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12enne inala del deodorante spray e rischia la morte: cos’è il Chroming, la nuova pericolosa sfida social. Il monito: “Genitori, attenzione a pennarelli indelebili o evidenziatori”

La sfida pare sia diffusa fra i ragazzini e bambini, che usano allo scopo benzina, acetone o anche i pennarelli indelebili o gli evidenziatori

Poteva perdere la vita, ma questa volta gli è andata bene. Un ragazzino di 12 anni, Cesar Watson-King, della cittadina inglese di Doncaster, ha visto in faccia la morte dopo aver emulato una pericolosa tendenza sui social media, chiamata Chroming, ossia quella di inalare gas deodorante. Un gesto che ha avuto conseguenze drammatiche, provocandogli un arresto cardiaco. Lo riporta il Daily Mirror con tanto di foto della madre del ragazzino che ritrae i soccorritori arrivati con l’ambulanza che eseguono manovre di rianimazione cardiaca. Dopo essere stato trasportato d’urgenza in ospedale, Cesar ha avuto ulteriori convulsioni, per poi essere posto in coma farmacologico. Ora il ragazzino è fuori pericolo, ma resta la grande paura e lo sconcerto per la causa di questo incidente.

Che cos’è il Chroming

Con il termine Chroming si intende una sfida – challenge – in cui è previsto che il partecipante inali dei fumi provenienti da una sostanza chimica. I prodotti che vengono utilizzati sono l’acetone, la vernice, la benzina o, come nel caso del ragazzino inglese, il contenuto della bomboletta di uno spray deodorante. Lo scopo è di ricavare da queste inalazioni uno stato di euforia, ma i rischi sono altissimi fino ad andare incontro anche alla morte. Il Chroming si è affacciato sui social fin dal 2018. Sembra sia nato in Australia e riprende il proprio nome da una pratica diffusa tra tossicodipendenti, che inalano i fumi derivati dalla vernice a base cromo.

La sfida pare sia diffusa fra i ragazzini e bambini, che usano allo scopo benzina, acetone o anche i pennarelli indelebili o gli evidenziatori. L’importante è inalare fumi leggermente tossici, in grado di provocare uno “sballo” o una sbornia. Purtroppo, i protagonisti di questi gesti sconsiderati sembrano ignorare i pericolosi rischi per la salute che vanno dal rallentamento dell’attività cerebrale, fino all’insorgere di danni permanenti al cervello, convulsioni, danni agli organi, soffocamento, coma, arresto cardiaco e morte.

Il parere dell’esperto
“ll Chroming è una pratica estremamente pericolosa. Per farsi un’’idea dei disastri che provoca l’inalare sostanze chimiche di prodotti comuni come spray deodoranti, vernice, colla, benzina basta ricordare i ragazzini delle favelas brasiliane di San Paolo o delle discariche di Nairobi ridotti a zombie!”, spiega al FattoQuotidiano.it il professor Claudio Mencacci, copresidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia) e Direttore emerito di neuroscienze al Fatebenefratelli – Sacco di Milano. “La novità è che i social media contribuiscono oggi a diffondere queste pratiche così pericolose, con una differenza: il chroming assume un carattere affascinante e di ‘normalizzazione’ del rischio. Nei ragazzi, tutto questo diventa oggetto di una tendenza virale e soprattutto di meccanismo di esibizione per attrarre l’attenzione dei propri coetanei. I danni possono essere molto gravi e manifestarsi fin dalla prima esposizione”.

Controllo sui social
Di fronte a un fenomeno di questa gravità è fondamentale quindi un’azione di sensibilizzazione. “Il compito dei genitori e degli educatori deve orientarsi sempre più nella direzione di rendere consapevole la gravità di certe pratiche”, sottolinea Mencacci. Ma non basta, se un fenomeno così pericoloso si ripropone con una certa frequenza, “diventa prioritaria la questione del monitoraggio dei social media e di come queste piattaforme digitali dovrebbero di fatto adottare politiche più rigorose per rimuovere quei contenuti che espongono gli utenti a danni così gravi come quello del Chroming”, continua l’esperto. “Non sempre sono sufficienti delle linee guida per la sicurezza dei contenuti. È necessario che queste siano applicate in maniera più efficace”.

Il monito delle favelas
“Teniamo conto che i social intercettano la sofferenza giovanile che, per sua natura, è sempre portata a fare esperienze, provare nuove frontiere. Anche purtroppo in modo disfunzionale che può compromettere la propria salute, fisica e psicologica. Fino a un annullamento della coscienza e di qualunque pensiero. Ripeto, la lezione delle favelas e dei ragazzini di Nairobi”, conclude Mencacci, “deve farci riflettere e intervenire in tempo”.