Jussef Baron Motkar Loka, diciottenne di origini egiziane, la scorsa notte è morto carbonizzato a causa di un incendio nella cella del carcere milanese di San Vittore che condivideva con un altro detenuto. Il ragazzo era stato arrestato qualche mese fa per rapina e si trovava in carcere in custodia cautelare in attesa di giudizio. Il rogo all’interno della cella sarebbe partito da un materasso. La procura di Milano indaga: il pm Carlo Scalas ha aperto un fascicolo e iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo il compagno di cella: un’ipotesi tecnica necessaria per procedere con tutti gli accertamenti del caso, tra cui l’autopsia sul corpo del giovane. Non si esclude che il rogo appiccato al materasso potesse essere una forma di protesta compiuta da entrambi e finita in tragedia.

Il 18enne era stato assolto due volte, quando era ancora minorenne, per vizio totale di mente. In entrambi i procedimenti a suo carico, sempre per rapina, dalla perizia psichiatrica era infatti risultato incapace di intendere e volere. “A 15 anni era finito in un campo di concentramento in Libia, esposto continuamente alla violenza”, spiega l’avvocato Monica Bonessa che lo assisteva prima che raggiungesse la maggiore età. “Era arrivato in Italia su un barcone con mani e piedi legati. Un’esperienza di cui lui non riusciva nemmeno a parlare. Gli era stato diagnosticato un politrauma in un quadro clinico grave ed era stato ritenuto socialmente pericoloso per sé e per gli altri”.

Da quanto sta ricostruendo polizia Scientifica e agenti della penitenziaria, i due detenuti che dividevano la cella avrebbero iniziato a dar fuoco ad alcuni oggetti. Fiamme appiccate con un accendino, ma che poi sarebbero divampate. Mentre uno dei detenuti iniziava a gridare per attirare l’attenzione e far arrivare i soccorsi, il 18enne avrebbe trascinato il materasso in fiamme in bagno, forse nel tentativo di spegnere il fuoco, ma sarebbe rimasto bloccato. Resta da chiarire lo stato psichico dei due compagni di cella e se le loro condizioni erano compatibili con la detenzione nel carcere più affollato d’Italia.

“Una morte drammatica, che racconta dello stato di profonda crisi in cui versa il nostro sistema penitenziario che, da gennaio, ha fatto registrare 69 suicidi e altre 104 morti tra le persone detenute e 7 suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria”, commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che chiede sia istituita una commissione parlamentare d’inchiesta sulle carceri. Pd e Italia viva parlano di “inerzia inaccettabile” del governo. Il Garante dei detenuti di Milano, Francesco Maisto, afferma che “in un carcere che ha un sovraffollamento spaventoso come San Vittore, nonostante tutte le precauzioni, questi fatti purtroppo vanno messi in conto” e parla di “grande tristezza per l’aumento delle morti in carcere, sia per suicidio sia per mancanza di cure adeguate, in un clima di indifferenza generale”.

“L’incendio sembrerebbe appiccato dagli stessi detenuti, come ormai avviene con assidua frequenza”, dice Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria. “Non crediamo possa parlarsi di suicidio, ma è un’altra morte che si aggiunge ai 70 detenuti e ai 7 agenti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno in quello che sempre più appare come un bollettino di guerra“. “Quanto accaduto a San Vittore mette ancora una volta a nudo la crisi senza precedenti del sistema penitenziario e se le conseguenze non sono state ancora più gravi lo si deve solo al pronto e professionale intervento della Polizia penitenziaria che, depauperata negli organici, stremata nelle forze e mortificata nell’orgoglio è intervenuta mettendo in salvo il secondo recluso e impedendo che le fiamme si propagassero al resto del carcere”, dice dal canto suo De Fazio, ricordando l’indice di sovraffollamento e le carenze di personale del carcere milanese: “A San Vittore sono letteralmente stipati 1.100 detenuti, a fronte di 445 posti disponibili, con un sovraffollamento di oltre il 247%, sorvegliati da 580 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, distribuiti su più turni e compresi gli addetti agli uffici e ai servizi vari, rispetto a un fabbisogno di almeno 700, con una scopertura del 17%“.

“A San Vittore si registra un sovraffollamento di oltre il 247%, le condizioni detentive e di chi lavora all’interno dell’istituto sono drammatiche”, aggiunge il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano Antonino La Lumia. “È un mondo inimmaginabile e lontano per i cittadini, ma di cui le istituzioni si devono fare carico unite. La realtà del carcere non ha bisogno di strumentalizzazioni o rappresentazioni di propaganda. È fondamentale mettere in campo un lavoro istituzionale unitario, che vada oltre le appartenenze politiche. In gioco c’è il nostro senso di umanità e di civiltà. Non vi è alcun dubbio sul fatto che i reati debbano essere puniti; il punto è affrontare le reali necessità di un mondo complesso. Occorrono interventi del governo decisi e urgenti anche dal punto di vista dell’aumento del numero di personale specializzato in grado di affrontare gli aspetti psichiatrici e che si affianchi alla polizia penitenziaria”.

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