Dopo essere stato presentato e discusso al Parlamento europeo a porte chiuse, il rapporto di Mario Draghi “The future of European competitiveness”, con le sue 170 proposte, viene illustrato ai comuni cittadini. Poco di nuovo rispetto a quanto trapelato in questi giorni. Come preannunciato, l’ex presidente del Consiglio punta molto sull’industria delle armi e sui fondi per difesa e auspica che più fondi europei vengano destinati allo sviluppo di questo settore per allentare la dipendenza da fornitori stranieri, Stati Uniti inclusi. I budget europei per armi e armamenti sono del resto decisamente inferiori (in proporzione al Pil) rispetto a quelli di Usa, Cina o Russia. La difesa è vista come uno dei settori strategici per il futuro del Vecchio Continente così come quelli dell’energia e dei semiconduttori.

Potrebbe essere una premessa per emancipare l’Europa da volontà e diktat statunitensi, con cui stabilire un rapporto più paritario. Ciò concederebbe all’Europa maggiori margini di manovra anche in tema di politiche commerciali e industriali, ma di questo, nel rapporto, non si fa menzione. Del resto Draghi è da sempre molto vicino a Washington. Sulla necessità di maggiori sforzi nel campo della difesa il rapporto ricalca peraltro quanto già scritto da un altro ex capo del governo italiano, Enrico Letta, nel suo documento sul mercato Ue. In ogni caso servono tanti soldi. E poche ore dopo la presentazione del documento Berlino ribadisce il suo “Nein!”, allo strumento del debito comune europeo prospettato da Draghi come via maestra per raccogliere denaro sui mercati.

Probabilmente Draghi sposa la massima Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, sii pronto per la guerra. Nell’introduzione del rapporto si legge infatti “I valori fondamentali dell’Europa sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di garantirli avrà perso la sua ragione d’essere. L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. L’unico modo per diventare più produttiva è che l’Europa cambi radicalmente”.

Come fare per migliorare produttività e competitività? Draghi suggerisce alcune strade. Una riguarda la governance dell’Ue e l’unanimità richiesta per alcune decisioni che rallenta, quando non paralizza, l’azione dell’Ue. “Finora, molti sforzi per approfondire l’integrazione europea tra gli Stati membri sono stati ostacolati dal voto all’unanimità. Dovrebbero quindi essere sfruttate tutte le possibilità offerte dai Trattati Ue per estendere il voto a maggioranza qualificata. Il voto a maggioranza qualificata dovrebbe essere esteso a più aree”, scrive quindi l’ex presidente della Banca centrale europea, auspicando anche, nei casi di stallo, il ricorso alla “cooperazione rafforzata”.

Per produrre una svolta servono soldi, tanti “Il fabbisogno finanziario necessario all’Ue per raggiungere i suoi obiettivi è enorme” e per raggiungere gli obiettivi indicati nel rapporto “sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023″, spiega Draghi. “Per fare un paragone, gli investimenti del piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue“, si legge.

Dove trovare le risorse? “Se le condizioni politiche e istituzionali sono presenti, l’Ue dovrebbe continuare, basandosi sul modello del NextGenerationEu, ad emettere strumenti di debito comune (una soluzione che non piace alla Germania, ndr), che verrebbero utilizzati per finanziare progetti di investimento congiunti volti ad aumentare la competitività e la sicurezza”. Nel testo viene spiegato che “L’emissione di asset” comuni “su base più sistematica richiederebbe un insieme più forte di regole di bilancio che garantiscano che un aumento del debito comune sia accompagnato da un percorso più sostenibile del debito nazionale”.

Il rapporto spiega quindi che “il bilancio dell’Ue dovrebbe essere riformato per aumentarne l’efficacia e l’efficienza, oltre a essere meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati”, istituendo “un ‘pilastro della competitività”. Nel testo si specifica che “le risorse finanziarie dell’Ue dovrebbero essere rifocalizzate su progetti strategici e obiettivi concordati congiuntamente, in cui l’Ue apporta il maggior valore aggiunto”. L’Ue dovrebbe dunque “semplificare la struttura del bilancio per raggiungere una scala sufficiente a sostenere i progetti strategici”, viene evidenziato nel rapporto, con la proposta di “raggruppare e ridurre il numero di tutti i programmi di finanziamento”.

