Il 19 agosto la giustizia egiziana ha condannato Giacomo Luigi Passeri all’ergastolo, con 25 anni da scontare in carcere in Egitto. Reato: traffico internazionale di stupefacenti. Ormai è notizia conosciuta. Eppure di scontato, in questa sentenza, non c’è nulla. E allora vale la pena, ancora una volta, riavvolgere il nastro.

È il 23 agosto del 2023 quando Luigi Giacomo Passeri viene arrestato al Cairo. Secondo i famigliari, in contatto con lui, per il possesso di una piccola dose di marijuana per uso personale. Secondo la magistratura per detenzione e traffico di stupefacenti.

Fatto sta che quel giorno entra nel Centro di correzione e riabilitazione di Badr, 65 km a est del Cairo, uno dei più duri d’Egitto, aperto nel 2022 da Al-Sisi. A partire da una decina di giorni dopo, cessano i contatti diretti con la famiglia. Arrivano però le sue lettere, lettere disperate e angosciate, in cui il ragazzo implora aiuto, lamenta la mancanza di beni di prima necessità, testimonia stati psicofisici di forte disagio fino ad alludere a possibili atti anticonservativi.

Nel frattempo, secondo il modus operandi della giustizia egiziana, saltano interrogatori, vengono rinviate udienze, mancano interpreti, i testimoni non si presentano. E così, la custodia cautelare va avanti inesorabilmente. Luigi racconta di ore e ore passate in una stanza in isolamento senza acqua, del trasferimento in una gabbia piena di escrementi e scarafaggi, con 12 detenuti accusati di omicidio e tentato omicidio, di torture e di un intervento di rimozione dell’appendice al seguito del quale sarebbe stato abbandonato senza cure.

A luglio di quest’anno, quasi un anno dopo, questa storia comincia a comparire su qualche organo di stampa. Mi informo, contatto la famiglia, deposito un’interrogazione chiedendo che l’Ambasciata italiana in Egitto garantisca assistenza e supporto affinché si svolga un equo e giusto processo in tempi celeri. Chiedo alla Farnesina di mobilitarsi per riportare in Italia Luigi.

Da un lato vengo rassicurato: Luigi Giacomo Passeri è vivo. Viene incontrato dal Console italiano a Il Cairo il 16 luglio. Il Console riferisce che è in salute e ricevere visite mediche. Certo – rifletto – Luigi non può permettersi di dichiarare di fronte ai suoi stessi carcerieri che viene maltrattato. Dall’altro lato, però, arrivano a Libero e Mediaset alcune notizie (e da chi, se non dalla Farnesina stessa?): si dice che Luigi sia stato operato d’urgenza perché portava in pancia 39 ovuli di cocaina. Io però – a differenza di Libero – ho le prove che sia stata un’operazione di rimozione dell’appendice, perché l’avvocato ci ha inviato il referto medico rilasciatogli dalle autorità egiziane.

Soprattutto, la campagna sembra fatta apposta per sollevare la Farnesina da ogni responsabilità. Passeri è un trafficante internazionale, merita il trattamento più severo. Peccato che no, non è questo ciò che prescrive il diritto internazionale.

Giacomo Luigi Passeri ha sempre avuto diritto a un giusto processo, a maggior ragione visto che prima del 22 maggio non ha avuto nemmeno un’udienza preliminare, è stato detenuto senza traduttori, sottoposto a un interrogatorio senza avvocati.

Non c’è bisogno di sapere di che cosa sia accusato. Alle istituzioni dovrebbe bastare sapere che, in base alla risoluzione Onu del 17 dicembre 2015 sul trattamento dei detenuti (le cosiddette “Regole Mandela”), tutti i prigionieri devono essere trattati rispettando la loro dignità, senza mettere in atto trattamenti inumani o degradanti; che a tutti deve essere garantito l’accesso a informazioni scritte sui loro diritti e sull’accesso alla consulenza legale; che tutti i detenuti hanno diritto a comunicare con la loro famiglia; che diverse categorie di detenuti devono essere tenute separate tenendo conto di genere, età, precedenti penali, la ragione giuridica per la loro detenzione; che a ciascuno devono essere adeguatamente forniti acqua, cibo, indumenti e biancheria pulita; che ogni carcere deve garantire l’accesso tempestivo a cure mediche in caso di urgenza.

Tutte condizioni che il Centro di correzione e riabilitazione di Badr ha negato e sta ancora negando a Luigi Giacomo.

Il 19 agosto – come dicevo – Passeri viene condannato. Indagini e interrogatori senza la presenza dell’avvocato, una confessione – secondo il fratello – che potrebbe essere stata estorta con la violenza, un processo farsa, insomma. E, soprattutto, troppi precedenti terribili per potersi fidare della giustizia egiziana. Eppure il ministro Tajani avalla la tesi egiziana del traffico di droga internazionale, riuscendo nell’intento di delegittimare Passeri per non aiutarlo. Per giustificare di non averlo mai aiutato.

Ora abbiamo bisogno delle motivazioni della sentenza, ma soprattutto di un intervento vero dal governo per riportare Giacomo Luigi Passeri in Italia. Giovedì scorso – mi racconta il fratello di Giacomo – c’è stata per fortuna una nuova visita consolare. Il ragazzo è ovviamente molto abbattuto dopo la sentenza, è stato visitato dal medico: fisicamente sta bene, ma ha un’infezione inguinale, probabilmente causata dalla scarsa igiene del luogo. Fortunatamente, l’Ambasciata si mostra ora molto presente.

Perciò mi rivolgo ancora alla Farnesina: abbiamo già sulla coscienza un anno della vita di questo ragazzo. Non spingiamoci oltre.

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