Non si fermano le aggressioni al personale sanitario del policlinico di Foggia. Nella notte tra domenica e lunedì, un paziente di 18 anni arrivato a causa di uno stato d’ansia nel pronto soccorso del Riuniti, ha picchiato tre infermieri ed è stato arrestato con l’accusa di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Poche ore dopo, nel pomeriggio, il figlio di un paziente che era in attesa si è scagliato contro due infermieri e un vigilante. L’aggressore aveva un braccio ingessato col quale ha colpito il personale sanitario. A quanto si apprende, il ragazzo aveva accompagnato in ospedale il padre che lamentava di non sentirsi bene. Mentre era in attesa dell’assegnazione del codice che definisce il tipo di emergenza, l’uomo ha avuto un mancamento e subito dopo è scattata la furia da parte del figlio. Le aggressioni seguono quella subita pochi giorni fa dal personale sanitario dello stesso policlinico, nel reparto di chirurgia toracica, da alcuni familiari e amici di una ragazza di 23 anni deceduta durante un intervento. In quel caso, erano state una cinquantina di persone a seminare il panico nel reparto, ferendo tre sanitari e costringendo alcuni loro colleghi a barricarsi in un ambulatorio.

La federazione dei medici: “Basta, non se ne può più” – In difesa del personale sanitario si è espressa la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo): “Basta, non se ne può più!”, ha detto il presidente Filippo Anelli. “O il governo e la Regione intervengono subito, o si chiuda l’ospedale. I medici e gli infermieri sono là per lavorare, per salvare vite: non sono bersagli mobili, punching ball pronti a essere colpiti più volte al giorno”. Anelli ha scritto alla premier chiedendo di “utilizzare i soldi del Pnrr per la sicurezza: abbiamo bisogno di un piano complessivo che contenga diverse misure da attuare subito, altrimenti ce ne andiamo tutti. Siamo stanchi, i colleghi sono disillusi e demotivati”. Il presidente dell’ordine ha chiesto un intervento immediato. “Mandate l’esercito, mandate chi volete, ma i medici devono essere protetti, devono lavorare in sicurezza, con serenità, devono uscire di casa senza chiedersi se rientreranno a fine turno. Cosa stiamo aspettando? Se non si riesce a garantire la loro incolumità, meglio chiudere l’ospedale. Non possiamo attendere che succeda, ancora, l’irreparabile. Per quanto riguarda le forze politiche abbiamo apprezzato che ci sia stata un’ondata di indignazione trasversale, che ha portato a interrogazioni e progetti di legge. Ma non possiamo aspettare, non abbiamo più tempo: al governo chiediamo un Decreto-legge che sani, con urgenza, questa situazione, che è diventata ormai insostenibile in tutta l’Italia”.

“In programma aumento di posti di polizia” – In serata le agenzie di stampa hanno battuto la notizia secondo cui è in programma un ampliamento del numero dei presidi di polizia presso gli ospedali. Nella fattispecie, ci sarà un orario di operatività più lungo con un incremento del personale destinato. Che, del resto, era già aumentato: dall’1 gennaio del 2023 all’8 agosto 2024 i posti di Polizia presso gli ospedali sono passati da 126 a 198, con un incremento di 72 unità, pari al 57,1%. Parallelamente, sono aumentati anche gli organici del personale on divisa impegnato, passato dai 299 iniziali agli attuali 435 (+45,4%).

Il direttore generale: “Bisogna avere rispetto reciproco e pazienza” – Per il presidente dell’Ordine dei medici di Foggia Pierluigi De Paolis “la violenza inaudita nei confronti dei medici e degli operatori sanitari è un segnale gravissimo. Il nostro Servizio sanitario nazionale è a rischio collasso: i medici più anziani possono decidere da un momento all’altro di dimettersi dai propri incarichi, i medici giovani non accettano borse di studio nelle scuole di specializzazione che comportano più rischi da un punto di vista di violenze e di denunce”. Mentre il direttore generale del policlinico Giuseppe Pasqualone ha ribadito: “Senza medici e personale sanitario non avremo più la possibilità di farci curare”, ha detto all’agenzia Ansa. “Bisogna tenere presente che tutta questa rabbia non serve a nulla. La sanità in tutto il mondo risente della cronica carenza di organico. Noi abbiamo un organico dimezzato, ma ci impegniamo in tutti i modi per assicurare cure a tutti. Bisogna avere rispetto reciproco e pazienza quando si giunge in pronto soccorso. Bisogna lasciare lavorare il personale in tranquillità. Ognuno cerca di fare il proprio lavoro. Cerchiamo di curare tutti ma bisogna avere comprensione”.