Uniti alla meta – Stringersi più forte è, secondo Draghi, l’unica via per salvarsi in un mondo sempre più competitivo e frammentato. “Dobbiamo assumere un nuovo atteggiamento nei confronti della cooperazione: rimuovere gli ostacoli, armonizzare regole e leggi e coordinare le politiche. Esistono diverse costellazioni nelle quali possiamo avanzare. Ma ciò che non possiamo fare è non avanzare affatto. La nostra fiducia nel fatto che riusciremo ad andare avanti deve essere forte. Mai in passato la scala dei nostri Paesi è apparsa così piccola e inadeguata rispetto alla dimensione delle sfide. È da molto tempo che l’autoconservazione è una preoccupazione così comune. Le ragioni per una risposta unitaria non sono mai state così convincenti e nella nostra unità troveremo la forza di riformare la forza di riformare”, aggiunge Draghi.

“La competitività dell’Ue è attualmente compressa da due lati. Da un lato, le imprese dell’Ue devono far fronte a una domanda estera più debole, soprattutto da parte della Cina, e a crescenti pressioni competitive da parte delle imprese cinesi. La quota dell’Ue nel commercio mondiale è in calo, con una notevole diminuzione dall’inizio della pandemia. Dall’altro lato, la posizione dell’Europa nelle tecnologie avanzate che guideranno la crescita futura si sta riducendo“.

I settori critici – Il rapporto sottolinea che “per ridurre le sue vulnerabilità, l’Ue deve sviluppare una vera e propria politica economica estera basata sulla sicurezza delle risorse critiche. A breve termine, l’Ue deve attuare rapidamente la legge sulle materie prime critiche”. Il rapporto raccomanda quindi d’integrare questa legge “con una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici, dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio”. Per rafforzare la posizione dell’Europa nella fase di approvvigionamento, si propone di creare “una piattaforma europea dedicata alle materie prime critiche”.

L’Europa dovrebbe massimizzare i propri sforzi congiunti per rafforzare l’innovazione nei semiconduttori e la “propria presenza nei segmenti dei chip più avanzati”, si legge ancora. “Dopo la proposta di un European Chips Act, nell’Ue sono stati annunciati investimenti totali nella diffusione industriale per circa 100 miliardi di euro, sostenuti per la maggior parte dagli Stati membri sotto il controllo degli aiuti di Stato. Tuttavia, esiste il rischio che un approccio frammentato porti a uno debole coordinamento. Si propone pertanto di creare uno stanziamento di bilancio centralizzato dell’Ue dedicato ai semiconduttori supportato da un nuovo “fast track” come per gli Important Projects of Common European Interest (Ipcei)”, scrive Draghi nel documento.

Il peso della demografia – L’attenzione sulla competitività e la produttività deve essere ancora più importante poiché l’Europa, per la prima volta, “non potrà contare sull’aumento della popolazione” per incrementare la sua economia vista la curva demografica prevista. “Dal 2040 ci saranno 2 milioni di lavoratori in meno nell’Ue all’anno“, ha sottolineato Draghi.

Un declino demografico che, se non contrastato anche grazie all’immigrazione, mette a rischio anche la sostenibilità del welfare. “Lo stato sociale europeo sarà fondamentale per fornire servizi pubblici, protezione sociale, alloggi, trasporti e assistenza all’infanzia forti durante la transizione verso l’economia del futuro. L’Ue dovrà garantire che tutti i lavoratori abbiano diritto all’istruzione e alla riqualificazione“. Secondo Mario Draghi “L’Ue deve puntare ad avvicinarsi all’esempio statunitense in termini di crescita della produttività e innovazione, ma senza gli inconvenienti sociali del modello Usa”.

Le politiche ambientali – “Se agli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa corrisponderà un piano coerente per raggiungerli, la decarbonizzazione sarà un’opportunità per l’Ue. Ma se non riusciamo a coordinare le nostre politiche, c’è il rischio che la decarbonizzazione sia contraria alla competitività e alla crescita”, avverte Draghi nel suo Rapporto. “Anche se i prezzi dell’energia sono diminuiti considerevolmente rispetto ai loro picchi, le aziende dell’Ue devono ancora affrontare prezzi dell’elettricità che sono 2-3 volte quelli degli Stati Uniti. I prezzi del gas naturale sono 4-5 volte più alti.

