Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia e storico re delle piscine, squalificato e riabilitato a livello internazionale per le note accuse di violazioni etiche e di corruzione, è e probabilmente sarà ancora presidente della Federnuoto: sabato si ripresenterà per l’ennesima volta alle elezioni della Fin. E correrà solo contro se stesso, o meglio contro il quorum del 66% previsto dalla legge per l’ennesima riconferma, visto che sarà candidato unico. Il Collegio di garanzia presso il Coni ha infatti respinto ormai definitivamente il ricorso di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e uomo forte di Fratelli d’Italia, che avrebbe voluto sfidarlo.
Come già raccontato dal Fatto, a fine luglio Rampelli aveva rotto gli indugi, annunciando l’intenzione di presentarsi alle urne. Una candidatura clamorosa, non solo perché metteva in discussione l’impero di Paolo Barelli, che governa il nuoto italiano da oltre 20 anni (con risultati più che lusinghieri, almeno a guardare il piano prettamente sportivo). Ma perché a farlo non era un carneade qualsiasi dell’opposizione, ma un suo collega di maggioranza, che rischiava sul serio di disarcionarlo dalla sua federazione, creando un autentico caso nel governo tra Fdi e Forza Italia. Quella candidatura, però, è morta sul nascere, respinta per irregolarità formali che hanno permesso alla Federazione di respingerla.
Quello che è successo è presto detto ed è ricostruito nelle carte del contenzioso che si è svolto nelle ultime settimane: Rampelli ha sbagliato modulo, si è candidato per il collegio dei revisori e non per la presidenza. E poi invece di sanare l’errore ne ha accumulati altri. Dopo essersi accorto di aver confuso i moduli, infatti, ha inviato due mail alla pec della Federazione, digitando però male l’indirizzo. Infine, a tarda sera, ben oltre la scadenza fissata per le 12, ha inviato la documentazione corretta ma soltanto alla segreteria federale e non alla casella apposita. Insomma, una serie tale di strafalcioni che – secondo i giudici – “impediscono di valutare come esistente una corretta e tempestiva presentazione della candidatura alla presidenza federale da parte del ricorrente; di fatto inesistente e mai avvenuta nei termini essenziali e perentori disposti”.
Rampelli ovviamente non si è arreso. Si è appellato alla manifestazione pubblica della volontà di candidarsi, persino ai valori di lealtà e rispetto dell’avversario. Ma non c’è stato nulla da fare. I suoi ricorsi sono stati tutti respinti dal tribunale federale (prevedibile) e adesso anche dal Collegio di Garanzia al Coni, che pone la parola fine sulla questione. Ancora una volta, come del resto accaduto già in altre Federazioni, la giustizia sportiva “fa fuori” il candidato più scomodo e spiana la strada al presidente uscente per la riconferma. Anche se in questo caso Rampelli sembra davvero averci messo tanto del suo. All’assemblea elettiva di sabato 7 settembre, Barelli dovrà battere solo le schede bianche per rimanere alla guida del nuoto italiano. Le regole prevedono un quorum minimo del 66% per chi ha superato il terzo mandato, ma raggiungerlo senza un avversario sarà sicuramente più facile. Barelli può tirare un sospiro di sollievo. E forse anche la premier Meloni, che proprio non aveva bisogno di un’altra grana nel governo.