissioni del “povero” Sangiuliano. Scopriremo eventuali novità, si spera entro questa era geologica. Perché, come dice persino Oronzo Canà (interpretato dal citato Banfi) nel film L’allenatore nel pallone (1984), “va bene guardare al futuro, ma noi dobbiamo guardare anche al presente!”.

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