Al ministero dell’Economia, dove si lavora al Piano strutturale di bilancio di medio termine atteso in consiglio dei ministri la prossima settimana, quel dato era molto atteso. Non perché le entrate tributarie registrate dal dipartimento Finanze nei primi sette mesi dell’anno potessero nascondere “tesoretti” da spendere in manovra, ma perché avrebbero potuto migliorare i dati del 2024 e magari consentire qualche spesa discrezionale di qui a fine anno. Giovedì a metà giornata è uscito il bollettino aggiornato con le cifre di luglio, quando imprese e autonomi sono andati alla cassa per versare saldo e primo acconto Irpef e Ires. Il risultato è in chiaroscuro. “Nessun tesoretto. La cifra è vicina a quella prevista. Quindi siamo prudenti”, il commento di via XX Settembre.
Le entrate accertate nel periodo ammontano a 328,3 miliardi, pari a 19,2 miliardi in più (il 6,2%) rispetto ai primi sette mesi del 2023. Una crescita che, se viene annualizzata, supera le previsioni del Documento di economia e finanza. A trainare l’aumento sono le ritenute dei lavoratori dipendenti, gonfiate di 9,2 miliardi complessivi nei sette mesi (+8%) dall’aumento dell’occupazione. Ma il vero boom anno su anno riguarda le imposte sostitutive versate dalle banche su interessi e premi, che esplodono del 295,8% raggiungendo i 4,2 miliardi per effetto dei tassi elevati. Un una tantum che non si può considerare strutturale.
L‘autoliquidazione Irpef dei lavoratori autonomi è stata poi deludente: 1,1 miliardi in meno rispetto ai primi sette mesi 2023, contro un incremento di 2,7 miliardi per l’Ires. La nota tecnica del Mef ricorda che ci sono state modifiche legislative che “hanno comportato, per il primo anno di applicazione del Concordato preventivo biennale destinato a imprese e lavoratori autonomi ed in particolare ai soggetti Isa e ai forfettari, il differimento del termine dei versamenti del saldo e del primo acconto”: i contribuenti a cui si applicano gli Indici sintetici di affidabilità fiscale hanno avuto facoltà di pagare entro il 30 agosto con una maggiorazione dello 0,40%. Ma cambia poco, perché anche nel 2023 alle partite Iva era stato dato tempo fino a fine agosto. Il calo anno su anno insomma c’è, e non viene spiegato.
Quanto alle altre imposte dirette, da cui dipende oltre il 70% dell’incremento, le sostitutive su redditi da capitale e plusvalenze salgono a 913 milioni (+87,1%) e crescono a 4,1 miliardi quelle su utili distribuiti dalle persone giuridiche (+26,9%).
Guardando agli incassi veri e propri il quadro è meno positivo: 309,2 miliardi complessivi, il 4% in più che nei primi sette mesi del 2023, con le ritenute dei dipendenti sempre in spolvero (+8,7% per il settore privato, +4,8 per il pubblico) ma i versamenti in autoliquidazione Irpef in calo del 39,7% a 4,68 miliardi. Nel solo mese di luglio gli incassi si sono fermati a 60,4 miliardi, l’8,4% in meno rispetto all’anno prima.