Moda e Stile

Tutti a caccia di capi di lusso nei mercatini: su TikTok è tempo di “thriftare”. Ecco cos’è il nuovo trend fashion che conquista la GenZ

Lo shopping adesso si fa tra le bancarelle dei mercati rionali. Ma non senza qualche problema

di Flavia Iride
Tutti a caccia di capi di lusso nei mercatini: su TikTok è tempo di “thriftare”. Ecco cos’è il nuovo trend fashion che conquista la GenZ

Se c’è una cosa di cui la Gen Z sembra essere ossessionata, quella sono i mercatini. La generazione nata con internet e cresciuta con i social e la globalizzazione ha invece riscoperto il piacere dello shopping non solo offline, ma per di più locale, del vintage e del second hand. Un’inclinazione che non sorprende se si pensa che è la stessa generazione che ha fatto della sostenibilità il suo vessillo. È tra i meandri delle bancarelle che nasce quindi il trend social del thriftare. Un termine italianizzato derivato dall’inglese “thrift”, ovvero “risparmiare”. Ed effettivamente l’obiettivo di questi nuovi video virali su Instagram e TikTok è quello di accaparrarsi, tra gli stand di mercati e fiere, capi di lusso vintage o di seconda mano a prezzi stracciati.

“Vi porto con me a thriftare”, è la frase ricorrente con cui si aprono la maggior parte dei video che ritraggono ragazzi e ragazze recarsi ai mercatini rionali alla ricerca di outfit a prezzi convenienti o semplicemente di cogliere l’occasione per acquistare un capo di un brand di lusso a 10 o 20 euro. Probabilmente la pratica di rovistare tra le bancarelle dei mercati alla ricerca dell’affare è una cosa che molti hanno sempre fatto, solo che adesso il popolo del web gli ha dato un nome e lo ha reso più cool per un pubblico ben preciso: lo stesso che fin qui ha thriftato online, su app di shopping second-hand come Vinted e Vestiaire Collective. Ma thriftare online con tanto di spedizioni internazionali veniva meno ad una logica di sostenibilità di cui queste piattaforme si sono fatte portavoce. Per una t-shirt acquistata a poco più 10 euro magari si finiva con lo spendere altrettanto per le spese di spedizione e far viaggiare il pacco da uno Stato all’altro –appunto– solo per una maglietta da 10 euro, con conseguenti emissioni di carbonio non indifferenti. È stato a quel punto, complice anche la volontà di abbattere ulteriormente i costi di acquisto e di avere subito tra le mani il prodotto desiderato, a far riversare lo shopping vintage e second-hand sui mercati dando vita a questo nuovo trend.

Creator e non hanno poi intrapreso una serie di challenge che hanno ulteriormente incuriosito e avvicinato il pubblico del web. Ne è un esempio la creator @pappudash che in una specie di “testa o croce” 2.0, si è affidata a Siri per scegliere se prendere o lasciare i capi trovati durante la sua sessione di thrift; oppure Roberta Lizza che crea total look per le sue amiche a meno di 50 euro. D’altra parte sono diventati popolari i video di chi i capi (di lusso e non) acquistati, li trasforma con styling innovativi sotto l’hashtag #thriftflip. C’è anche chi riempie le bacheche dei social con video haul, ovvero dei svuota spesa che mostrano il bottino, in una gara a chi compra di più a meno e a chi riesce a scovare la chicca vintage di brand di lusso a poco prezzo.

Non è tutto sostenibile quel che è vintage
Ma se non è tutto oro ciò che luccica, non tutti gli acquisti al mercato sotto casa sono sostenibili. Thriftare ha aperto un’altra annosa questione: seppur dare una seconda vita agli abiti ha un’impatto positivo, anche l’iperconsumo di capi e accessori vintage può diventare insostenibile per il pianeta. Il rischio è che la popolarità di questo trend e l’aver reso lo shopping una sfida virale e divertente, sfoci in un accumulo compulsivo di oggetti inutili che poi finiscono comunque in un cassonetto, magari senza averli mai indossati. D’altra parte, chi ha sempre thriftato per scelta e non per moda, ha iniziato ad accusare una certa gentrificazione del fenomeno. I rivenditori, consci del trend del momento, hanno iniziato ad aumentare i prezzi degli articoli per ottenere maggiore profitto. Questo verrebbe meno ad una visione di sostenibilità sociale che –almeno in principio – era intrinseca nel thriftare.

Il vantaggio di thriftare era infatti quello di dimostrare che tutti, anche chi non ha un reddito sufficiente ad acquistare abiti e accessori di lusso, può creare outfit cool con capi dei migliori brand, a poco prezzo e senza inquinare. “Comprare tanti vestiti al mercato non è una scelta sostenibile. Certo è che se volete acquistare ogni settimana capi nuovi, meglio comprarli al mercato di seconda mano che, ad esempio, da Shein ma in realtà si sta solo spostando il desiderio spasmodico di comprare vestiti nuovi. Il problema odierno non è dove si compra ma quanto si acquista e quanto spesso”, spiega su TikTok l’esperta di moda sostenibile Cristina Valli, meglio conosciuta sui social come (In)sostenibile Cristina.

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