Questo divario di prezzo è dovuto principalmente alla mancanza di risorse naturali in Europa, ma anche a problemi fondamentali del nostro mercato comune dell’energia. Le regole del mercato impediscono alle industrie e alle famiglie di cogliere appieno i benefici dell’energia pulita nelle loro bollette. Tasse elevate e le rendite catturate dagli operatori finanziari aumentano i costi dell’energia per la nostra economia”, osserva Draghi. Curiosamente l’ex premier non indica tra le cause dei coti dell’energia la guerra in Ucraina. Eppure da quando è iniziata il costo del gas in Europa è stabilmente doppio rispetto alle medie storiche pre-invasione.

Nel settore delle auto, guardando alla transizione verde e al previsto stop ai motori a diesel e a benzina nel 2035, in Ue si è verificato “un grave disallineamento” tra le richieste all’automotive e l’installazione delle colonnine di ricarica per le auto elettriche, nota Draghi in conferenza stampa. “Il sistema europeo di scambio di quote di emissione (Ets) è stata una misura importante per ridurre le emissioni, efficace”, ha evidenziato Draghi, mettendo tuttavia in luce a più riprese la necessità di “assicurarsi che tutte le politiche siano allineate: le politiche climatiche con le politiche industriali, quelle industriali con quelle commerciali, e così via”.

L’appello ad agire – “Dovremmo abbandonare l’illusione che solo la procrastinazione possa preservare il consenso. In realtà, procrastinare ha prodotto solo una crescita più lenta, e di certo non ha ottenuto più consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza un’azione, dovremo o compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà”, scrive Mario Draghi aggiungendo “Affinché la strategia delineata in questo rapporto abbia successo, dobbiamo iniziare con una valutazione comune della nostra situazione, degli obiettivi e della valutazione comune della nostra situazione, degli obiettivi a cui vogliamo dare priorità, dei rischi che vogliamo evitare e dei compromessi che siamo disposti ad accettare. Dobbiamo garantire che le nostre istituzioni democraticamente elette siano al centro di questi dibattiti. Le riforme possono essere veramente ambiziose e sostenibili solo se godono del sostegno democratico”.

“Attuare il rapporto o morire? Più che altro direi attuare il rapporto o rassegnarsi a una lenta agonia“, conclude Draghi rispondendo ad una domanda durante la presentazione. “L’immagine di una morte immediata è ingannevole, ci troveremo in uno scenario di una società che si riduce, anche dal punto di vista demografico. Vi faccio un esempio: il reddito disponibile negli Usa è raddoppiato negli utili 20 anni rispetto all’Europa e potrei continuare”.

Le reazioni. Il no tedesco – “Il prestito congiunto dell’Ue non risolverà alcun problema strutturale: alle imprese non mancano le sovvenzioni. Sono incatenate dalla burocrazia e da un’economia pianificata. E hanno difficoltà ad accedere al capitale privato. Dobbiamo lavorare su questo aspetto”. Lo scrive, su X, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Parlando con il sito Politico.eu il ministro tedesco, esponente dei Liberali, ha spiegato di “non essere d’accordo” con il lavoro dell’ex presidente della Bce. “Più debito pubblico costa interessi, ma non crea necessariamente più crescita”, ha aggiunto.

“Prima c’è la definizione di priorità e progetti comuni, poi ci sono due strade possibili: i finanziamenti nazionale o nuove risorse proprie. Sarà la volontà dei Paesi membri a decidere come si vuole agire”, dice la committente del Rapporto e presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen. “Siamo di fronte a una sfida esistenziale: per essere competitivi abbiamo bisogno di più innovazione e più investimenti comuni. Il messaggio di Mario Draghi all’Unione europea va ascoltato”, dice il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni, scrivendo su X. “Il rapporto arriva al momento giusto perché siamo al cambio di ciclo da una Commissione alla prossima e indica un orizzonte molto alto. Mi auguro che non finisca in un cassetto, è successo tante volte con questi rapporti che tutti ne parlano bene per qualche giorno e poi finiscono lì”, ha aggiunto poi Gentiloni.

“È essenziale conciliare gli obiettivi climatici con la competitività, come riecheggiato nel report di Mario Draghi. Abbiamo un quadro realistico della situazione attuale e di dove dobbiamo accelerare per raggiungere l’obiettivo del 2035“, scrive il commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton.

