Annullare la nomina di Francesco Curcio a procuratore capo di Catania, “poiché la votazione è stata inficiata dalla lesione del diritto alla sottoscritta di partecipare alla seduta e far valere il proprio voto”, in quanto “terrorizzata, forzata e violentata psichicamente“. È la clamorosa richiesta avanzata al Consiglio superiore della magistratura da Rosanna Natoli, la consigliera laica di Fratelli d’Italia travolta dallo scandalo per aver incontrato in privato, da componente della Sezione disciplinare, una giudice sotto processo proprio di fronte a quel collegio, affermando di essersi interessata al suo caso perché “amica degli amici” (l’audio). Natoli, vicinissima al presidente del Senato Ignazio La Russa, finora è rimasta aggrappata alla poltrona nonostante il pressing per farla dimettere arrivato dal capo dello Stato Sergio Mattarella, presidente di diritto del Csm. L’11 settembre l’organo dovrebbe votare sulla sua sospensione della carica, possibile in seguito all’indagine aperta nei suoi confronti dalla Procura di Roma. E lei, accerchiata, sceglie di passare al contrattacco: in una lettera depositata giovedì 5 settembre alla Segreteria generale, si dipinge come vittima di un ricatto da parte dei togati progressisti di Area e Magistratura democratica (Md) per non farla partecipare al plenum che doveva scegliere il capo dei pm etnei, risalente a metà luglio, negli stessi giorni in cui è esploso il caso che la riguardava. Nel testo l’avvocata siciliana chiede al vicepresidente Fabio Pinelli, al Comitato di presidenza e agli altri consiglieri l'”annullamento e/o revoca in autotutela delle delibere trattate durante il plenum del 17 luglio 2024, e in specie della delibera di conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore di Catania al dott. Curcio, confidando che per il futuro la sottoscritta, eletta, si sottolinea, dal Parlamento in seduta comune, possa esercitare le proprie prerogative consiliari libera da qualsivoglia condizionamento esterno e da atti ostruzionistici sperimentati nelle precedenti consiliature”.

Il caso-Catania – Ripercorriamo la vicenda. Il 16 luglio Carlo Taormina, avvocato della magistrata catanese Maria Fascetto Sivillo, deposita alla Sezione disciplinare una chiavetta Usb contenente l’audio del colloquio tra la sua assistita e Natoli, avvenuto alcuni mesi prima. Il contenuto è indifendibile: la giudice disciplinare dà suggerimenti alla sua “imputata” sulla strategia difensiva, fa l’elenco dei conoscenti che l’hanno “raccomandata” e le racconta persino gli “umori” della camera di consiglio, ammettendo di stare violando un segreto d’ufficio. La protetta di La Russa si dimette all’istante da componente del “tribunalino” delle toghe, ma non dal ruolo di consigliera. Il giorno dopo, mercoledì 17 luglio, all’ordine del giorno del plenum c’è l’importantissima nomina del capo dei pm di Catania, che si gioca all’ultimo voto tra Curcio, procuratore di Potenza e candidato dell’area progressista, e Francesco Puleio, aggiunto alla Procura etnea, spinto dalle destre. Nonostante la bomba deflagrata appena poche ore prima, Natoli sceglie contro ogni pronostico di presentarsi a palazzo Bachelet, intenzionata a partecipare al voto. A quel punto, come raccontato dal Fatto, i consiglieri progressisti (in particolare quelli di Area) si mobilitano per impedire quella che viene percepita come un’inaccettabile sfida all’istituzione. Alla laica di FdI viene fatto sapere che, se si presenterà in plenum, gli altri consiglieri leggeranno durante la seduta – trasmessa in diretta su Radio Radicale – stralci del suo dialogo con Fascetto, in quel momento non ancora divulgato alla stampa (lo sarà solo il giorno dopo). Lei cede e se ne va. La sua assenza, almeno sulla carta, risulta decisiva: Curcio passa con 14 voti contro 13, solo uno in più del rivale. Così dalla stampa di destra si inizia ad accreditare la teoria del complotto. In realtà, però, per rimandare la votazione sarebbe bastato chiedere un rinvio di cortesia, opzione per prassi a disposizione di qualsiasi consigliere.

La laica di FdI: “Minacciata e costretta ad andarmene” – Ecco come Natoli ricostruisce nel suo “esposto” quelle ore convulse. “Il 17 luglio 2024, data fissata per il plenum in cui vi era all’ordine del giorno, fra l’altro, la nomina del procuratore della Repubblica di Catania, mi sono recata al Csm per partecipare ai lavori consiliari. Non appena arrivata nella mia stanza, si sono ivi catapultati i consiglieri: Bertolini, Giuffrè, Eccher e Aimi (tutti laici eletti dai partiti di centrodestra, ndr). Mi veniva riferito che la consigliera Francesca Abenavoli (togata di Area, ndr), a nome di tutto il gruppo di Area e di Md, aveva comunicato al vicepresidente che qualora fossi entrata in aula consiliare per partecipare ai lavori del plenum avrebbero, in apertura ed in collegamento con Radio Radicale, diffuso, mediante lettura, la trascrizione del contenuto della chiavetta Usb depositata dalla Fascetto Sivillo e, conseguenzialmente, richiesto pubblicamente le mie dimissioni e inviato gli atti in Procura“. E qui l’esponente di FdI entra nella parte della martire: “Terrorizzata, forzata e violentata psichicamente dalle parole e dalle intenzioni riferitemi dai consiglieri di Area e Md, e non avendo avuto neanche il tempo di riflettere in merito alla genuinità o meno della chiavetta Usb depositata da parte della Fascetto Sivillo, temendo la ripercussione mediatica minacciatami da quei gruppi consiliari, sono stata “costretta”, mio malgrado ad allontanarmi da palazzo Bachelet, e a non presenziare ai lavori del plenum e soprattutto alla votazione per il conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore di Catania, alla quale tenevo particolarmente, essendo il Tribunale dove ho esercitato la professione di avvocato per oltre vent’anni”.

