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Elezioni Usa, Washington accusa Mosca: oltre 30 siti di disinformazione per inquinare il voto

Per il procuratore Garland gli agenti russi hanno lo stesso obiettivo del 2016 ma le operazioni sono diventate "più veloci". Allo scopo di ingannare i lettori americani, gli hacker utilizzavano anche siti simili ai media tradizionali, come Cnn California: che in realtà non esiste

Operazione “Doppelganger”. Mosca, denuncia il dipartimento di Giustizia americano, continua a voler influenzare l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi. Bloccati oltre 30 siti impiegati per rimbalzare disinformazione legati ad account della campagna che nel 2022 è stata battezzata “Doppelganger”, (“doppio”). Secondo gli analisti è iniziata nel primo anno del conflitto ucraino: nei mirini aveva Zelensky, Biden, […]

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Operazione “Doppelganger”. Mosca, denuncia il dipartimento di Giustizia americano, continua a voler influenzare l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi. Bloccati oltre 30 siti impiegati per rimbalzare disinformazione legati ad account della campagna che nel 2022 è stata battezzata “Doppelganger”, (“doppio”). Secondo gli analisti è iniziata nel primo anno del conflitto ucraino: nei mirini aveva Zelensky, Biden, Stati alleati di Kiev in Ue; adesso però si concentra sulle urne Usa di novembre. Per il procuratore generale Merrick Garland l’obiettivo dei russi rimane lo stesso del 2016, ma queste operazioni diventano sempre “più veloci”.

Nell’atto d’accusa di 32 pagine del dipartimento di Giustizia Usa si punta l’indice anche contro l’ex premier russo ed attuale vice capo di stato maggiore Sergei Kiriyenko, incaricato della gestione dei “nuovi” territori russi in Ucraina. Nel lungo documento svettano tutti i nomi dei vertici di Rt, Russia Today: anche quello della numero uno della tv Margarita Symonian e quello della sua vice. Rischiano 20 anni di prigione i due impiegati della società, Kostantin Kalashnikov e Elena Afansyeva, per violazione della legge Fara (Foreign Agents Registration Act) e riciclaggio di denaro. Sono accusati di aver finanziato società specchio usate, tra l’altro, per pompare denaro nella società Tenet media, piccola stella polare nella galassia digitale della destra americana.

Agli influencer – per video che sui social hanno avuto anche 16 milioni di visualizzazioni – i pagamenti arrivavano dal misterioso quanto inesistente magnate belga Eduard Grigorian. I fondatori dell’azienda del Tennesee, Lauren Chen (nickname Roaming Millennial) e suo marito Liam Donovan, sapevano che dietro i soldi c’era Mosca, sostengono i funzionari americani; ignari sarebbero stati invece i volti che producevano video su temi cari al Cremlino o pro- Trump. Uno di loro, con oltre due milioni di follower, è stato pagato 400mila dollari per 4 video divisivi a settimana su inflazione, immigrazione, isolazionismo. Il dipartimento americano ora promette anche 10 milioni di dollari a chi fornirà informazioni sul gruppo di hacker russi Rahdit, che secondo Washington, è collegato a Rt, e a Aleksey Garashchenko, funzionario dell’intelligence russa.

“Nel 2016 c’era un caso di cambiamento della narrazione” ha detto un agente in via anonima al Washington Post: “Nel caso Doppelganger, stavano cercando di ingannare le persone facendogli credere che stessero guardando normali giornali o servizi di informazione”. Molti dei siti bloccati infatti avevano nomi ingannevoli, simili a quelli dei media tradizionali, come “Cnn California”. Il Cremlino non ha preso sul serio l’ennesima accusa. Nell’email ricevuta dagli americani dai russi in risposta alle sanzioni – scrive il quotidiano – tra gli altri messaggi ironici c’era anche un “Hahahaha!”.