Entusiasmo italico – “L’Europa cambi davvero, subito! Servono ingenti risorse comuni, con un Industrial act che ponga al centro le imprese e il lavoro”. Così il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso interpellato in merito alle proposte di Draghi. “Il rapporto Draghi ha il merito innegabile di richiamare l’Ue alla concretezza delle grandi sfide e di scrivere finalmente la parola “fine” su una stagione dominata troppo a lungo da una dannosa ideologia ultra-ambientalista e anti-industriale”. Lo dichiara in una nota il capodelegazione di Fratelli d’Italia– Ecr al Parlamento europeo Carlo Fidanza.

L’ovazione va da destra a sinistra. “Pieno sostegno al rapporto sulla competitività. La via indicata dall’ex premier italiano ed ex presidente della Bce per il rilancio dell’Ue è ambiziosa e lungimirante, una sfida esistenziale per l’Europa. Adesso tocca a Ursula von der Leyen riprendere nella sua agenda per i prossimi cinque anni di mandato la strategia proposta da Draghi”, afferma l’eurodeputato Sandro Gozi, segretario generale del Partito democratico europeo e membro della presidenza di Renew. Secondo l’ex segretario del Pd Nicola Zingaretti “Draghi indica giusta via per futuro dell’Ue. Non bisogna ignorare questi richiami”.

“Un messaggio fortissimo, serve uno sforzo più che doppio rispetto al piano Marshall, 800 miliardi di investimenti comuni all’anno. Come abbiamo sostenuto in questi mesi il Next Generation EU non può essere una finestra che si chiude sotto la spinta delle destre nazionaliste”, scrive in una nota Antonio Misiani, responsabile Economia nella segreteria nazionale del Partito democratico. “Seguire l’agenda Draghi whatever it takes”, si spertica Alessandra Moretti, sempre del Pd.

“O l’Europa cambia o l’Europa muore: noi la pensiamo esattamente come Mario Draghi. Il suo rapporto è veramente #TantaRoba“, scrive su X è il fondatore di Italia Viva Matteo Renzi. “Un piano per un’Europa più forte e più politica. L’alternativa è la rapida fine dell’UE. Condividiamo questo punto di vista e porteremo in Parlamento la discussione sui suoi contenuti”, afferma Carlo Calenda di Azione. “Bene il piano di Draghi, ora serve risposta politica”, dice Benedetto Della Vedova di Più Europa

Il rapporto Draghi va nella giusta direzione ed è importante perché, secondo me, rilancia una maggiore competitività. Credo che la dotazione economica si possa trovare se si riesce ad integrare i mercati dei capitali e cioè se si riesce a far sì che questo mercato scateni quella capacità di investimenti privati per i beni pubblici. Quindi, mi auguro che la commissione europea mantenga l’impegno”, dice l’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta.

Tra le poche voci discordi si segnala Pasquale Tridico, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo. “Il rapporto Draghi contiene un lucido atto di accusa contro le politiche neoliberiste sulle quali poggia l’attuale impalcatura europea. Tuttavia è lecito chiedersi: dov’era Draghi quando l’Ue approvava la riforma del Patto di Stabilità che è incompatibile con i maggiori investimenti in innovazione e transizione green che adesso richiede? Cos’ha fatto quando era presidente del Consiglio per aumentare il budget europeo e attrezzare l’Ue di quella potenza di fuoco che Usa e Cina hanno messo in campo? Giuseppe Conte ha lottato in Europa per ottenere il Next Generation Eu, lui invece? Questi punti interrogativi hanno una sola risposta e portano al fallimento dell’attuale classe dirigente europea di cui l’ex premier stesso ha fatto parte. Possiamo dire dunque che Draghi boccia Draghi”.

“Davanti alle proposte avanzate dall’ex presidente Mario Draghi, è necessario ribadire che il futuro del nostro Continente non può essere costruito sulla guerra e sull’aumento delle spese militari. La soluzione è investire nella pace, nei diritti umani e nella transizione ecologica. Non possiamo accettare un’ulteriore escalation di spese militari: la nostra visione è quella di un’Europa che sceglie la via del dialogo e della mediazione, non quella della guerra”, puntualizzano Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra

Critico, seppur con motivazioni molto diverse, Claudio Borghi della Lega: “Ogni riga delrapporto rappresenta un pericolo mortale per l’Italia. Dal debito comune (quindi il declassamento del debito nazionale) alle maggioranze qualificate (quindi fine del nostro potere di veto). In pratica Draghi non vede l’ora di farci fare la Grecia per vendetta”, scrive Borghi.

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