“Condannata senza processo, Pinelli non mi ha difesa” – “In conseguenza di tale fortissima pressione psicologica“, prosegue l’avvocata, “sono stata “costrettaa non votare con conseguente approvazione della proposta di nomina del dott. Curcio: infatti, era da tutti conosciuto che tra le due proposte formulate dalla Quinta Commissione (competente sugli incarichi direttivi, ndr) il mio voto sarebbe andato al dott. Puleio”, afferma. E si lancia in un lungo j’accuse non solo contro i togati progressisti, ma anche contro il vicepresidente Pinelli, avvocato eletto in quota Lega, “colpevole” di non averla difesa e anzi di averle consigliato di andarsene. “I consiglieri di Area e Md prima di rivestire la veste di “politici” avrebbero dovuto ricordare di essere “giuristi” e dare il giusto peso a una registrazione proveniente da una parte sottoposta a procedimento disciplinare, già definito da quasi quattro mesi (ma in realtà altri procedimenti erano in corso, ndr) la cui trascrizione è stata profusa in una consulenza di parte NON GIURATA, anziché condannarmi senza PROVA CERTA E SENZA processo” (i maiuscoli sono della consigliera). “Altrettanto, il vicepresidente avrebbe dovuto far rispettare le norme contenute nel regolamento e, soprattutto, denunciare l’illegittima condotta che mi veniva paventata anziché invitarmi ad abbandonare palazzo Bachelet. In uno STATO DI DIRITTO (sic!!) è bastata l’accusa, di una parte interessata, per impedire a un Consigliere di esercitare le PREROGATIVE DELLA FUNZIONE, IN PRIMIS DI ESERCITARE IL PROPRIO DIRITTO DI VOTO” (maiuscoli e punteggiatura sempre dell’autrice). “E ciò che mi fa maggior specie”, conclude, “è che tali comportamenti siano provenuti da fior fiori di giuristi, che dovrebbero essere abituati a condannare sulla base di PROVE CERTE E DOPO UN GIUSTO PROCESSO”.

La smentita di Miele (Md): “Nessuno ha parlato a mio nome” – Nel pomeriggio di giovedì, la ricostruzione della vicenda fatta da Natoli è stata smentita con un comunicato da Mimma Miele, consigliera togata di Magistratura democratica: “Leggo con assoluto stupore la nota inviata dalla cons. Natoli. Assoluto stupore che diventa totale laddove si afferma che i cons.ri Aimi, Bertolini, Giuffrè ed Eccher le avrebbero riferito che la cons.ra Abenavoli, in una asserita conversazione con il vicepresidente, avrebbe parlato a nome dei giudici di Area e di Md. Ebbene, in disparte la verifica su se l’incontro sia avvenuto e su che cosa sia stato detto nel corso del medesimo, smentisco in maniera assoluta di aver delegato alcun consigliere o consigliera a parlare a mio nome, essendo notorio che, come è mio costume, quando devo dire qualcosa provvedo direttamente senza delegare alcuni (essendo, peraltro, unica consigliera eletta per Md). Chiedo nel contempo che i consiglieri Aimi, Bertolini, Giuffrè ed Eccher vogliano rendere noto da chi ed in quali circostanze avrebbero appreso la notizia (ribadisco infondata) che la asserita comunicazione al vicepresidente sia stata fatta a nome e per delega di Md. Con riserva di adire ogni forma di tutela, mia e del gruppo che rappresento, nelle sedi opportune”.

La revoca della delibera chiesta dalla laica di FdI molto difficilmente diventerà realta. Ma un effetto c’è già stato: a quanto apprende l’Ansa, alcuni dei candidati sconfitti alla carica di procuratore di Catania stanno valutando l’ipotesi di presentare ricorso contro la nomina di Curcio “appoggiandosi” anche sulla presunta irregolarità della votazione. Dal mondo della magistratura, la prima reazione all’iniziativa di Natoli è arrivata da GiovanniCiccioZaccaro, giudice di Corte d’Appello a Roma e segretario di Area, il gruppo progressista accusato dalla consigliera di aver coartato la sua volontà. “Rispetto la persona umana, soprattutto quando sbaglia, e cerco di comprenderne le debolezze. Ma tutto ha un limite”, attacca. “La consigliera Natoli, che a inizio estate ha svilito il suo ruolo costituzionale, ora dice di essere stata sopraffatta dalla minaccia e dalla violenza, come se fosse una delle povere vittime di estorsione che ogni giorno vediamo nei palazzi di giustizia. In tanti speravano facesse un passo indietro per il bene delle istituzioni repubblicane. Ora non possiamo che affidarci alle ragioni del diritto e alle norme che regolano la permanenza nelle funzioni dei consiglieri superiori che violano i precetti di disciplina ed onore connessi al loro ruolo”, conclude, riferendosi al prossimo voto sulla sospensione.

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