“In due minuti ci hanno detto dall’alto che il nostro stabilimento dovrà chiudere. Uno tsunami inaspettato”. Rossella è uno dei 115 lavoratori dello stabilimento Barry Callebaut di Verbania. La multinazionale del settore dolciario giovedì mattina ha convocato le rappresentanze sindacali per annunciare la chiusura dell’impianto piemontese. Il motivo? “Limitata redditività futura e la complessità logistica del sito” spiega l’azienda. Una spiegazione respinta dai lavoratori e dai sindacati. “Non abbiamo avuto segnali, durante tutti gli incontri precedenti ci dicevano che andava bene e c’erano i volumi” racconta Rossella che lavora qui da 32 anni. Anche suo marito è un dipendente della fabbrica. E adesso il pensiero va al mutuo da pagare e alle spese da affrontare. “Non siamo numeri, ma siamo persone con famiglie e bambini” prosegue la lavoratrice. “Questo è uno stabilimento che a livello di redditività è sempre stato nella fascia medio alta del gruppo – racconta al ilFattoQuotidiano.it Emilio Capacchione, segretario generale Fai Cisl Piemonte – e negli ultimi cinque anni abbiamo avuto record di volumi rispetto al passato”. Dietro alla volontà di chiusura spiegano le rsu ci sarebbe “la volontà di spostare i volumi verso altri siti”. E così i lavoratori promettono battaglia. Venerdì mattina hanno marciato per le strade di Verbania fin sotto al Comune dove hanno raccolto la solidarietà delle istituzioni locali. Intanto il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio si è confrontato con il ministro del made in Italy Adolfo Urso. “Combatteremo fino alla fine – promettono i lavoratori – perché siamo persone, non numeri”.
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