Un divieto imposto nel 2021. Un’assurdità che ha colpito il mondo islamico e che persiste da anni, tanto da attirare addirittura l’interesse della BBC. Proprio un reportage pubblicato sul portale online dell’emittente pubblica inglese ha fatto tornare in auge il comune italiano di Monfalcone e il suo “no” al cricket. La BBC infatti racconta come ancora oggi migliaia di bengalesi sono costretti a giocare a cricket lontani dalla città situata in provincia di Gorizia. Tutto per un divieto voluto dalla sindaca Anna Maria Cisint, attuale europarlamentare leghista. Una situazione raccontata nei minimi dettagli dalla BBC e documentata dalle testimonianza di chi è vittima di queste limitazioni. L’eco del servizio pubblicato oggi venerdì 6 settembre ha costretto Cisint a una replica. Ma andiamo con ordine.

A Monfalcone è vietato giocare a cricket: “Non è una priorità”
Dicembre 2021. A Monfalcone sta per andare in scena la Festa dello Sport annuale. Oltre i classici sport, c’è anche il cricket rappresentato dalla comunità bengalese, la più numerosa del Comune. Ben 22 ragazzi sono pronti a scendere in campo ma il Comune vieta tutto perché “le squadre non risultano iscritte al Coni”. Da qui, scoppiano le prime polemiche contro la sindaca Cisint. La protesta del presidente regionale del Coni è chiara: “Ma quale certificato? La documentazione medica è necessaria solo per gli eventi organizzati da federazioni, società sportive ed enti di promozione: non è questo il caso della Festa dello sport”. La decisione non cambia e anche quando l’ambasciatore del Bangladesh visita Trieste per illustrare un progetto riguardante la creazione di un’accademia sportiva per il cricket, la risposta di Cisint è sempre la stessa: “Non è una mia priorità“. E per chi non rispetta le regole, ecco la multa (di 100 euro).

La ripresa della BBC
Tre anni dopo, la notizia torna a far scalpore. E c’è lo zampino della BBC che riporta in luce questo assurdo divieto. Oggi, gli appassionati di cricket devono accontentarsi di un piccolo appezzamento di cemento – alle porte dell’aeroporto di Trieste – per poter giocar. “Se giocassimo a Monfalcone, la polizia sarebbe già arrivata per fermarci”, parola del capitano della squadra Miah Bappy. Per chi non rispetta le regole, si è facilmente identificabili a causa di alcune telecamere di sicurezza distribuite nel parco locale. “Dicono che il cricket non è per l’Italia. Ma ti dico la verità: è perché siamo stranieri“.

Su 30mila abitanti, a Monfalcone quasi un terzo sono stranieri e il loro sport nazionale è il cricket. La limitazione non può che provocare amarezza e disdegno, ma è in linea con le politiche dell’amministrazione leghista. La sindaca Cisint è stata eletta nel 2016: in otto anni di mandato, ha rimosso le panchine nella piazza cittadina dove un tempo sedevano i bengalesi e si è scagliata contro l’abbigliamento delle donne di fede musulmane in spiaggia. Cisint ha pubblicato un libro-intervista dal titolo Ora basta. Immigrazione, islamizzazione, sottomissione. Inoltre, chiuse le moschee di Monfalcone (situazione che il Tar dichiarò illegittima) e paragonò i copricapi delle bambine a dei sacchi in testa perché, a detta sua, “gli islamici vogliono sottometterci“.

Non creiamo problemi. Paghiamo le tasse. Ma non ci vogliono qui”, racconta un operaio del cantiere navale alla BBC. E molti dei giocatori che hanno visto estromettere sotto i loro occhi i campi da gioco, sono gli stessi che lavorano per Fincantieri: “Se tutti torniamo in patria domani, il cantiere navale impiegherebbe cinque anni per costruire una sola nave”. I bengalesi di Monfalcone affermano che le restrizioni della sindaca hanno avuto un enorme impatto negativo sulla comunità musulmana. “Pensa che i bengalesi stiano cercando di islamizzare l’Italia, ma noi ci facciamo solo i fatti nostri”, racconta la diciannovenne Meheli che diverso tempo fa è stata insultata e molestata per strada a causa delle sue origini bengalesi. Oggi, grazie alla già citata sentenza del Tar, a Monfalcone i musulmani hanno un loro spazio per la pregheria. Lo stesso però non si può dire per il cricket.

La replica della sindaca
“Se si gioca a cricket in aree vietate con rischio per l’incolumità pubblica, è doveroso che il Comune faccia in fondo la propria parte con tutti i provvedimenti che si rendono necessari”, è quanto si legge dalla nota di Anna Maria Cisint in risposta al reportage della BBC. “Non saranno certo la diffusione di servizi giornalistici fasulli, come quello che discredita la serietà della BBC a intimidire la mia azione che risponde a un’esigenza che non riguarda solo la realtà locale e che tocca questioni profonde come l’erogazione di benefici a carico delle finanze pubbliche senza controllo su redditi, proprietà e diritti reali, come quelli per gli assegni familiari concessi ai familiari all’estero”. Rifiuto totale, per Cisint c’è solo una soluzione: “Se si vuole realizzare un impianto di questo genere, in un’area privata e nel rispetto di ogni regola di sicurezza, se lo facciano gli interessati, come è avvenuto per altri giochi del genere come il padel”.

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