Regione Puglia: “Il governo disponga postazioni fisse di polizia” – Per il vicepresidente della Regione Puglia Raffaele Piemontese “occorre maggiore attenzione da parte del governo che deve disporre postazioni fisse della polizia nei Pronto Soccorso”. Proprio oggi Piemontese ha incontrato il personale del Pronto Soccorso: “La sicurezza è una responsabilità dello Stato; per quanto riguarda il sistema sanitario regionale abbiamo il dovere di ridurre al minimo ogni inefficienza soprattutto di ordine organizzativo che, quando si soffre, diventa un fattore di stress che può destabilizzare”. Piemontese ha anche incontrato uno degli agenti di Polizia che, ieri sera, sono stati feriti nel corso di un rocambolesco inseguimento di un ladro di auto, esprimendogli solidarietà e ringraziandolo per il suo lavoro che ha portato all’arresto del colpevole. Dopo la recente escalation, la segretaria dello Smi Puglia, Delia Epifani, ritiene “urgente la convocazione di un tavolo con i sindacati dei medici, le Regioni, il ministro della Salute e il ministro degli Interni per adottare proposte per accrescere le tutele dei medici, dei sanitari, per arrestare la violenza negli ospedali, nei presidi di continuità assistenziale e negli studi medici”.

La testimonianza dall’ospedale di Foggia – Alla luce delle tre aggressioni in tre giorni, ilfattoquotidiano.it ha chiesto una testimonianza a Domenico Parisi, chirurgo plastico dell’Ospedale di Foggia: “Da quando faccio questo lavoro, il rapporto medico paziente si è deteriorato – ha spiegato – È quasi come se il ruolo sociale del medico si sia perso col tempo. Ora la domanda è: perché? Io ne faccio una questione sociologica. Al ruolo del medico così come a quello svolto da altre figure chiave istituzionali – ha aggiunto – non viene dato il giusto valore non solo dai cittadini ma anche dalla politica“. Si tratta di una tendenza nazionale oppure il caso della città pugliese è un unicum? Per il professionista la questione è chiara: “È noto che a Foggia le condizioni sociali non siano particolarmente brillanti e chiaramente questa non è una questione da sottovalutare. Nel caso specifico – ha sottolineato Parisi – nell’aggressione della scorsa settimana dopo la tragica morte della giovane paziente, si sono incrociati eventi drammatici e l’episodio violento che si è verificato ha chiare implicazioni sociali”.

Secondo il chirurgo, ciò che non rappresenta una causa nell’escalation di violenza è l’organizzazione del Policlinico: “L’ospedale di Foggia è un buon istituto sanitario. È molto grande e nel meridione è il terzo dopo quello di Bari e di Napoli – ha specificato – Sono qui da diversi anni e ho sempre lavorato bene. È un ospedale completo ma risente di problemi tecnici legati alle tempistiche politiche, come per esempio quelli di gestione delle dirigenze. Ma si sa, questo non è un problema specifico di Foggia”. Sotto accusa, come spesso accade in questi casi, è la carenza di personale: “Non c’è un ospedale in Italia che non abbia questo problema – ha tenuto a specificare Parisi – La questione è strutturale perché serve che ci sia una volontà politica. Volontà che, al momento, non c’è. In tutti i pronto soccorso italiani, da nord a sud, le realtà sono simili, a prescindere dai substrati sociali”.

Lontanissimi i tempi i cui, causa Covid, si assicuravano assunzioni e rafforzamenti d’organico. Ancora Parisi: “Nonostante le promesse politiche, la situazione è peggiorata. Le aggressioni sono all’ordine del giorno. E per di più i pazienti che vanno al pronto soccorso oggi nel 70% dei casi potrebbero risolvere i problemi che riscontrano contattando il medico di base ma in molti casi non ricevono assistenza. Così si crea un sovraffollamento – ha spiegato il chirurgo – che potrebbe essere evitato ed è normale che le tempistiche si allungano, ma questo non può giustificare le aggressioni”.

(ha collaborato Mirea D’Alessandro)

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